Da Mosca alla Francia, è lecito gridare "attentato!"
A Mosca un tassista kirghiso travolge i tifosi messicani, in un supermercato nel Sud della Francia una donna grida Allah Akbar e accoltella i passanti. Sono "attentati"? Le autorità sembrano sforzarsi in tutti i modi di dare spiegazioni alternative al jihadismo. Una strategia di comunicazione che non paga, da nessun punto di vista.
In questo fine settimana, sono avvenuti due probabili atti di terrorismo. La loro ricezione da parte dei media è stata incredibilmente sotto tono, pur essendo clamorosi. A Mosca, un taxi sulla via Ilijnca ha scalato un marciapiede e ha travolto sette tifosi del Messico, che si apprestavano ad assistere alla partita (poi vinta) della loro nazionale con la Germania. In Francia, a Seyne sur Mer, una donna vestita di nero e coperta dal velo islamico ha accoltellato una cassiera e un cliente, ferendoli. Urlava Allah Akbar mentre lo faceva. Nessuno dei due atti, comunque, è finora considerato come un atto di terrorismo dalle autorità inquirenti. Per il taxi a Mosca si parla di “incidente”, si ipotizza che il tassista fosse in stato di ebbrezza e abbia perso il controllo della vettura. Nel caso della pugnalatrice, invece, prevale la spiegazione dello squilibrio mentale. Ci sono elementi, tuttavia, che fanno pensare in entrambi i casi a un atto di terrorismo isolato, un atto di “lupo solitario”, ennesimo esempio di micro-terrorismo.
La sottovalutazione più clamorosa dell’ipotesi terrorismo è a Mosca, in questo caso. Perché il video delle telecamere di sorveglianza non mostra affatto un’auto che perde il controllo, ma una manovra compiuta lucidamente, un’accelerazione di un veicolo che parte quasi da fermo e punta direttamente al gruppo di stranieri, facilmente riconoscibili e riuniti a capannello, quindi un bersaglio ben visibile. Può anche darsi che l’autista fosse semplicemente mosso da istinti vandalici che nulla hanno a che vedere con il terrorismo, ma a giudicare dalle immagini pare quantomeno un’azione deliberata.
Perché è lecito sospettare che si tratti di un atto di micro-terrorismo e non del gesto personale di uno squilibrato? Perché l’Isis ha deliberatamente dichiarato guerra alla Russia e ha annunciato attentati nel corso dei Mondiali. In un suo video di propaganda, assieme a immagini di repertorio dei combattenti dello Stato Islamico in Iraq e in Siria, alternate a scene ricostruite con la computer grafica su attentati al villaggio olimpico di Sochi, si minacciano i russi e tutti gli spettatori del Mondiale di calcio di un “massacro senza precedenti”. Il messaggio non è l’annuncio di un grande attentato, ma l’invito a colpire rivolto a tutti i possibili “lupi solitari” presenti in Russia. Può darsi che il tassista “che ha perso il controllo” sia uno di questi? Può darsi. L’uomo è un 28enne del Kirghizistan, repubblica ex sovietica a maggioranza musulmana da cui sono partiti molti foreign fighters dell’Isis. Era un kirghiso anche l’attentatore della metropolitana di San Pietroburgo (14 morti), così come quello della discoteca Reina a Istanbul (39 morti).
In Francia, la donna di nero vestita, coperta dal velo islamico, urlava Allah Akbar, firma di tutti gli jihadisti, mentre con un taglierino provava a ferire o uccidere chiunque le capitasse sotto tiro. Subito dopo averlo gridato è stata bloccata dalle persone che erano alla cassa. Nella collutazione la cassiera è rimasta ferita leggermente, ma un cliente è più grave ed è stato portato in ospedale. “Apparentemente si tratta dell'atto isolato di una persona con problemi psichici accertati - ha detto il procuratore Bernard Marchal al quotidiano Le Figaro - ma comunque questo non esclude l'ipotesi che sia radicalizzata”. Non lo esclude no. Anche se, curiosamente, nessuno parla di terrorismo, forse per l’assenza di morti (che fanno scalare la notizia alla piccola cronaca), forse per la piccolezza dell’evento (una donna, un taglierino, una piccola città). Eppure è lo stesso identico terrorismo praticato dai palestinesi contro civili israeliani, attaccandoli di sorpresa con coltelli e armi bianche di vario genere. La chiamano “Intifadah dei coltelli”.
Dov’è, a questo punto, la netta differenza fra un gesto di uno squilibrato e un atto di terrorismo? Non tutti i terroristi, specie i lupi solitari a cui l’Isis fa appello, possono definirsi persone lucide, razionali, equilibrate. Dall’altra parte, uno squilibrato che non sia influenzato dalla mentalità jihadista, non invocherebbe Allah, non emulerebbe i gesti e le tecniche degli attentatori, ormai divenuti celebri in tutto il mondo. Diventa difficile anche credere, a questo punto, che si tratti di pura emulazione. Finora tutti i fatti di cronaca simili ci hanno mostrato persone difficili che hanno attraversato un percorso di radicalizzazione, in carcere o in famiglia. Si sono dati al terrorismo perché radicali islamici, non perché persone difficili. Il jihad dei lupi solitari non ha bisogno di una “centrale” che dà ordini, neppure di una “rete” di cellule fra loro coordinate, come era Al Qaeda. Ha bisogno, però, di una “mente collettiva”: una causa per cui combattere. Poi ognuno agisce a modo suo, quando crede come crede.
Abbiamo un problema, dunque. E se resta encomiabile lo sforzo di non cedere al panico, di non cedere al ricatto degli aggressori, è però inutile e controproducente l’atteggiamento normalizzatore. Tacere e sottovalutare per non preoccupare è una strategia che porta solo effetti negativi. Se fallisce, può essere una delle prime cause di panico e sfiducia nel proprio governo. Se riesce, porta all’assuefazione al terrorismo. Gridare “attentato!” non è un atto di irresponsabilità. Non è l’equivalente di chi grida “al fuoco!” in un teatro affollato, quando il fuoco non c’è. In questo caso l’incendio c’è eccome, da anni. In Francia ha già provocato 246 morti in due anni e mezzo.