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Cosa sono i partiti europei. Ecco per chi abbiamo votato

Perché alcuni commentatori sostengono che la Lega (a livello europeo) ha perso, anche se in Italia è primo partito? Perché si dice che i Popolari sono il primo partito, ma nel corso della legislatura i rapporti di forze potrebbero ribaltarsi? Perché i partiti europei raramente corrispondono a quelli nazionali che abbiamo votato. Ecco una mappa

Politica 28_05_2019
Strasburgo, Parlamento europeo

Perché alcuni commentatori sostengono che la Lega (a livello europeo) ha perso, anche se in Italia è primo partito? Perché si dice che i Popolari sono il primo partito, ma nel corso della legislatura i rapporti di forze potrebbero ribaltarsi? Le elezioni europee si effettuano con il metodo proporzionale, votando un partito del proprio Paese. Ma una volta eletta la pattuglia di eurodeputati di quella data formazione nazionale, questi andranno a Strasburgo e a Bruxelles assieme ai membri di partiti che fanno parte dello stesso partito europeo. Spesso questi partiti provengono da culture molto eterogenee.

Il più ampio ed eterogeneo è proprio il Partito Popolare Europeo, che tuttora è il primo partito, anche se non ha la maggioranza. Nato come coordinamento dei partiti democristiani, si è poi allargato fino a comprendere formazioni che non hanno nulla a che vedere con la tradizione dei partiti democristiani. E anche fra questi ci sono notevoli differenze. Basti pensare alla coalizione tedesca Cdu-Csu guidata dalla Merkel e al Partito Popolare Austriaco guidato da Kurz: la prima viene ricordata per la politica dell’accoglienza, il secondo è un sovranista odiato dai media perché durissimo su immigrazione e altri temi cari al politicamente corretto. In Francia il partito affiliato è quello dei Repubblicani, molto più neogollista che cattolico, fondato da Nicolas Sarkozy. In Italia, come è noto, fa parte del Ppe Forza Italia, che è nata nel 1994 come partito liberale di massa ed estranea alla tradizione democristiana. In Ungheria c’è Fidesz, il partito di Viktor Orban (l’uomo del record assoluto di queste elezioni: 52% di voti in patria) che è noto a tutti i media come il più sovranista di tutti. Fidesz è l’unico membro del Ppe ad essere stato sospeso, per le sue posizioni giudicate troppo nazionaliste. Adesso che il suo peso specifico è nettamente aumentato, la sua sospensione nella prossima legislatura sarà oggetto di delicati negoziati. La Polonia partecipa invece con Piattaforma Civica, che si è presentata alle urne assieme ad altre formazioni di centrodestra moderata: Piattaforma Civica (il partito di Donald Tusk, presidente del Consiglio dell’Ue) è accusata dai conservatori polacchi del PiS di essere un partito troppo liberale e troppo europeista.

La seconda formazione numericamente più grande è quella dei Socialisti e Democratici (S&D). Si chiama così perché, in teoria, non include solo partiti dichiaratamente socialisti, ma è aperta anche ad altre forze di sinistra, laburiste, progressiste e laiche. È una formazione internazionale relativamente più omogenea rispetto a quella Popolare, perché include quasi solo partiti socialdemocratici (in tutte le loro varianti nazionali). Une delle eccezioni è proprio l’Italia, in cui il Partito Democratico è costituito sia da socialisti ed ex comunisti che da democristiani (la cui collocazione naturale, in teoria, dovrebbe essere nel Ppe). Paesi come l’Irlanda e la Repubblica Ceca non hanno alcun eurodeputato nell’S&D.

In queste elezioni del 2019, il terzo gruppo più numeroso è quello dell’Alde (Alleanza Liberali e Democratici Europei). Non sembrerebbe, visto da qui in Italia, perché l’affiliato italiano, +Europa, non ha neppure passato la soglia di sbarramento del 4%. Ma nel resto d’Europa, i partiti e i movimenti che lo compongono hanno avuto un successo notevole. I Liberaldemocratici britannici (formazione che si è spostata sempre più verso il progressismo su tutti i temi, economici, ecologici ed etici), nel 2009 erano al governo assieme ai Conservatori, in una coalizione inedita. Dopo un periodo di emarginazione, ora ricominciano a crescere come opposizione alla Brexit. In Francia l’esponente dell’Alde è niente meno che il presidente Emmanuel Macron e hanno aderito al partito europeo i partiti della sua coalizione: La Republique En Marche! (il partito fondato da Macron), MoDem (centristi), Agir (partito riformatore, costituito appena un anno fa) e Mouvement radical, social et libéral. Nonostante il prestigio e il peso elettorale di questi partiti, la coalizione è arrivata seconda, dietro il Rassemblement National (ex Front National) di Marine Le Pen. Altre pattuglie importanti dell’Alde provengono da partiti liberaldemocratici di Danimarca (secondo partito), Estonia (due formazioni, primo e terzo partito), Irlanda (secondo partito), Lussemburgo (primo partito), Olanda (secondo partito), Repubblica Ceca (primo partito), Romania (terzo partito), Slovacchia (primo partito), Slovenia (terzo partito), Spagna (terzo partito). Si tratta di partiti di ispirazione laica, radicale e progressista nell’Europa occidentale e di partiti più liberali classici (più libero mercato) nell’Europa orientale ex comunista. A livello europeo, comunque, l’Alde è il più massimalista nel processo di unificazione europea. E’ guidato dal belga Guy Verhofstadt, che è il principale esponente dell’ideale di Stati Uniti Europei (dunque un unico esecutivo, un unico esercito, un parlamento dotato di un vero potere legislativo, una costituzione, ecc…)

Altra formazione molto europeista, arrivata quarta nelle elezioni del 2019, è quella dei Verdi. E’ stata la vera novità nelle elezioni in Germania, dove i Verdi hanno scalzato i Socialdemocratici e sono diventati loro il secondo partito, dopo i democristiani della Cdu-Csu. I verdi esprimono anche l’attuale presidente dell’Austria, Alexander van der Bellen (eletto dopo elezioni in cui il voto si era dovuto ripetere, per irregolarità, contro il candidato nazionalista Norbert Hofer). Ma in queste elezioni del 2019, i Verdi austriaci sono arrivati solo quarti, dietro i nazionalisti della Fpo. I Verdi si piazzano secondi in Finlandia e in generale sono molto forti nei Paesi scandinavi. Non sono solo ecologisti: in Spagna il gruppo include il partito di sinistra massimalista Podemos e anche gli indipendentisti catalani (Erc) e baschi (Bildu). Anche nel Regno Unito ne fanno parte i partiti indipendentisti scozzese (Snp) e gallese (Plaid Cymru). Che poco hanno a che vedere con l’ambientalismo, per come viene conosciuto nel resto dell’Europa continentale.

Infine abbiamo i “sovranisti”, così come vengono genericamente indicati dai media, che però sono tre gruppi distinti. Quello di cui si parla di più è sicuramente l’Enl (Europa delle Nazioni e della Libertà), fondato su iniziativa di Marine Le Pen (Rn), Matteo Salvini (Lega) e Geert Wilders (Partito della Libertà olandese), a cui si sono aggregati poi anche l’Fpo austriaco, l’AfD tedesco, il Vlaams Belang belga (fiammingo), tutti i partiti che finiscono regolarmente sulle prime pagine come esempi di “estrema destra”. Il programma dell’Enl è quello dell’Europa delle patrie: un’Ue formata da nazioni indipendenti e sovrane. E’ un programma esplicitamente contro la globalizzazione, contro l’immigrazione, contro l’euro, per la difesa delle identità culturali nazionali.

Molto differente, nei toni così come nei programmi, è il secondo gruppo “sovranista”, l’Ecr (Conservatori e Riformatori europei), di cui fa parte, per il nostro Paese, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Contrariamente all’Enl, nel programma dell’Ecr il libero mercato e la libertà di impresa sono ai primi posti, così come la difesa della famiglia e dei valori comuni. L’Europa che questo gruppo vuole è uno spazio aperto di libero mercato, in cui ogni nazione mantiene però la sua piena indipendenza e sovranità. Inclusa la prerogativa nazionale di custodire i confini e gestire l’immigrazione. L’Ecr è stato fondato per iniziativa del Partito Conservatore britannico, uscito dal Ppe in polemica con il suo programma troppo euro-centralista. Un altro pilastro dell’Ecr è sempre stato il partito conservatore polacco (PiS, Diritto e giustizia) e la più folta pattuglia, al di là del Regno Unito, è sempre stata costituita dai partiti conservatori euroscettici dei Paesi ex comunisti. Ora l’Ecr è stato però azzoppato dalla durissima sconfitta subita proprio dal suo partito ispiratore, quello dei Conservatori britannici, ridotti a quinta forza del loro Paese. Oltre che al PiS, prima forza politica in Polonia, la maggior affermazione dell’Ecr è stata paradossalmente in Belgio, sede delle maggiori istituzioni dell’Ue, dove il primo partito è la Nuova Alleanza Fiamminga.

La terza e ultima famiglia dei “sovranisti” è quella dell’Efdd (Europa della Libertà e della Democrazia Diretta) in cui rientrava anche il Movimento 5 Stelle fino alla scorsa legislatura. E il cui animatore principale era l’Ukip (Partito per l’Indipendenza del Regno Unito) di Nigel Farage. Tuttora è lui il protagonista, stavolta alla guida del Brexit Party, prima forza politica nel Regno Unito col 32% dei voti: un vero record, considerato che la sua formazione risale ad appena un mese fa. E’ un movimento nato sull’onda dello sdegno per un’uscita dall’Ue che avrebbe dovuto essere completata il 29 marzo scorso.

E infine ci sono i post-comunisti e i partiti di sinistra massimalista, raggruppati nel Gue/Ngl (Gruppo confederale della Sinistra Europea Unita/Sinistra Verde Nordica). Il partito più famoso che ne fa parte è Syriza, in Grecia (al governo con Tsipras). L’Italia, che pure ha avuto per mezzo secolo il più grande partito comunista d’Occidente, non ha più nessuno in quel gruppo, il più piccolo dell’europarlamento.

Se c'è una tendenza in crescita in questo nuovo Parlamento europeo, questa è l'euroscetticismo. Sommando i deputati euroscettici eletti con i partiti che sono all'interno del Ppe, nell'Enl, nell'Ecr e nell'Efdd, più minoranze presenti in tutti gli altri gruppi, si ottiene una forza pari a un terzo del Parlamento. Non è mai stata così ampia. È una forza politica potenzialmente maggioritaria, che certamente condizionerà, rallentandolo, il processo di unificazione.