Così il popolo sloveno ha vinto la battaglia contro le nozze gay
Una campagna mediatica martellante, un Parlamento che da tre anni a questa parte cerca di approvare il cosiddetto matrimonio fra persone dello stesso sesso riuscendoci per ben due volte e impedendo ai cittadini di utilizzare il metodo democratico del referendum. Eppure la legge è stata abrogata in entrambi i casi. Parla Marjana Debevec, giornalista slovena che svela le ragioni e i motivi del successo.
Una campagna mediatica martellante, un Parlamento che da tre anni a questa parte cerca di approvare il cosiddetto matrimonio fra persone dello stesso sesso riuscendoci per ben due volte e impedendo ai cittadini di utilizzare il metodo democratico del referendum. Eppure la legge è stata abrogata in entrambi i casi, «la seconda volta addirittura con una percentuale maggiore di voti contrari alla norma». Marjana Debevec, giornalista slovena che ha partecipato attivamente alla campagna referendaria, spiega alla nuovabq.it come sia stato possibile che il 63 per cento dei cittadini il 20 dicembre scorso si sia opposto alle simil-nozze nonostante la presenza di condizioni completamente avverse ai promotori del referendum.
«Laici, cattolici, leader e membri dei movimenti ecclesiali si sono incontrati per la prima volta il 19 febbraio 2015 e in un centinaio hanno costituito il comitato “Si tratta dei nostri bambini”, sapendo che il marzo successivo sarebbe cominciata in Parlamento la discussione del ddl che prevedeva il matrimonio fra persone dello stesso sesso, inclusa la possibilità di adozione». Immediatamente il Comitato ha organizzato una manifestazione di fronte al Parlamento che si sarebbe svolta durante la discussione del ddl. «Essendo però neonato e per sensibilizzare la popolazione ha dovuto promuovere incontri e convegni sperando nel passa parola, in internet e nella stampa cattolica. Molti hanno poi lavorato tramite i social network, dato che i grandi media non davano spazio all'opposizione. Così ci siamo trovati in piazza in migliaia per difendere la famiglia».
A conclusione della manifestazione l'arcivescovo della capitale Lubiana, Stane Zore, ha celebrato la Messa per i partecipanti: «Lo ricordo come un momento fortissimo: Zore spiegò che la battaglia doveva essere un'occasione per ciascuno di fare un percorso spirituale in cui riscoprire il significato dell'amore, dell'essere sposi, padri, madri e figli». Ma poche ore dopo il Parlamento aveva già approvato la legge. Eppure, anziché scoraggiarsi, esattamente come era avvenuto tre anni prima, il Comitato, tutte le associazioni, i movimenti, la società civile, che nel frattempo si era mobilitata organizzando veglie delle Sentinelle in Piedi, convegni e momenti di preghiera, si sono rimboccati le maniche: «In pochi giorni sono state raccolte 80 mila firme da presentare al Parlamento per la richiesta di un referendum abrogativo, ben oltre le 2.500 necessarie. Dopodiché si è dato inizio alla raccolta ufficiale che ha raggiunto la cifra di 40mila adesioni. A quel punto, il Parlamento ha respinto la richiesta, dichiarandola inammissibile perché discriminate».
Ma nemmeno questo è bastato a fermare l'opposizione decisa a sottoporre l'istanza alla Corte Costituzionale. «Il verdetto favorevole al referendum è arrivato a fine ottobre e il Parlamento ha deciso di fissare le votazioni per il 20 dicembre, concedendo solo un mese e mezzo di tempo per sensibilizzare i cittadini. In quel mese gli esponenti del comitato hanno organizzato oltre 200 tavole rotonde, alcuni viaggiando per 10 mila chilometri da una parte all'altra del paese. Spesso lasciando a casa mogli, mariti e figli per raggiungere anche il più piccolo paesino e incontrare anche solo 20 o 30 persone». Debevec spiega che «non c'era altro modo di arrivare alle persone e di fare contro informazione, ma è stato un bene ritrovarsi dal vivo. E, infatti, il successo è stato maggiore di quello di tre anni fa. Eravamo sbalorditi».
Secondo la giornalista a giocare a favore dell'opposizione «è stata anche la compattezza della Chiesa: tutti i movimenti e le parrocchie hanno sostenuto le iniziative dei laici e hanno organizzato veglie di preghiera, alcuni anche digiunando a pane acqua la settimana precedente al referendum». Infine è arrivato il supporto del Santo Padre che ha parlato durante l'udienza generale pochi giorni prima del voto invitando «tutti gli sloveni a preservare la famiglia come unità di base della società». Mentre prima Zore aveva ribadito che tutto, «dalla biologia alla Bibbia, dice che la realtà è evidente: solo gli uomini e le donne posso incontrarsi completamente generando altri esseri umani. Dunque, nessuna unione è equiparabile a questa».
Eppure, nulla si mosse in Slovenia quando venne presentata la legge sulle unioni civili, pur priva di adozione. «Non sembrava così grave e infatti venne approvata, ma ora è chiaro che questa norma fa da apripista a un'ideologia che vuole stravolgere la natura umana: solo negli ultimi anni ne abbiamo preso coscienza, dopo che è entrata nelle scuole e nei media e dopo centinaia di convegni in cui è stata analizzata». Ma, forse, complice della vittoria è anche la consapevolezza di cosa sia un'ideologia, come quella comunista che la Slovenia ha già vissuto sulla sua pelle: «Gli sloveni capisco quando la politica e il potere vogliono obbligarli a fare qualcosa come in questo caso. Aggiungo poi che la persecuzione ha portato i cattolici rimasti a essere molto più convinti di un tempo in cui vivevano la fede solo come tradizione». Molti poi hanno definito questa vittoria un miracolo: «Certamente, un miracolo pieno di sacrifici».