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APPROPRIAZIONE INDEBITA

Cristo tra i diavoli del Cairo

Esorcisti che rendono fertili le islamiche, miserabili tra i rifiuti di Muqattam, catacombe dove pregano a centinaia... Un viaggio fra i copti.

In Egitto, se vuoi liberarti dal male, è dai cristiani che devi andare. I musulmani lo sanno. Il popolo cerca la Croce, Maria Vergine, San Giorgio e soprattutto i santoni della chiesa copta. È questa promiscuità millenaria, sconosciuta all' Occidente e alla Chiesa di Roma, che gli attentatori di Alessandria hanno voluto colpire.

Per arrivare ai santuari cristiani il popolo d'Egitto sfida i suoi tabù, entra nel luogo più contaminato del Cairo, Muqattam, quartiere cristiano dove si ruminano i rifiuti della metropoli, un Acheronte dalle rive putrefatte che si spande fin sul Nilo come il respiro di un dormiente. Lì dentro, i cristiani d'Egitto selezionano avanzi delle cucine carote, sacchi di plastica, bucce di melone contese da ratti, capre e bambini.

Qui, sotto una gigantesca roccia, opera il più grande esorcista del Cairo. Il suo nome è Abuna Semaan. In mezzo a un semicerchio di coristi che innalzano inni, lui caccia i diavoli, ridà la fertilità alle donne sterili e fa camminare i paralitici. Grida, spruzza acqua sul viso degli indemoniati che lanciano urla disumane, vanno in convulsione, svengono. Poi li copre con un velo, posa su di loro una croce d' avorio e sussurra segrete formule; e tutto avviene su un palco, davanti a centinaia di persone, amplificato da altoparlanti.

Per battere i diavoli l'Egitto cerca i cristiani, e la domanda è tale che il Papa dei copti, la Chiesa di San Marco, il barbuto Shenouda Terzo, ha scritto un manuale di lotta ai demonia uso dei monaci. Muqattam è un inferno che solo di notte finge di essere città vera, con luci di botteghe, ancheggiare di donne su tacchi a spillo tra sterco di asini e pipì di bambini. Gli unici maiali del Cairo razzolano qua, e con loro i macellai che li squartano, accanto ai manifesti della Sacra Famiglia. Nel ghetto dei copti i simboli della fede si ostentano senza paura. Enormi crocefissi scolpiti, tatuaggi sui polsi.

Qui la spazzatura diventa alchimia, trasfigurazione, ricchezza e divisione di classe. I più poveri selezionano il marciume, i meno poveri separano bottiglie o pezzi di plastica da trasformare in combustibile, i più facoltosi vendono carta, metalli, mobili e tessuti. Ma Maria Vergine abita anche fuori, nel labirinto della città vecchia, sul retro dell'università Al Azhar, in un passaggio di asini e cammelli, tra i vicoli dove un astioso imam tuona sulle schiene di centinaia di uomini. Anche qui, governa l' odore: il monastero a Lei dedicato lo trovo seguendo una vena di profumo d' incenso, inatteso nel fumo dei kebab e la puzza di orina.

Mi prende con un incantesimo di resina e foreste, mi conduce per mano sul retro di un altissimo muro senza finestre, né croci né scritte. Trovo una porticina che dà su una buia scala piena di fumo, che scende, tra rigagnoli di sorgente, fino alle catacombe dei cristiani. Scendo ancora, entro in un' altra tempesta acustica, estranea all'urlo onnipresente dei muezzin in superficie. Prima i ventilatori che tagliano i raggi di luce come scimitarre; poii novizi che cantano inni come marce militari; poi la preghiera di centinaia di fedeli in un labirinto di cunicoli. Intorno, decine di schermi moltiplicano immagini di devozione, gli stessi dove, un anno fa, a Pasqua, ho visto, ripetuta all' infinito, l' immagine di un gigantesco martello che batteva il cuore di Gesù, fino a fargli sprizzare sangue in un'aureola di fulmini.

La più grande metropoli africana, con le sue migliaia di minareti, è cresciuta attorno a nuclei cristiani come questo, aggrappati a una fede che non si arrende, militante e miracolistica. È il mondo dei copti, antico di secoli più dell' Islam. Un popolo di otto milioni di anime oggi di nuovo sotto assedio. Il confronto non potrebbe essere più diretto che qui, nel quartiere musulmano attorno all' università di Al Azhar, tra i più duri del Cairo, ostile anche ai fedeli più illuminati dell' Islam, come i Sufi e le loro confraternite di canto e danza.

I monaci d'Egitto si alzano alle tre, quando si svuotano i battelli dei night club sul Nilo, si tirano sulle teste cappucci neri con dodici stelle, si salutano tra loro sfiorandosi le mani che poi alzano alla fronte in segno di rispetto. Per sopravvivere ai secoli duri dell' Islam conquistatore, si sono nascosti nelle catacombe e negli eremi del deserto, poi sono riemersi all' inizio del Diciannovesimo secolo portandosi dietro sapienze antichissime come la botanica. Alcuni di loro vagano nel deserto, per esercitare la Siah, che vuol dire ubiquità ed è un momento della strada all' ascesi.

Ed ecco il monastero del Patriarca Bula, forse il più antico dell' umanità, poco lontano dalle rive del Mar Rosso. Lì dentro i monaci vivono nel terrore di un assalto di estremisti islamici, eppure accolgono pellegrini musulmani che si mettono in coda per farsi miracolare dal vecchio Abuna Fanaus; colui che da solo - negli anni bui - difese questo luogo sacro. E poi la chiesa di San Giorgio al Cairo, con le sue catene taumaturgiche al cui tocco guariscono i malati di ogni fede. È questa simbiosi antica che Al Qaeda ha voluto colpire.

 

(tratto da Repubblica 9-1-2011)