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IL BILANCIO 2019

Curia, conti in rosso ma pubblici (sulle orme di Pell)

Il Vaticano ha pubblicato ieri, come non avveniva dal 2016, il Bilancio della Curia relativo al 2019 che presenta un deficit complessivo di 11 milioni di euro. “L’economia della Santa Sede deve essere una casa di vetro”, ha detto il prefetto competente, padre Guerrero. Che su ruolo dell’Apsa e trasparenza sta percorrendo una strada simile a quella intrapresa dal suo predecessore Pell

Ecclesia 02_10_2020

Da giorni le finanze vaticane sono sotto la luce dei riflettori dei media di tutto il mondo. D’altronde, si sa, nulla attira l’attenzione di giornali e televisioni più di uno scandalo scoppiato tra le Mura Leonine. Dallo Stato più piccolo del mondo è arrivata ieri una risposta indiretta con la pubblicazione del Bilancio della Curia relativo al 2019. Un segnale di trasparenza in un momento particolarmente delicato per la vicenda Becciu e che cade all'indomani dell'avvio dei controlli di Moneyval sull'antiriciclaggio.

Nel Bilancio, il deficit complessivo risulta essere di 11 milioni e 109 mila euro, mentre nel 2018 era di 50,3 milioni. Nella riduzione delle perdite ha influito soprattutto l’assenza di ammortamenti molto alti che c’erano stati nel 2018. Conti in salute migliore anche grazie alla rivalutazione degli asset con investimenti andati bene sia nell’immobiliare che nel finanziario.

I dati sono stati commentati dal prefetto della Segreteria per l’Economia, padre Juan Antonio Guerrero Alves, in un’intervista con Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione. “L’economia della Santa Sede deve essere una casa di vetro”, ha detto il gesuita rivendicando le novità che ci sono state recentemente nelle normative, come la centralizzazione degli investimenti e il nuovo codice per i contratti e per gli appalti. Guerrero ha fatto chiarezza sui cambiamenti in atto nell’organizzazione delle finanze vaticane, smentendo che la Segreteria di Stato - come si era scritto in questi giorni - perderà il suo “portafoglio”, ma spiegando che “la gestione sarà fatta in altro modo” avendo come priorità il “rispetto per la destinazione dei fondi”. “Molti dei fondi gestiti dalla Segreteria di Stato - ha chiarito il gesuita - sono stati ricevuti per uno scopo specificato, sempre naturalmente legato alla nostra missione; se i fondi saranno gestiti da un altro ente, dovranno rimanere associati a quello scopo, con gli stessi beneficiari”.

Nel processo di centralizzazione degli investimenti voluto da Papa Francesco sarà l'Apsa ad acquisire un ruolo preponderante allo scopo “di investire in modo unitario, seguendo la dottrina sociale della Chiesa, con criteri etici, sostenibili, di buon governo e professionali”. La previsione dell’attuale prefetto della Segreteria per l’Economia è che il processo di centralizzazione - che vedrà la quasi totalità dei dicasteri concentrare la propria liquidità nell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica - sarà completato entro la fine dell’anno o l’inizio del 2021. Qualcosa di molto simile alla gestione unica a cui stava lavorando il cardinale George Pell prima dell’inizio della sua odissea giudiziaria australiana e il conseguente congelamento del suo incarico.

Padre Guerrero appare sempre più orientato a ripercorrere le orme del suo predecessore, come dimostra la stessa pubblicazione del Bilancio che non avveniva dal 2016, ovvero dall’anno precedente all’incriminazione del porporato australiano per abusi sessuali da cui è poi uscito prosciolto.

La dichiarazione rilasciata dal cardinale di Ballarat dopo la notizia delle dimissioni di Becciu, col ringraziamento al Papa per il “lungo lavoro” fatto e l’augurio che “la pulizia delle stalle” in Vaticano continui, non va interpretata soltanto come una piccola vendetta contro l’ex sostituto alla Segreteria di Stato ma anche come un incoraggiamento per il lavoro del suo successore alla Segreteria per l’Economia. La recente riabilitazione non solo della sua persona ma anche del suo precedente operato in Curia hanno fatto sì che il ritorno del porporato a Roma, già programmato all’indomani della sua liberazione dal carcere di Barwon per recuperare i libri e gli oggetti personali lasciati nell’appartamento di Piazza della Città Leonina, assumesse una dimensione più impegnativa della toccata e fuga inizialmente prevista. La sua permanenza nella Città Eterna, infatti, dovrebbe prolungarsi rispetto a quanto si poteva immaginare a fine luglio, ma - occorre precisare - non ha nulla a che vedere con una presunta convocazione papale.

Uno scenario, quest’ultimo, di cui hanno scritto in molti in questi giorni ma che è stato definitivamente smentito ieri dal segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Non si sa se Francesco vedrà prossimamente Pell e se quest’ultimo potrà tornare a ricoprire un ruolo attivo nel governo della Chiesa, ma dall’intervista rilasciata ieri da padre Guerrero appare evidente come la strada tracciata dal Papa in fatto di finanze e battuta dal ‘suo’ attuale prefetto della Segreteria per l’Economia sia la stessa indicata anni fa dal “ranger” australiano. Guerrero, infatti, ha indicato a Tornielli la necessità di “una politica di trasparenza esterna e di comunicazione capace di trasmettere con precisione come utilizziamo il denaro che riceviamo e amministriamo” che fa il paio con il mantra che era solito ripetere Pell ai tempi del suo incarico in Curia: “Bisogna rendere conto ai laici di cosa vien fatto con il denaro della Chiesa”.