Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giorgio a cura di Ermes Dovico

EUROPA

Croazia nella Ue, ma senza entusiasmo

Dal 1° luglio la Croazia è il 28esimo Stato membro dell'Unione Europea, ma dietro le retoriche celebrazioni ci sono una sostanziale diffidenza dei cittadini croati e una crisi economica e democratica nazionale da destare perplessità sulla reale fattibilità di questa integrazione. 

Esteri 04_07_2013
Croazia nella ue

Dopo un lungo e tortuoso cammino durato dieci anni, iI 1° luglio 2013 la Croazia è entrata ufficialmente nell’Unione Europea diventandone il 28° Paese membro.

Va anzitutto detto che quello croato è da sempre un popolo mitteleuropeo e occidentale, e non balcanico nel senso spregiativo dato a questo termine. Dopo essere rimasti fedeli alla Chiesa di Roma al tempo dello scisma d’oriente grazie al re Zvonimir, a partire dal XV secolo i croati, nell’indifferenza delle potenze europee di allora, opposero una furiosa resistenza all’avanzata ottomana, tanto da ricevere da papa Leone X nel 1519 il titolo di ’antemurale della Cristianità’.

Oltre all’influsso veneziano esercitato su Istria, Quarnero e Dalmazia fino alla caduta della Serenissima nel 1797, la Croazia continentale rimase per lunghi secoli nella sfera d’influenza ungherese, e dal 1848 fino al termine della Prima Guerra Mondiale in quella dell’Austria. In questo modo nel popolo croato si rafforzò lo spirito mitteleuropeo congiunto a una forte e radicata fede cattolica, la quale agì da lievito per una notevole crescita culturale e spirituale.

Proprio per questo motivo, durante i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI la Santa Sede ha dato un convinto appoggio al processo di avvicinamento della nuova Croazia all’Unione Europea, considerando essenziale il contributo di un popolo così profondamente cattolico al progetto di costruzione di un’Europa cristiana.

Nonostante anni di propaganda dei mass-media nei quali l’Unione Europea è stata descritta come una ’terra promessa’ dove scorre latte e miele, nei croati vi è una profonda indifferenza, quasi avversione verso l’Unione Europea. Ciò accade per vari motivi: la perdita di una parte della sovranità nazionale a soli vent’anni dall’indipendenza dà a molti l’impressione che la Croazia entri in un’entità simile all’odiata Jugoslavia; l’avanzamento delle trattative di adesione all’Unione condizionato alla consegna dei generali  - in seguito assolti dal Tribunale Internazionale dell’Aja - che avevano guidato la vittoria croata contro i serbi e al cedimento ai ricatti della Slovenia per questioni territoriali ed economiche ha ferito l’orgoglio nazionale croato; infine esiste il timore che l’Unione Europea imponga alla Croazia i cosiddetti ’matrimoni’ gay e altre usanze contrarie al sentire della maggioranza della popolazione.

Il risultato è che nonostante l’invito dei vescovi cattolici a guardare positivamente al processo di integrazione europea, la maggior parte degli euroscettici è rappresentata dalla popolazione più profondamente cattolica e patriottica, una posizione condivisa da una parte cospicua del basso clero. Ciò accade poiché piuttosto che pensare a una speranza e una prospettiva futura di una trasformazione in senso cristiano dell’Europa, preoccupa il pericolo immediato rappresentato dall’ateismo anticristiano e dall’omosessualismo militante delle istituzioni europee.

Di conseguenza al referendum sull’adesione della Croazia all’Unione Europea si è recato alle urne solamente il 43% degli aventi diritto al voto, e ha votato ’no’ ben il 33% dei votanti. A conferma di questo diffuso euroscetticismo giunge il dato che alle elezioni per il Parlamento europeo di aprile si è recato alle urne poco più del 20% degli aventi diritto.


Al di là delle felicitazioni di rito provenienti da tutto il mondo e dell’artificiale e propagandistica aria di festa imposta al Paese dal governo di sinistra e dai mass-media locali, non mancano serie e gravi perplessità per un atto considerato dai più avventuroso e gravido di rischi. E’ opinione comune delle Cancellerie europee che la Croazia non sia pronta a questo passo, sia per la gravissima crisi economica che sta attraversando, accentuata da un sistema amministrativo ed economico estremamente arretrato, sia per la scarsa democraticità del sistema politico interno.

In questi anni il processo di avvicinamento all'Unione Europea è stato infatti gestito dai vari governi croati di qualsiasi colore politico con la precipitazione di chi era cosciente che l'Unione Europea rappresentava l'unica ancora di salvezza dinanzi a problemi ritenuti irrisolvibili in un'ottica esclusivamente interna e al rischio, aborrito un po' da tutti, di essere risucchiati in un'area economica e politica perfino più instabile e arretrata quale quella rappresentata dagli altri Paesi della ex-Jugoslavia (Slovenia esclusa, naturalmente).

A diciotto anni dalla fine della Guerra per la Patria, la Croazia non si è ancora ripresa dalle terribili conseguenze, economiche e umane, dell’aggressione serba - massacri, saccheggi, distruzioni, un terzo del territorio nazionale occupato e ampie aree "seminate" di mine antiuomo, senza che la Serbia abbia pagato un solo centesimo di riparazioni (a tutto il 1° gennaio 2012 erano ancora minati ben 745 kmq di territorio croato un tempo sotto il controllo dell’esercito jugoslavo e dei ribelli serbi).

Se si considera che questo dramma si è innestato in un quadro economico e sociale già arretrato a causa di quasi cinquant’anni di socialismo reale che succhiava le risorse croate in base a una (mala)gestione economica e politica di impostazione belgradocentrica, si può comprendere quali zavorre abbiano pesato su questo Paese e sul suo sviluppo economico. La Croazia è un Paese nel quale la maggioranza della popolazione arrotonda con vari espedienti e lavori in nero i magri stipendi (lo stipendio medio mensile netto è di 750 Euro) e le ancor più magre pensioni (la pensione media mensile netta è di 250 Euro) in presenza di costi di generi alimentari di prima necessità e di servizi spesso a livelli europei.

Inoltre questo Paese si trova sull’orlo della bancarotta finanziaria, registra una disoccupazione vicina al 20% della popolazione attiva, ha un’amministrazione statale inefficiente, corrotta e tecnologicamente arretrata, infrastrutture di comunicazione stradali e ferroviarie obsolete (uniche eccezioni, le autostrade Zagabria - Spalato e Zagabria - Fiume, autentici gioielli di tecnica stradale), infrastrutture turistiche fatiscenti, un sistema sanitario a livello di Paese africano, una valuta nazionale di scarso valore mantenuta a un livello di cambio non penalizzante solo al prezzo di continue e sfiancati vendite di valuta straniera da parte della Banca Centrale, un’agricoltura potenzialmente ricchissima, ma che viene sempre più abbandonata perché non più rimunerativa.

Attualmente la Croazia è quindi un Paese da riformare da cima a fondo e che, anche senza considerare la gravissima crisi economica che l’attanaglia, necessita di abbondanti aiuti finanziari per superare l’attuale posizione di arretratezza strutturale, fatto che potrebbero destare malumore presso altri Paesi membri che in questo momento non nuotano certo nell’oro.

Tuttavia, ciò che più preoccupa è la mancanza di democrazia. Vi è certamente la possibilità di ricambio al governo del Paese e negli enti locali tramite libere elezioni, tuttavia non esistono reali contrappesi alla ’dittatura della maggioranza’ che detiene il potere. Questo fenomeno, riscontrabile già durante il governo di centro-destra a guida HDZ, si è ancora più accentuato con la presa del potere della coalizione di sinistra a guida socialdemocratica – vedi qui e qui, la quale ha approntato un sistema di repressione poliziesca dell’opposizione politica e dell’odiata Chiesa cattolica.

L'ingresso della Croazia nell'Unione Europea porta per il cittadino medio anche dei vantaggi che non possono certo essere sottaciuti: una maggiore concorrenzialità in ambito economico che va a spezzare i monopoli delle società in passato di proprietà dello Stato, le quali soprattutto nel settore della fornitura di servizi imponevano prezzi irragionevolmente alti; il libero scambio di merci che permette la riduzione dei prezzi al dettaglio di prodotti provenienti dagli altri Paesi dell'Unione Europea, fino a oggi gravati da un'imposta doganale assai elevata, e che favorisce l'esportazione di prodotti croati; una maggiore facilità di investimenti e di circolazione di denaro grazie alla riduzione dei finora esosissimi costi bancari nel processo di trasferimento di capitali.

Non bisogna poi dimenticare l'ulteriore avvicinamento alla madrepatria per i nostri connazionali residenti in Croazia, soprattutto in Istria, a Fiume e nel Quarnero, che diventerà comunione completa quando, fra un paio d'anni, la Croazia entrerà nell'area di Schengen con l'abolizione delle frontiere con la Slovenia, permettendo sempre più celeri contatti con Trieste e la Venezia Giulia.

L’immediata vigilia dell’ingresso della Croazia nell’Unione Europea è stata offuscata da un grave incidente diplomatico con la Germania. Nonostante un ordine di cattura internazionale emesso dalla magistratura tedesca e destinato a entrare in vigore anche in Croazia con l’ingresso nell’Unione Europea, il governo croato ha infatti prima proposto e poi fatto approvare in Parlamento una legge ad personam per impedire l’estradizione in Germania di Josip Perkovic, importante dirigente dell’UDBA, i servizi segreti del regime jugoslavo, accusato di avere ordinato nel 1983 l’omicidio a Monaco di Baviera di un dissidente croato. La risposta tedesca non si è fatta attendere, e la Cancelliera Angela Merkel ha disdetto la sua partecipazione ai festeggiamenti per l’ingresso della Croazia nell’UE. Tuttavia il premier Milanovic, evidentemente preoccupato che Perkovic si trasformi in una "gola profonda" e coinvolga personaggi legati all’attuale maggioranza di governo di impronta ex-comunista, insiste nel suo proposito e si propone di fare entrare una norma restrittiva sull’estradizione di cittadini croati perfino nella Costituzione.

Il primo atto del governo di questo nuovo Paese membro è quindi un conflitto aperto con l’Unione Europea, le sue leggi e il Paese più forte all’interno dell’Unione. Se il buon giorno si vede dal mattino....