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ELEZIONI

Croazia, la rivincita del partito conservatore

Vittoria a sorpresa dell'HDZ, il partito conservatore croato, dopo che la stessa formazione aveva fatto cadere il precedente governo di coalizione guidato da Oreskovic. Ora può nascere l'esecutivo Plenkovic. Non si esprime sui principi non negoziabili: su questo punto sono le associazioni cattoliche che devono fare pressione.

Esteri 13_09_2016
Festa per la vittoria dell'HDZ

Le elezioni politiche anticipate per il Sabor, il Parlamento croato, svoltesi domenica 11 settembre, hanno visto il sorprendente successo dell’HDZ, principale partito di centro-destra, che ha ottenuto il 36,56% dei voti e 61 parlamentari (ivi inclusi due eletti della diaspora croata), due in più dello scorso anno e ben sette in più della cosiddetta ‘Coalizione del popolo’ (Narodna koalicija), di sinistra e laicista, che include il Partito socialdemocratico (SDP), il Partito popolare, il Partito dei contadini e il Partito dei pensionati, che ha raccolto 54 seggi (due in meno dell’anno scorso) con una percentuale di voti del 33,47%. Più staccata con 13 deputati (sei in meno dello scorso anno) e il 9,84% dei voti la sorpresa delle elezioni di un anno fa, la federazione di liste locali indipendenti di centro-destra Most (Ponte). Hanno ottenuto una rappresentanza parlamentare anche una singolare coalizione tra antagonisti di estrema sinistra (Zivi zid) e ultraliberisti di destra (Promijenimo Hrvatsku), che ha ottenuto otto mandati, i partiti autonomisti dell'Istria (IDS) con tre rappresentanti eletti, e della Slavonia (HDSSB) con un parlamentare, e la lista del sindaco di Zagabria Milan Bandic che ha ottenuto due parlamentari. Per la prima volta entra in Parlamento un rappresentante della Diaspora croata non appartenente all'HDZ, il generale Zeljko Glasnovic, fuoriuscito dalla stessa HDZ. 

La vittoria dell’HDZ è tanto più significativa in quanto essa, ad eccezione di alcune circoscrizioni nelle quali era alleata con dei piccolissimi partiti di centro, si è presentata da sola. Inoltre, uno degli alleati di un anno fa, il forte Partito dei contadini, in questa tornata elettorale si è presentato nella coalizione di sinistra.

La sorpresa per la vittoria dell’HDZ è determinata dal fatto che è stato questo stesso partito a provocare le elezioni anticipate, togliendo la fiducia al governo di coalizione HDZ-Most-Lista Milan Bandic guidato da un tecnico di area HDZ, Tihomir Oreskovic. La crisi di governo e l’indizione delle elezioni anticipate hanno fatto crollare il consenso per il partito (un sondaggio a luglio dava all’HDZ solamente il 21%), e la contestazione interna al suo leader, Tomislav Karamarko, ha obbligato quest’ultimo alle dimissioni, portando alla guida del partito l’europarlamentare Andrej Plenkovic, capofila dei ribelli anti-Karamarko.

Una volta eletto, Plenkovic ha subito intrapreso un’opera di pulizia all’interno del Partito, escludendo da posizioni dirigenziali i più stretti collaboratori del leader dimissionario, sostituendoli con uomini di sua fiducia, in primo luogo con Ivo Stier, nuovo segretario del Partito, anch’egli europarlamentare, da anni in disgrazia per la sua ferma opposizione a Karamarko.

Il segreto del successo dell’HDZ di Plenkovic, che ha aumentato i propri consensi sia nei centri rurali, sia nelle città, sta nell’essere riuscito a convincere gli elettori che è nato un nuovo partito, guidato da uomini nuovi lontani dagli intrallazzi di potere delle gestioni precedenti, desiderosi di risollevare il Paese dalla pesantissima crisi economica che l’ha colpito, e nell’avere evitato di cadere nella trappola delle sterili polemiche con la sinistra sulla base della falsa contrapposizione tra (presunti) ‘ustascia’ e ‘comunisti’, che insieme all’utilizzo di toni falsamente patriottici ha rappresentato uno strumento privilegiato delle gestioni precedenti del partito (e della controparte di sinistra) per distogliere i cittadini dai veri problemi del Paese.

Il leader dell’SDP ed ex primo ministro Milanovic, invece, ha commesso proprio quest’ultimo errore. Ha iniziato la campagna elettorale inasprendo i toni su una presunta tendenza ustascia dell’HDZ, per poi provocare polemiche gratuite e caratterizzate da un linguaggio da osteria – queste le esatte parole usate da Plenkovic nel commentare le uscite di Milanovic – contro la Serbia e la Bosnia, e ciò al solo fine di guadagnare voti da elettori di destra. Questa tattica si è rivelata suicida, in quanto non solo essa non gli ha portato voti dal campo avverso, ma gli ha fatto perdere molti voti di suoi potenziali elettori di sinistra. L’annuncio di Milanovic che non si candiderà più alla presidenza del Partito, è la naturale conseguenza dell’ennesima sconfitta dell’SDP e dei suoi alleati. 

I risultati di queste elezioni hanno confermato la frantumazione del consenso elettorale, che fino a un anno fa premiava quasi esclusivamente i partiti maggiori o le loro coalizioni. Anche se la nuova HDZ di Plenkovic potrebbe mostrare uno stile di governo e di gestione delle alleanze diverso da quello di Karamarko, rimane il fatto che una nuova coalizione con Most, l’alleato più naturale, non appare semplice da realizzare. Vi sono gli strascichi polemici della caduta del governo Oreskovic, che accentuano una tendenza già mostrata lo scorso anno dal leader di Most, Bozo Petrov, e dai suoi parlamentari, di considerarsi quasi investiti della missione divina di portare l’onestà e la trasparenza nella politica, insieme all’asserita esclusività di Most nella capacità di proporre e attuare riforme in grado di migliorare l’economia e la società croate. Da questo messianismo politico nasce il ‘prendere o lasciare’ espresso in tono ultimativo già in campagna elettorale, e ribadito in sede di commento dei risultati elettorali, circa l’approvazione da parte del Sabor, ancora prima della formazione di una maggioranza di governo, di alcuni provvedimenti legislativi cari a questa formazione politica e non approvati a causa dell’opposizione dell’HDZ nella precedente legislatura. Quindi Most deciderà a quale maggioranza partecipare – con la sinistra, il centro destra, o nessuna delle due - In base al grado di assenso, mostrato in sede parlamentare, a questa proposta ultimativa.

E’ chiaro che con queste premesse la riproposizione dell’alleanza della scorsa legislatura, sebbene forte numericamente – le minoranze nazionali, che contano otto parlamentari, hanno già dato segni di interesse a collaborare con Andrej Plenkovic – sarebbe molto fragile e destinata, prima o poi, a cadere come è avvenuto per l’esperienza precedente. L’unica alternativa a nuove elezioni anticipate sarebbe quindi un’innaturale ‘grande coalizione’ tra HDZ e SDP che porterebbe inevitabilmente a una perdita di consensi per entrambi i partiti, tra i cui elettori esiste una contrapposizione assolutamente insanabile. 

Le annunciate dimissioni di Milanovic potrebbero provocare l’implosione della coalizione di sinistra e spingere alcuni attuali alleati dell’SDP e cambiare fronte e ad allearsi con l’HDZ. Un eventuale aiuto da parte di frange della coalizione avversaria potrebbe non rendere più necessaria la presenza di Most, o comunque attenuare la dirompenza dei loro ultimatum. Un rapporto non conflittuale tra la nuova HDZ e Most porterebbe alla Croazia un periodo di stabilità politica, e le premesse per riforme sociali e politiche che potrebbero fare rifiorire questo Paese dalle grandissime potenzialità umane. Un governo stabile diretto da Plenkovic favorirebbe una maggiore stabilità anche nella tormentata area sud-orientale europea. La difesa degli interessi della Croazia senza scendere ai livelli di isteria che caratterizza la politica serba di questi ultimi anni, aiuterebbe la Serbia stessa ad attuare le riforme necessarie per diventare un Paese caratterizzato da standard politici democratici occidentali e per entrare nell’Unione Europea, al momento impossibili a causa degli esasperati toni nazionalistici e revanscisti anti-croati del governo di Aleksandar Vucic. 

L’influenza di Plenkovic sulla situazione in Bosnia potrebbe portare alla  concessione del governo di Sarajevo ai croati di Bosnia e di Erzegovina di un quadro istituzionale e sociale (la terza entità politica croata, nonché un canale radiotelevisivo pubblico in lingua croata, tanto per citare solo i maggiori problemi che sono a tutt’oggi irrisolti) che potrebbe portare i croati a integrarsi meglio in questo Paese, o comunque creare passaggi istituzioni intermedie che permetterebbero, qualora la situazione precipitasse, un passaggio quanto più indolore possibile a nuovi equilibri, e se necessario, anche nuovi confini.

Sebbene i due principali partiti di centro destra, l’HDZ e Most, siano di tendenza prevalentemente cattolica, nelle loro piattaforme elettorali non vi è alcun cenno ai temi eticamente sensibili e ai principi non negoziabili. Sarà compito delle associazioni laicali cattoliche, in primo luogo Vigilare e U ime obitelji (Nel nome della famiglia), esercitare pressioni sugli uomini politici votati dai cattolici – con il supporto delle autorità ecclesiastiche - affinché essi intraprendano questo percorso irto di ostacoli ma essenziale per salvare il Paese da ciò che il cardinal Bozanic, arcivescovo di Zagabria, ha un tempo definito, parlando dell’aborto, “suicidio del popolo croato”.