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SCELTE DISCUTIBILI

Covid, un governo degli annunci: troppe incognite nella fase 2

Con il prolungamento del lockdown fino al 3 maggio, si inaspriscono le tensioni tra Governo e imprenditori. Il Decreto Liquidità, pubblicato ieri, desta perplessità riguardo a fisco e accesso al credito. L’impressione è quella di una generale confusione sulle politiche governative in materia economica. E Bruxelles non aiuta.

Politica 10_04_2020

Con il prolungamento del lockdown fino al 3 maggio, si inaspriscono le tensioni tra Governo e imprenditori sulla gestione dell’emergenza e sui contenuti degli aiuti previsti dal Decreto Liquidità, pubblicato proprio ieri. Il premier ha annunciato ieri che qualche attività legata alla filiera agro-alimentare e a quella sanitaria riaprirà già dopo Pasqua, ma si tratterà di riaperture limitate e circoscritte e sostanzialmente gli italiani dovranno rimanere in casa altre tre settimane.

Gli imprenditori avevano già lanciato il grido d’allarme la settimana scorsa. Due giorni fa le Confindustrie delle regioni più produttive del Paese (Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna), che da sole rappresentano il 45% del Pil nazionale, avevano incalzato l’esecutivo affinché autorizzasse lo sblocco di alcune attività produttive, al fine di far ripartire la produzione, sia pur nel ferreo rispetto delle misure di distanziamento e delle altre norme igienico-sanitarie dettate a tutela della salute.

Evidentemente le riserve del Comitato tecnico-scientifico hanno indotto il governo ad una maggiore cautela rispetto all’intenzione ventilata a inizio settimana, cioè quella di allentare un po’ le restrizioni già a partire da martedì 14 aprile. L’andamento dei contagi induce a un cauto ottimismo, ma sono ancora tanti gli asintomatici che continuano a infettare altre persone e a garantire libertà di circolazione al virus.

Dal punto di vista economico, però, occorrono scelte più drastiche di quelle sin qui assunte dal governo, peraltro lacerato da profonde divisioni tra l’ala grillina e la componente dem, in particolare tra il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e quello dell’Economia, Roberto Gualtieri.

Gli industriali anzitutto lamentano uno scarso coinvolgimento nelle scelte governative in questa fase di emergenza, laddove i sindacati, come si è visto anche ieri, continuano ad essere convocati con regolarità a Palazzo Chigi per le opportune condivisioni delle decisioni in materia di mondo del lavoro.

E poi, elemento non secondario, la liquidità dovrebbe arrivare in tempi rapidi e invece la burocrazia rappresenta tuttora una zavorra, considerato che nessun italiano ha sin qui ancora visto un centesimo dei 600 euro previsti per gli autonomi né dei vari bonus previsti, ad esempio quello per le attività di babysitteraggio.

Dal punto di vista metodologico, occorre dare certezze al mondo produttivo e ai cittadini, accorciando i tempi tra gli annunci e le realizzazioni, tra le anticipazioni dei decreti e la loro pubblicazione.

Il Decreto Liquidità è stato pubblicato appunto solo ieri, mentre nelle giornate successive all’annuncio delle misure in esso contenute si erano succedute discussioni che hanno finito per alimentare disorientamento e incertezze. Bisognerebbe evitare questi errori. Trattandosi di decreti e non di disegni di legge, varrebbe la pena di annunciarli in serata e pubblicarli immediatamente al fine di renderli efficaci già dalla mezzanotte.

Entrando nel merito, destano perplessità alcune misure riguardanti l’accesso al credito e il fisco. Prevedere che i prestiti concessi alle piccole imprese debbano essere restituiti nell’arco di sei anni non è una soluzione saggia. Basti pensare che, a undici anni dalla recessione del 2009, ci sono aziende che ancora non sono riuscite a recuperare quei livelli di produttività. In questo caso la pandemia ha provocato un fermo prolungato di mesi e dunque non è realistico immaginare una ripresa in pochi anni, né la possibilità che le aziende restituiscano il denaro che verrà loro erogato a seguito del Decreto Liquidità. E poi anche le medie e grandi aziende avranno la necessità di prestiti. Perché fare differenze in un momento drammatico come questo?

Insufficiente anche il rinvio di due mesi delle scadenze fiscali. Chi non ha guadagnato per cinque o sei mesi non avrà liquidità per pagare le tasse a giugno, quindi occorrerebbe una vera e propria moratoria in questa fase.

L’impressione è quella di una generale confusione sulle politiche governative in materia economica, tanto più che da Bruxelles non sono sin qui arrivati segnali incoraggianti su Coronabond e Mes. Si naviga a vista, tanto che il premier Giuseppe Conte continua ad alzare la voce e a minacciare che l’Italia potrebbe fare da sola. Ma il livello elevato di indebitamento del nostro Paese non consente proclami bellicosi.