Crocifisso a scuola: sì ma anche no. Ora serve una norma
Non esiste un divieto di affissione del crocifisso in classe, non crea discriminazioni. Ma per evitare che ogni scuola e ogni classe facciano da sé, è indispensabile che intervenga il Parlamento, con l’approvazione di norme chiare e omogenee. Va scongiurata l’opzione laicista del muro bianco. Le reazioni del Livatino alla sentenza sul Crocifisso.
Il crocifisso, simbolo della cristianità e, nel corso della storia, vittima di oppressioni e violenze, non discrimina nessuno. Lo ha stabilito la Cassazione in una sentenza in cui afferma che ad esso "si legano, in un Paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo", ribadendo che "non costituisce un atto di discriminazione del docente dissenziente per causa di religione". Si tratta di una notizia di rilevante importanza sulla quale torneremo nei prossimi giorni con approfondimenti ad hoc. Riferendosi a un caso in cui un insegnante aveva voluto togliere un crocifisso dall'aula scolastica malgrado fosse voluto dagli studenti, i giudici della Cassazione hanno però detto che in caso di questi contrasti devono decidere i singoli istituti fondandosi però sul principio dell'"accomodamento ragionevole", del confronto, della "ricerca, insieme, di una soluzione mite, intermedia, capace di soddisfare le diverse posizioni", senza neppure escludere, in caso di richiesta, la possibilità di esporre simboli di altre religioni. Per questo la Corte ha annullato la sospensione di 30 giorni comminata all'insegnante dal preside della scuola.
Intanto si registra la presa di posizione del Centro Studi Livatino che ha diramato un comunicato stampa che pubblichiamo di seguito integralmente:
La sentenza delle Sezioni Unite civili sul Crocifisso contiene un’affermazione importante: per esso non esiste un divieto di affissione, e la sua presenza in un’aula scolastica non crea discriminazioni. Non vi è alcun divieto, costituzionalmente fondato, alla sua collocazione.
Con ciò il discorso però non è chiuso, e deve necessariamente proseguire in Parlamento. A fondamento dell’affissione del Crocifisso vi è una norma, se pure regolamentare, in vigore da quasi un secolo, mentre per le altre confessioni manca qualsiasi aggancio normativo.
Allorché la Cassazione ipotizza la soluzione dell’eventuale affiancamento al Crocifisso di simboli di altre confessioni religiose, coerenti col credo degli alunni presenti nell’aula, si fa creatrice di una norma, più che interprete di quelle esistenti.
Allorché essa conferma che si è in materia di diritti fondamentali, e precisa che tale materia non è sottoponibile al criterio di maggioranza, poi ne affida la concreta attuazione all’autonomia scolastica, cioè al voto che verrà dato in materia nei consigli di istituto, o di classe, o nell’assemblea degli studenti, e a un non meglio precisato ‘accomodamento ragionevole’.
Per evitare che sul fondamentale diritto alla libertà religiosa ogni scuola e ogni classe facciano da sé, è indispensabile che intervenga il Parlamento, con l’approvazione di norme chiare e omogenee. Anche alla stregua della soluzione del caso concreto sottoposto all’esame della Corte, un professore ateo che rifiutava qualsiasi simbolo confessionale, va scongiurato che il c.d. accomodamento ragionevole - per evitare fastidi a dirigenti scolastici e docenti - faccia vincere l’opzione laicista del muro bianco.