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IL CASO

Critica il gender. Si scatena l'ira del pensiero unico

L'inaudita aggressione contro la professoressa Cristina Zaccanti per un articolo sull'ideologia di gender e le incredibili linee pedagogiche dell’Onu, pubblicato sul bollettino parrocchiale di Rivarolo Canavese, merita una riflessione che va al di là dell'episodio locale e ci interroga sulla libertà e sul nuovo totalitarismo del pensiero gender che minaccia tutti.

Editoriali 07_11_2014
Chi critica l'ideologia gender viene subito diffamato

L'inaudita aggressione contro la professoressa Cristina Zaccanti per un articolo sull'ideologia di genere e le incredibili linee pedagogiche dell’Onu, pubblicato sul bollettino parrocchiale di Rivarolo Canavese (e denunciato in poche ore, con un effetto valanga, da centinaia di articoli e siti Internet in tutta Italia, tutti ispirati dall'impulso originario della stessa lobby) merita una riflessione che va al di là dell'episodio locale e ci interroga sulla libertà e su un nuovo totalitarismo che minaccia tutti, e che nella stessa provincia, Torino, si era già manifestato nel caso di un'insegnante di religione a Moncalieri solo pochi giorni prima. 

 

Nel numero dell’autunno 2014 del «Bollettino parrocchiale di Rivarolo» l’insegnante ha pubblicato un breve articolo dal titolo «L’ideologia gender», in cui afferma che esiste una bene organizzata lobby gay il cui primo scopo è diffondere l’ideologia di genere: una lobby che va dall’Onu e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità fino all’Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali (Unar) in Italia e a chi si batte per fare passare il disegno di legge Scalfarotto sull’omofobia. Contro l’articolo sono insorte le organizzazioni Lgbt, la Regione Piemonte, giornalisti di testate locali e nazionali e anche il sindaco di Rivarolo, il quale ha affermato che «argomenti come questo vanno affrontati su periodici di altro tenore». Una bellissima dichiarazione, da cui si ricava che a Rivarolo il primo cittadino pensa che spetti al sindaco stabilire di quali temi si può occupare il bollettino della parrocchia e quali invece sono vietati.

Non entro neppure nel merito dell'articolo della professoressa Zaccanti. Una nota su un bollettino parrocchiale per sua definizione non è un testo di rivista giuridica o sociologica. Non ha note a pié di pagina né apparato scientifico. È una chiacchierata domestica con i parrocchiani, fatta in famiglia. Da sociologo e da giurista posso notare anch'io alcune imprecisioni. Ma ne noto peraltro a decine anche tra chi critica la professoressa Zaccanti, e si dedica con zelo ad abbattere uno per uno gli alberi senza vedere la foresta, che invece la docente canavesana aveva colto nel suo testo: c'è un pensiero unico, che vuole imporre la sua dittatura a tutti. Può darsi che il tema sia stato correttamente identificato, ma poi non svolto appieno nell'articolo. Ma ci hanno pensato i critici, gli attivisti della lobby gay, i giornalisti a fornire la dimostrazione eventualmente mancante. Proprio l'aggressione dimostra che su un punto di fondo la professoressa Zaccanti ha ragione. Si può sostenere di tutto, anche che siamo stati creati da omini verdi extraterrestri, che la Terra è piatta, che in Corea del Nord si rispettano i diritti umani, e nessuno reagisce. Se però si denuncia il tentativo d'imporre l'ideologia di genere e l'agenda della lobby gay ecco che si viene sbattuti in prima pagina e si diventa in poche ore il mostro di Rivarolo.

Attenzione: non sto sostenendo che ogni riga dell'articolo è precisa. Sostengo invece, e con forza, che non spetta all'Arcigay, ai politici, ai giornalisti censurare un bollettino parrocchiale, così come noi cattolici non pretendiamo di censurare le pubblicazioni interne del mondo degli attivisti omosessuali, che quanto a imprecisioni - e uso un eufemismo - certamente non scherzano. Non si tratta di folklore di provincia, né solo di semplice nostalgia - pure confessata e manifestata sui giornali - per altre stagioni della Chiesa di Ivrea, ma di una questione molto seria. Forse, oggi, la più seria di tutte.

Nel novembre 2013 Papa Francesco ha dedicato un piccolo ciclo di omelie di Santa Marta al tema del nuovo totalitarismo e al pensiero debole che si fa pensiero unico e impedisce ai cristiani di parlare, ispirandosi al libro «Il padrone del mondo» del pastore anglicano, figlio dell'Arcivescovo di Canterbury, convertito al cattolicesimo e divenuto sacerdote cattolico Robert Hugh Benson (1871-1914). Il 18 novembre la lettura del giorno, tratta dal Primo Libro dei Maccabei, mostrava «uomini perversi» che vogliono spingere Israele ad allearsi con i potenti del tempo, anche se sono nemici di Dio. Il discorso di questi perversi, ha detto il Papa, si può riassumere così: «Siamo progressisti, andiamo con il progresso dove va tutta la gente». Questo «spirito del progressismo adolescente» che si adatta ai poteri forti dominanti e «crede che andare avanti in qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà» è la radice della perversità. Ed esiste ancora oggi. Il progressista «negozia» «la fedeltà al Dio sempre fedele», e questo negoziare la fedeltà al Signore si chiama «apostasia» e «adulterio». Con riferimento più che implicito a quanti criticavano il predecessore Benedetto XVI per l'espressione «valori non negoziabili», Papa Francesco ha detto che allontanandosi dai precetti del Signore per conformarsi ai poteri dominanti questi progressisti, a ben guardare, «non negoziano i valori ma negoziano la fedeltà. E questo è proprio il frutto del demonio, del principe di questo mondo, che ci porta avanti con lo spirito di mondanità».

Come va a finire? La lettura biblica ce lo mostra: «il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna con le proprie usanze ma unite, ma è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità». È quello che oggi si chiama il nuovo ordine mondiale, che però la Bibbia chiama «abominio di devastazione» e adorazione di idoli imposti dai più forti.

«Questo succede anche oggi?» si è chiesto il Pontefice. E ha risposto: «Sì. Perché lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico». Nel brano del Primo Libro dei Maccabei si legge che «se presso qualcuno veniva trovato il Libro dell’Alleanza e se qualcuno obbediva alla Legge, la sentenza del re lo condannava a morte». «E questo – afferma il Papa – l’abbiamo letto sui giornali, in questi mesi. Questa gente ha negoziato la fedeltà al suo Signore; questa gente, mossa dallo spirito del mondo, ha negoziato la propria identità, ha negoziato l’appartenenza ad un popolo, un popolo che Dio ama tanto, che Dio vuole come popolo suo». Anche oggi i cristiani rischiano la prigione o peggio se si rifiutano di negoziare la loro identità.

Il Pontefice ha dunque citato Il padrone del mondo di Benson, e ha detto, «ha fatto tanto bene» –, che fustiga precisamente i cristiani progressisti che cedono ai poteri forti e svendono la loro fede e denuncia le persecuzioni dei cristiani che non temono di smascherare gli inganni di questi stessi poteri. Il romanzo, ha detto Francesco, denuncia giustamente «quello spirito di mondanità che ci porta all’apostasia», uno spirito che minaccia la Chiesa ancora oggi. Infatti, ci sono ancora nella Chiesa – e sono tanti – coloro che pensano che «dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente». Poi purtroppo «segue la storia»: la Bibbia mostra «le condanne a morte, i sacrifici umani». Sbaglia chi pensa che siano cose di un passato remoto, «Ma voi – ha chiesto il Papa – pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono». 

Il 29 novembre 2013 Francesco ha affermato che «il pensiero debole» – cioè l'articolazione filosofica del relativismo – pretende oggi di diventare «pensiero unico». E colpire duramente chiunque dissenta. Il giorno prima, il 28 novembre 2013, il Papa aveva mostrato quali sono le tremende conseguenze del relativismo che diventa «pensiero unico», collegandole all'azione del demonio nei tempi ultimi e alludendo di nuovo al romanzo Il padrone del mondo, laddove ci mostra l'azione dei poteri forti manovrati dall'Anticristo. Quando l'Anticristo va al potere, ha detto il Pontefice, il cristiano è «condannato» se non obbedisce alle parole d'ordine che vengono «dai poteri mondani». Attenzione, ha detto il Papa: questo non riguarda solo chi vive in pochi Paesi totalitari, riguarda tutti noi. «I cristiani che soffrono tempi di persecuzioni sono una profezia di quello che accadrà a tutti».

Abbiamo appreso dalla stampa - con la minuscola e con la maiuscola - che nella diocesi di Ivrea ci sono nostalgici di un «progressismo adolescente» che «negoziava la propria identità» in nome del politicamente corretto.  Oggi, ha detto il Papa il 25 ottobre 2014, «c’è una crisi della famiglia, crisi perché la bastonano da tutte le parti e la lasciano molto ferita», e le ferite derivano dal fatto che oggi sono proposte «nuove forme, totalmente distruttive e limitative della grandezza dell’amore del matrimonio». E l'11 aprile 2014, parlando all'Ufficio Internazionale Cattolico per l'Infanzia e facendo esplicito riferimento all'ideologia di genere, il Pontefice era insorto contro chi insegna a forza ai bambini ideologie «alternative», invitando a «sostenere il diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli». «A questo proposito – ha aggiunto – vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del “pensiero unico’”». E qualche volta, ha aggiunto il Papa, non si capisce se «si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione», un chiaro riferimento alla prolusione di qualche giorno prima del cardinale Bagnasco al Consiglio permanente della Cei dove l’espressione «campi di rieducazione» bollava precisamente la propaganda dell’ideologia di genere nelle scuole italiane.

Quando si manifesta la dittatura del «pensiero unico» è certo bene approfondire, studiare e se del caso correggere imprecisioni. Ma prima di tutto bisogna scegliere da che parte stare: con le vittime o con i bastonatori della famiglia e dei dissidenti, con la dittatura del pensiero unico o con la resistenza, con una professoressa e un bollettino parrocchiale senza risorse e senza mezzi o con la macchina miliardaria del «padrone del mondo» che oggi marcia con tracotanza anche su Rivarolo Canavese.