Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LA FESTA

Cosa accadde quando il papa pronunciò il dogma mariano

Oggi ricorre il 70° anniversario della proclamazione del dogma dell'Assunzione di Maria. Per la seconda volta in tutta la storia della Chiesa il Romano Pontefice definì personalmente un dogma di fede al di fuori di un concilio ecumenico. Una gioia infinita colmò tutti: la folla che grida «Viva Maria!», le campane di Roma che suonano gioiosamente, in ginocchio Pio XII intona il Veni creator Spiritus...

Ecclesia 01_11_2020

Proprio oggi ricorre il 70° anniversario della proclamazione del dogma dell'Assunzione di Maria al cielo in anima e corpo. Pio XII, infatti, il 1° novembre 1950, durante un memorabile Giubileo - il primo mediatico - compiva tale solenne atto in Piazza San Pietro, promulgando la Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus.

In essa afferma il Papa: «L’augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l’eternità con uno stesso decreto di predestinazione, Immacolata nella sua Concezione, Vergine illibata nella sua divina maternità, generosa Socia del Divino Redentore, che ha riportato un pieno trionfo sul peccato e sulle sue conseguenze, alla fine, come supremo coronamento dei suoi privilegi, ottenne di essere preservata dalla corruzione del sepolcro e, vinta la morte, come già il suo Figlio, di essere innalzata in anima e corpo alla gloria del Cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli» (Munificentissimus Deus).

Il numero del 3 novembre 1950 de La Settimana Incom, il notiziario cinematografico che informò gli italiani tra il 1945 e il 1965, ci mostra quanto avvenne quel mattino, soprattutto la prima parte. «Il più importante evento religioso dai tempi della riforma» (C. G. Jung, Answer to Job, New York, Meridian, 1954; Risposta a Giobbe, in Id., Opere complete, IX, Bollati Boringhieri, 1992, pp. 444-445) si svolse in due parti, la prima in Piazza San Pietro, la seconda nella Basilica Vaticana. Alle ore 8 la Piazza, quasi gremita, intona l’Ave Maria di Lourdes e altri canti mariani. Alle 8,30 i Cantori Pontifici, diretti da Lorenzo Perosi (1872-1956), intonano le Litanie dei Santi con le quali spunta dal portone di bronzo il corteo papale: tremila persone tra i Procuratori dei Palazzi Apostolici (Avvocati della Santa Sede), membri dei grandi Ordini religiosi, del clero di Roma, dignitari di servizio, Cappellani di Sua Santità, membri del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Penitenzieri in pianeta bianca e altri Prelati. Colpiscono la quarantina di Cardinali e gli oltre 600 tra Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi in piviale e mitra bianca che precede immediatamente il Santo Padre. Eccolo il Pastor angelicus in sedia gestatoria, «l’incomoda sedia, che dà l’impressione del mare e dei flutti», nelle parole di Paolo VI, «che mi permette proprio di essere più vicino a tutti. Si è elevati di sopra di tutti, per esserne meglio visti da ognuno, senza diseguaglianze o precedenze» (J Guitton, Dialoghi con Paolo VI, Milano 1967, p. 37).

Alle 9,30 il Santo Padre è assiso nel trono, che sorge all’ingresso della Basilica, ai lati del quale trovano posto i diplomatici accreditati presso la Santa Sede e le missioni speciali inviate da molte nazioni, tra le quali c’è quella italiana rappresentata dal presidente del Consiglio dei Ministri, Alcide De Gasperi (1881-1954). Dopo aver ricevuto l’obbedienza del collegio cardinalizio, il Papa ascolta la formula dell’istanza rivoltagli dal Card. Eugène Tisserant (1884-1972), che funge da Decano, e risponde invitando tutti ad invocare lo Spirito Santo. In ginocchio al faldistorio, Pio XII intona l’inno Veni creator Spiritus, che prosegue con i versetti alternati della polifonia di Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594), eseguita dalla Cappella musicale pontificia «Sistina», e il canto gregoriano del popolo. La partitura del «principe della musica», composta nel 1550 durante il suo magistero nella Cappella Giulia di S. Pietro in Vaticano, mirabilmente elabora e decora in ogni voce la ben nota melodia gregoriana.

Cantato l’Oremus, il Vicario di Cristo risale sul trono e pronuncia la formula con cui dichiara e definisce «essere dogma da Dio rilevato che l’Immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo, Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica». Per la seconda volta in tutta la storia della Chiesa, dopo la proclamazione del dogma dell’Immacolata nel 1854, il Romano Pontefice definisce personalmente un dogma di fede al di fuori di un Concilio ecumenico. Una gioia infinita colma tutti: la folla che grida «Viva Maria!», le campane di Roma che suonano gioiosamente, due sciami di colombi viaggiatori, ventuno colpi di cannone sparati da Monte Mario. Il canto del Te Deum, l’omelia del Santo Padre, la recita della nuova preghiera dell’Assunta e la benedizione pontificia concludono la prima parte del solenne atto.

La Messa papale in Basilica, dopo la recita di Nona, apre subito la seconda parte della cerimonia. Ai ragazzi dell’Escolania de Montserrat, le celebri voci bianche - circa 50 ragazzi provenienti da tutta la Catalogna - dell’abbazia benedettina di Santa Maria di Montserrat vicino Barcellona in Spagna, è affidato il canto del Proprium Missæ (le parti variabili della Messa: Introito, Graduale, Alleluia, Offertorio e Comunione), mentre ai Cantori Pontifici quello dell’Ordinarium Missæ (le parti fisse della Messa: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Benedictus, Agnus Dei). Perosi ha scelto la Missa «Assumpta est Maria» a sei voci di Palestrina. Composta probabilmente in tarda età, questa partitura, concepita per due voci di soprano, una di contralto, due di tenore e una di basso, desume il materiale melodico dall’omonimo mottetto dello stesso autore ed è la più apprezzata tra le oltre cento Messe di Palestrina, insieme alla fortunatissima Missa Papæ Marcelli (in memoria di Marcello II, papa per sole tre settimane nel 1555). Come in quella, assurta a simbolo musicale della Riforma cattolica, nella Missa «Assumpta est Maria» troviamo sonorità brillanti (ottenute dal raddoppio di soprani e tenori), l’enfasi positiva, le «tonalità» maggiori, l’avvicendarsi di episodi omoritmici con passaggi contrappuntistici.

Così trascorse quel memorando primo novembre 1950, tutto dedicato alla glorificazione di Maria Assunta in Cielo.