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TRA LE RIGHE

Cristo e il lavandino

Le riflessioni di don Aldo Trento, missionario in Paraguay, per scuotere i fedeli più pigri anche nelle quotidiane occupazioni domestiche. Perchè il cristianesimo non è un idea, ma un avvenimento concreto che abbraccia tutti gli aspetti della realtà, anche quelli apparentemente più scontati.

Tra le righe 17_09_2011
Cristo e il lavandino
Ecco un libro veramente importante ed utile, al di là delle sue più che lodevoli intenzioni. Pensato e scritto per cattolici, edito da Lindau con la pia complicità della rivista Tempi e del suo direttore Luigi Amicone, può anche essere usato come efficacissima arma di difesa. Difesa contro nemici esterni della Chiesa e contro tentazioni e sciatterie che troviamo all’interno, anche nel nostro interno.

Il titolo è Cristo e il lavandino, il nome dell’autore non sarà nuovo alle orecchie attente a quel che di buono avviene a questo mondo: Don Aldo Trento, missionario in Paraguay da oltre vent’anni (vi fu spedito da Don Giussani per curargli con terapia d’urto una profonda depressione), parroco nella chiesa di San Rafael ad Asunción e colonna portante del centro medico che assiste soprattutto malati di Aids che sono poi in gran parte bambini (capito cosa intendiamo per “terapia d’urto”?). Dunque, il libro raccoglie le riflessioni di don Trento inserite nel bollettino della sua parrocchia e trasformate in omelie nel corso delle messe domenicali. Parole che hanno come scopo principale quello di scuotere fedeli troppo pigri per impegnarsi seriamente in occupazioni all’apparenza minime della vita quotidiana: tagliarsi le unghie, rifarsi il letto, svuotare i cestini della spazzatura, non far marcire le pietanze in frigorifero, essere puntuali. Pare che da quelle parti certe cose non siano così scontate, che un qualcosa di selvaggio permanga nell’indole latinoamericana.

Ma sfidiamo qualsiasi lettore delle nostra civilizzata e sterilizzata Europa nel sentirsi immune dalle mancanze e dalle superficialità messe in luce da don Trento. Ma che c’entra il lavandino pulito o il cassetto in ordine con Cristo? Non dovrebbe un prete parlare solo di anima? No, se la religione che professa è quella cattolica, quella che non può essere ridotta a fatto privato e richiusa nell’interiorità. Anzi che ha sempre fatto ed ancora deve fare cultura e civiltà. Infatti “se Cristo non cambia anche la maniera di usare il bagno o di mangiare, significa che è puro moralismo”, o superstizione o un’adesione meramente intellettuale. La cura del dettaglio è doverosa proprio perché la realtà materiale, in virtù dell’incarnazione, è manifestazione del divino; come scrisse San Paolo “la realtà è il corpo di Cristo” e don Trento ne deduce che “non esiste dettaglio che non mi induca a viverla intensamente, a prenderla seriamente”. Dio si fatto sensibile, non è rimasto nelle rarefatte lontananze celesti, ha sacralizzato tutti i sensi dell’uomo. Ecco perché è poco cristiano non lavarsi ed emanare fetori insopportabili per il prossimo. Trento così ci ricorda che “la mancanza di igiene personale è indice della mancanza di speranza”, che in una famiglia il tavolo del pranzo e il letto nuziale sono gli altari della casa e pretendono un culto particolare.

Insomma, il cristianesimo
non è un’idea, una delle tante ideologie, ma un Avvenimento, una Persona, un incontro. Qualcosa di concreto, di tangibile, da onorare con l’urlo dai tetti e la lavanda dei piedi. Dovrebbe risultare evidente perché abbiamo definito questo libro un’ottima arma di difesa, non solo contro la nostra disattenzione al dettaglio (recita Qoelet 10, 1: “Una mosca morta manda a male tutto un vasetto di unguento”), ma contro i nemici della vera cristianità. Non pensiamo tanto a chi fa i conti in tasca alla Chiesa su ICI e 8permille senza considerare la non quantificabile ricchezza sociale prodotta da esperienze come quella di don Trento ma a tutti coloro che accettano la religione come fenomeno esclusivamente spirituale, quelli che non hanno tanti problemi con Dio quanto con la sua Incarnazione.

L’eresia più perniciosa in fondo rimane quella catara che considerava il mondo una creazione di un demiurgo cattivo e la carne una prigione dell’anima. I catari erano così devoti all’elemento incorporeo che credevano di essere compassionevoli praticando con assiduità aborti e si sentivano santi nel lasciarsi morire di fame. Erano i frutti più naturali del rinchiudere la fede nella sfera privata, dell’essere pienamente e totalmente spirituali. Quindi non preoccupiamoci se qualcuno critica la nostra appartenenza ad una chiesa che si sporca troppo col mondo. Facciamo piuttosto caso alla pulizia del nostro lavandino.




Aldo Trento
Cristo e il lavandino. Educare è partire dalla realtà
Lindau, pagine 156, euro 12,50.