Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Alessio a cura di Ermes Dovico
Cristiani Perseguitati
a cura di Anna Bono
Islam

Cristiani, la minoranza più perseguitata in Turchia

I dati di una indagine confermano che nel 2023 i cristiani hanno continuato a essere le vittime di intolleranza religiosa più numerose

 

Freedom of Belief Initiative, una organizzazione non governativa fondata nel 2013 per difendere la libertà religiosa in Turchia, ha appena pubblicato un rapporto sulla situazione nel paese, dal titolo“Hate Crimes in Turkey Based on Religion, Belief, or Non-Belief”. Lo studio, relativo all’anno 2023, documenta i crimini di odio, gli episodi di violenza contro le minoranze religiose presenti nel paese sulla base di dati ricavati dai mass media e dalle notifiche delle comunità religiose: attacchi a luoghi di culto, abitazioni, scuole, cimiteri, atti violenti e minacce a individui, comunità e istituzioni. Dai dati e dai documenti raccolti risultano 47 episodi gravi. Benché dopo l’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023  le violenze contro gli ebrei siano aumentate, i più perseguitati hanno continuato a essere, come negli anni precedenti a partire dal 2020, i cristiani, vittime di 22 episodi di violenza, seguiti dagli ebrei con 14, dagli aleviti con sette, dagli yazidi con due e dagli atei con uno. In alcuni casi le minacce e gli attacchi a individui e comunità risultano essere stati ripetuti, ricorrenti. Tra i cristiani sono stati soprattutto i protestanti a essere presi di mira perché visti come una minaccia a causa delle loro attività missionarie. Gli autori del rapporto evidenziano peraltro che quelli riportati sono solo una parte degli attacchi effettivamente verificatisi. È accertato che per diverse ragioni molti casi non vengono denunciati e quindi registrati. La rinuncia a ricorrere alla autorità dipende, sostiene il rapporto, principalmente dalla paura dell’esclusione sociale che ne potrebbe derivare, da una sorta di abitudine a subire azioni motivate da odio e pregiudizi che determina una “soglia elevata di sopportazione”, dal timore di subire ulteriori violenze, persino da parte delle stesse forze dell’ordine, e dalla convinzione che non serva, che le denunce non sarebbero prese sul serio dalle autorità. Inoltre – spiega il rapporto – i processi sono pochi e spesso i colpevoli non vengono puniti.