Corea del Nord, battaglia di parole fra Kim e Trump
La soluzione della crisi coreana non sarà militare, ma dipenderà dal negoziato fra Usa e Cina. Intanto però stiamo assistendo a una vera escalation di minacce, dichiarazioni e anche esercitazioni sul campo. Benché il segretario di Stato Usa Tillerson cerchi di gettare acqua sul fuoco, Trump lancia avvertimenti pesanti, rispondendo a tono alle minacce di Kim Jong-un.
GUERRA IN COREA, L'IMPENSABILE E' POSSIBILE di Stefano Magni
Se è vero che la soluzione alla crisi coreana dipenderà non da opzioni militari ma da una trattativa tra Usa e Cina, come avevamo ipotizzato in queste pagine a inizio agosto, è innegabile che quelli che sembrano emergere in queste ore siano chiari segnali bellici.
Con un anno di anticipo sulle stime degli analisti, la Corea del Nord ha superato l'ultimo limite che le impediva di essere considerata una “vera” potenza nucleare: la miniaturizzazione degli ordigni atomici per poterli imbarcare sulle testate dei missili balistici, incluso il nuovo Hwasong 14 testato in luglio che potrebbe raggiungere il territorio degli Stati Uniti. Kim Jong-un afferma da oltre un anno di disporre di tali capacità ma, da quanto rivelato dal Washington Post, l’intelligence del Pentagono sembra averne avuto solo ora la conferma. Secondo il Post la notizia è allarmante anche per la Cina, unico alleato di Pyongyang che per la prima volta, di fronte agli ultimi test missilistici, ha votato a favore delle nuove sanzioni imposte alla Corea del Nord dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Le fonti del WP gonfiano inoltre l’arsenale atomico di Kim triplicandolo a 60 bombe contro le 15-20 di cui finora era accreditato il regime nordcoreano dagli analisti. Anche se esiste il sospetto che le “prove” contro Pyongyang siano un po’ costruite ad arte (coincidenza strana, nello stesso giorno in cui il WP rende noto l’allarme dell’intelligence il Libro bianco della Difesa giapponese lancia un allarme analogo), Trump ha minacciato la Corea del Nord con un ultimo avvertimento. Parlando dal suo golf club di Bedminster, in New Jersey, il leader della Casa Bianca ha dichiarato: "Se la Corea del Nord continuerà con l'escalation della minaccia nucleare, la risposta americana sarà fuoco e furia, come il mondo non ha mai visto”.
La frase sembra però sia stata totalmente improvvisata dal presidente americano e nessuno dei suoi più stretti collaboratori sapevano che l’avrebbe pronunciata secondo quanto scrive il New York Times che aggiunge, citando fonti anonime ma che sembrano interne alla Casa Bianca, come nella scaletta degli argomenti che il presidente avrebbe toccato nel corso della sua chiacchierata con la stampa la questione nordcoreana non sarebbe stata neppure menzionata.
Possibile quindi che sia il presidente a voler cavalcare la tigre dell’escalation militare con i nordcoreani, forse per togliere visibilità ai suoi problemi interni legati al tentativo di impeachment? Possibile ma certo le parole di Trump hanno allarmato tutti i Paesi dell'Asia, mentre il segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, ha cercato di rassicurare gli americani assicurando che “possono dormire sonni tranquilli".
A esacerbare i toni contribuisce anche la notizia di fonte militare nordcoreana che Kim starebbe considerando un piano per colpire il territorio statunitense di Guam, isola del Pacifico che è soprattutto una munitissima base aerea e navale da cui decollano i bombardieri B-1B che sempre più spesso fanno valere la loro presenza ai limiti dello spazio aereo nordcoreano. L'isola è a tiro di diversi tipi di missili balistici nordcoreani, ha una superficie di poco più di 540 km quadrati (poco più del doppio dell'isola d'Elba) e ha circa 160 mila abitanti più 6 mila militari USA che potrebbero raddoppiare se si procederà con la riduzione delle forze dislocate nella base giapponese di Okinawa.
Nel sud dell’isola c'è una base navale che ospita quattro sottomarini nucleari e uno squadrone di elicotteri. Nel nord c'è la base aerea di Andersen, che ospita bombardieri B-1B e B-52 con centri logistici, di comando e controllo e un sistema di difesa antimissile THAAD come quello in fase di dispiegamento in Corea del Sud. A completare il quadro preoccupante vanno inserite le continue esercitazioni congiunte di forze USA (che a Seul schierano 28 mila militari) e le manovre aeronavali cinesi conclusesi ieri con il lancio di una decina di missili come ha annunciato il ministero della Difesa di Pechino.
Queste esercitazioni su vasta scala si sono svolte con l’impiego di decine di navi e una decina di aerei nel Golfo di Bohai e nel Mar Giallo, fra la costa orientale della Cina e la penisola coreana, ha precisato un comunicato che non spiega però se le manovre intendessero intimidire Pyongyang o bilanciare la crescente presenza navale statunitense in quelle acque dopo l’arrivo della portaerei Ronald Reagan e della sua scorta nella base giapponese di Yokosuka.