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ISLAM E AMBIENTALISMO

Cop29: i Talebani bussano quattrini per la crisi climatica afgana

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I Talebani al potere in Afghanistan sono stati ammessi per la prima volta a una conferenza internazionale dell'Onu, la Cop29. Per aiutare il paese poverissimo a sopportare eventi estremi sono previste erogazioni di decine di milioni. Ma i Talebani consolideranno il loro potere.

Esteri 21_11_2024
Parata dei Talebani a Kabul (La Presse)

Alla Conferenza internazionale sul clima, la Cop29 a Baku, si discute soprattutto di soldi: quanto dare ai paesi in via di sviluppo perché completino programmi di lotta al cambiamento climatico, sia di mitigazione (riduzione e assorbimento dei gas serra), sia di adattamento (opere pubbliche per proteggere la popolazione agli eventi estremi). Proprio in questi giorni, le delegazioni stanno discutendo sull’eventuale sblocco degli aiuti climatici per l’Afghanistan, paese particolarmente esposto sia alla siccità che alle alluvioni. Da tre anni non riceve un centesimo e, oltre al terremoto, la sua economia, prevalentemente agricola e una delle più povere del mondo, ha subito danni immensi a causa degli eventi atmosferici. C’è un “piccolo” problema: i Talebani. Perché sono loro al potere in Afghanistan dal 2021 ed è a causa della loro presa del potere che i fondi, anche per il clima, sono stati sinora congelati.

Ad ospitare la Cop29 è l’Azerbaigian, un paese quanto meno controverso (rispetto agli scopi della Conferenza stessa) considerando che vive soprattutto di esportazioni di gas e petrolio. Nel discorso di apertura della Conferenza, Ilham Aliyev, il presidente azero, oltre a definire le sue risorse fossili “un dono di Allah” ha anche tenuto a togliersi alcune soddisfazioni, ad esempio accusando la Francia di massacrare i suoi cittadini nella Nuova Caledonia. Lo ha fatto soprattutto per rispondere all’attivismo diplomatico francese in difesa dell’Armenia (minacciata dall’Azerbaigian, anche dopo l’annessione del Nagorno Karabakh). Anche l’invito a una delegazione di Talebani a Baku è partito da Aliyev, nove mesi dopo aver riaperto l’ambasciata azera a Kabul.

Dopo la conquista militare del potere, il 15 agosto 2021, il regime talebano non è stato riconosciuto ufficialmente dall’Onu. L’Azerbaigian è uno dei pochissimi Stati che hanno normali relazioni diplomatiche con il nuovo regime islamico, ma all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il seggio è ancora occupato da un esponente del regime repubblicano, rovesciato tre anni fa. E la stragrande maggioranza dei paesi riconosce ancora quel governo, non l’attuale. Per superare questa non banale difficoltà diplomatica, l’Azerbaigian ha invitato i Talebani nella veste di “osservatori”. Non avranno dunque alcun potere decisionale, però potranno tenere incontri bilaterali e partecipare a “discussioni laterali”, secondo quanto dichiarato a Reuters da una fonte diplomatica.

Non sono poche le voci a sostegno di questa decisione. L’argomento principale è che l’Afghanistan vada comunque aiutato, a prescindere dal governo in carica e dalla sua legittimità. Dick Trenchard, direttore per l’Afghanistan della Fao (l’agenzia alimentare dell’Onu) afferma: «Non ci sono scettici climatici in Afghanistan. Potete vedere direttamente l’impatto del cambiamento climatico e i suoi effetti sull’ambiente ovunque si vada (nel paese, ndr)». La Fao intende finanziare gli afgani con un pacchetto da 10 milioni di dollari per il miglioramento della gestione dei pascoli, delle foreste e dei bacini idrografici in quattro province, pur evitando di dare denaro direttamente alle autorità talebane. Come farlo, considerando che i Talebani hanno il potere assoluto? Non è facile. Il Fondo Mondiale per l’Ambiente sarebbe pronto a fornire circa 19 milioni di dollari, parte del meccanismo di aiuti climatici deciso con gli Accordi di Parigi del 2015. E il Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite sarebbe pronto a fornire a Kabul altri 8,9 milioni di dollari a favore delle comunità rurali più affette dai fenomeni atmosferici estremi.

A parte la difficoltà di controllare come tutti quei milioni verrebbero impiegati, in un paese totalitario in cui è difficile anche entrare, il punto è che i Talebani possono usare l’occasione diplomatica offerta da Baku per consolidare ulteriormente la loro presa sulla popolazione. Con i fondi statali congelati, dopo la loro conquista del potere, hanno cercato investitoti pubblici (soprattutto Pakistan e Cina) e privati per continuare a sopravvivere come regime. Gli ottimisti, in Occidente, erano convinti che il loro bisogno di aiuti esteri li avrebbe indotti a moderare la loro politica, a cedere, almeno, sulla repressione delle donne.

Al contrario, questi aiuti, se erogati, verrebbero concessi a Kabul proprio nel momento in cui il regime accelera sulla repressione. Il nuovo codice delle regole religiose emesso lo scorso agosto, ribadisce i divieti già introdotti per le donne: divieto di uscire di casa non accompagnate da un maschio di famiglia, divieto di frequentare la scuola dopo i 12 anni e di lavorare (a meno che la donna non lavorasse già come operatrice sanitaria o maestra elementare, gli unici due mestieri consentiti), divieto di uscire in pubblico senza burqa, di recarsi a un salone di bellezza, di frequentare altre donne in un giardino pubblico, di cantare (anche in casa propria) e persino di parlare in pubblico. Anche se stanno zitte, alle donne viene vietato di guardare i maschi che non siano i loro mariti o membri della loro famiglia. Non che gli uomini siano più liberi: vietato portare pantaloni corti (dal ginocchio in su), giocare d’azzardo, commettere adulterio, pubblicare qualunque contenuto che sia “contrario alla legge coranica e alla religione”, vietato riprodurre immagini “di qualsiasi essere vivente”.

Ebbene, è a questo regime che verrebbero affidati gli aiuti internazionali.