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LIBERTA' RELIGIOSA/7

Cuba, segni di apertura al cristianesimo?

Nel 2009, il Papa ha espresso la speranza che “continuino i segni concreti di apertura all’esercizio della libertà religiosa”.

Attualità 23_04_2011
Cuba castro

 

Sorveglianza, infiltrazione, pedinamento di religiosi e di laici, uso abusivo dei meccanismi amministrativi. Secondo il Rapporto 2010 di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, sono questi i mezzi attraverso i quali il regime cubano limita la libertà religiosa. Le Chiese e i gruppi religiosi devono iscriversi nel Registro delle Associazioni del Ministero di Giustizia per poter ricevere visite dall’estero, importare materiale religioso, riunirsi in luoghi di culto approvati e, in certi casi, viaggiare per motivi religiosi.


I gruppi registrati sarebbero 50, ma negli ultimi anni il governo non ha riconosciuto nessun nuovo gruppo religioso. Molti di questi gruppi riconosciuti sono in relazione con il Consiglio delle Chiese di Cuba (CIC), un ente riconosciuto dal governo.

Coloro che risultino fuori dal Consiglio o si siano mostrati critici nei confronti del governo, sono stati spiati, minacciati o arrestati. Secondo “Christian Solidarity Worldwide”, più di 30 persone sono state arrestate per questa ragione. E’ il caso del Rev. Robert Rodríguez, presidente della Confraternita dei Ministri e Pastori Evangelici, arrestato dopo aver protestato per l’interferenza del governo negli affari del CIC. Il pastore Omar Gude Pérez è stato condannato a sei anni di prigione e alla confisca della sua casa. Prima dell’arresto, alcuni funzionari del governo avevano avvisato il pastore e la sua famiglia che dovevano abbandonare le loro attività religiose. Sono stati arrestati anche il pastore Bernardo de Quesada Saloman e la moglie, Damaris Marín. Perfino alcune persone che si dedicano alla “santeria” (commercio di immagini sacre) sono state soggette a pressioni affinché aderissero all’Associazione Culturale Yoruba, riconosciuta ufficialmente.

La persecuzione non si limita ai pastori, poiché, secondo quanto si legge nella relazione della Commissione sulla libertà religiosa, alcuni fedeli di altri gruppi non registrati sono stati contattati da funzionari del governo, con la minaccia che avrebbero perduto il lavoro se non avessero abbandonato i loro gruppi religiosi. In realtà, altre forme di limitazione della libertà religiosa si sono manifestate nelle pratiche amministrative per ottenere i permessi di costruzione per nuovi luoghi di culto o per riparare o ampliare quelli già esistenti.

Questa situazione ha portato alla creazione delle “case-chiesa”, abitazioni private dove i gruppi svolgono i propri servizi religiosi. Da settembre 2005, la legge esige che la case-chiesa siano registrate e informino della loro esistenza. Secondo questa legge, in tali abitazioni non possono essere effettuate più di tre riunioni settimanali, non possono parteciparvi cittadini stranieri senza un permesso del governo e non ci possono essere due case-chiesa della stessa denominazione ad una distanza inferiore a due chilometri. Se qualcuno si lamenta delle riunioni di queste case-chiesa, i partecipanti possono essere arrestati. Per questo motivo, dal 2005 numerose case-chiesa sono state confiscate o distrutte. Ci sono anche notizie di case-chiesa che sono state obbligate a pagare forti multe.

Analogamente, si limita la libertà religiosa stabilendo che tutte le pubblicazioni devono essere registrate presso il Ministero della Cultura. La Conferenza Episcopale Cubana si è opposta a questo registro, argomentando che finirebbe per perdere il controllo sul contenuto e il formato dei testi. L’aumento della pressione esercitata dal governo attraverso interrogatori di agenti dello Stato o bloccando la erogazione delle utenze pubbliche, ha provocato la chiusura di numerose pubblicazioni. Un’altra forma di controllo delle forniture delle utenze stabilisce che solo alcune imprese che hanno ricevuto un’autorizzazione specifica possono vendere calcolatori, fotocopiatrici e altro materiale tecnologico alla Chiesa; e solo al prezzo ufficiale, estremamente esoso. Lo Stato mantiene il monopolio della stampa e, in generale, le organizzazioni religiose hanno il divieto d’accesso ad internet.

A Cuba esistono 60 attività di comunicazione sociale realizzate dai cattolici (52 pubblicazioni cartacee o su internet, 6 uffici stampa e 2 produttori), che però non possiedono né radio né tv. Nel 1995 la Riial (la Rete internet per la Chiesa in America latina) ha introdotto nel Paese una rete interna di comunicazione tra le diocesi, tramite la Conferenza episcopale cubana e la Nunziatura. Nel novembre del 2009, durante una visita a Cuba, l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, chiese pubblicamente “un accesso normale ai grandi mezzi di comunicazione sociale, come radio, tv, internet e multimedialità”.

Per quanto riguarda i carcerati politici – attualmente, in base al Rapporto di Amnesty International 2010, nel Paese sono 55 i prigionieri di coscienza, detenuti unicamente per aver esercitato il loro diritto alla libertà di espressione - questi non possono praticare la propria religione e di solito vengono loro negate le visite di chierici del loro credo, vengono confiscate Bibbie e rosari e viene loro impedito di prendere parte ai servizi religiosi con gli altri carcerati.

Ci sono stati casi di discriminazione sul lavoro nei confronti di fedeli di determinate religioni: non vengono messi sotto contratto, sono negati loro scatti di carriera o aumenti di stipendio e vengono invitati a rassegnare le dimissioni. In particolare vengono esclusi da incarichi nei settori del giornalismo, della diplomazia, della polizia, dell’esercito e delle forze di sicurezza. Si sono verificati casi di diserzione scolastica di studenti Testimoni di Geova ed Avventisti del Settimo Giorno, che si sono rifiutati di partecipare ad attività patriottiche obbligatorie, di salutare la bandiera o di cantare l’inno nazionale. Dato che sono proibite le scuole religiose private, questi studenti non hanno avuto a disposizione altre alternative in materia d’istruzione.

Tra i segni di progresso della situazione della Chiesa cattolica a Cuba, “Aiuto alla Chiesa che soffre” cita questi fatti: 1. nell’agosto 2009, tre vescovi e due sacerdoti statunitensi hanno realizzato, come l’anno precedente, una visita a Cuba per promuovere le relazioni tra i due episcopati e canalizzare gli aiuti dopo gli uragani; 2. è stata concessa l’autorizzazione ad una colletta nazionale per poter restaurare il Santuario della “Virgen de la caridad del Cobre”, patrona dell’isola; 3. dopo 50 anni, a settembre 2009 è stata cancellata la proibizione di celebrare Messa nelle prigioni di Cuba. Fino ad ora, potevano essere celebrate soltanto in occasioni speciali, come la Settimana Santa o il Natale 4. è stata realizzata la celebrazione Virgen de la caridad del Cobre – proibita dal 1997 - in distinte località del Paese ed è stato creato un sito web speciale per la festa, gestito dall’Arcidiocesi di Santiago de Cuba; 5. per il secondo anno consecutivo, è stato permesso all’arcivescovo dell’Avana, il Cardinale Jaime Ortega, di trasmettere per la Vigilia di Natale un messaggio natalizio sulla televisione statale di Cuba; 6. grazie all’intervento della Conferenza Episcopale, nel maggio 2010 è stata autorizzata una marcia, senza incidenti né arresti, delle “Dame in Bianco”.

Davanti a questi progressi, a dicembre del 2009, Papa Benedetto XVI ha espresso la speranza
che “continuino a moltiplicarsi i segni concreti di apertura
all’esercizio della libertà religiosa, come è avvenuto negli ultimi anni”.

Un altro segno importante, è stato rappresentato dall’inaugurazione, nel novembre del 2010 -  “anticipata” nel 1998 dalla benedizione della prima pietra dell’istituto da parte di Giovanni Paolo II durante il suo viaggio nell’isola (21-26 gennaio) - del nuovo Seminario arcidiocesano. Situato a circa 17 chilometri a sud est di L’Avana, il Seminario, intitolato a San Carlo e a Sant’Ambrogio, ospita un centinaio di seminaristi. Disposto su una superficie di quasi 22 ettari, la struttura conta su otto fabbricati predisposti come sedi dei corsi di teologia e filosofia oltre al rettorato, la biblioteca, l’aula magna e la cappella. I lavori per costruirli erano iniziati nel 2006 grazie ad alcuni finanziamenti provenienti da alcune chiese locali straniere. E’ il primo edificio di una certa ampiezza costruito dopo 50 anni dalla rivoluzione, a seguito della quale Fidel Castro espulse dal Paese un centinaio di preti ed altri sacerdoti – tra i quali l’attuale Cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, arcivescovo di San Cristobal de La Habana e presidente della Conferenza episcopale cubana – vennero mandati nei campi di rieducazione e i beni ecclesiastici furono confiscati.