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LIBERTA' RELIGIOSA

Conversioni forzate, le schiave cristiane dell'islam

Egitto, Pakistan, Nigeria. Si moltiplicano i casi delle conversioni forzate di donne cristiane, rapite, ricattate, raggirate. Nell'Egitto post-rivoluzionario i casi sono triplicati, in Pakistan sono raddoppiati. Violenze sistematiche i n Nigeria.

Libertà religiosa 29_03_2014
Manifestazione di copti in Egitto

Aumentano i rapimenti e le conversioni forzate delle donne cristiane. Negli ultimi due anni in Pakistan il numero delle giovani cristiane costrette a convertirsi e a contrarre matrimonio islamico è più che raddoppiato e dall’inizio della primavera araba in Egitto i casi sono più che triplicati.

Non mancano episodi anche in Nigeria, dove esponenti della setta islamica Boko Haram hanno apertamente dichiarato di considerare la conversione forzata delle donne parte di un progetto teso ad eliminare la presenza cristiana, quantomeno dal Nord del paese. Da diversi mesi media locali ed internazionali riferiscono di ragazze cristiane – appena maggiorenni o addirittura minorenni - rapite e obbligate ad abbracciare la fede islamica per evitare un’esecuzione sommaria da parte dei cosiddetti “talebani africani”. Coloro che si sono salvate raccontano d'essere state catturate e tenute prigioniere in case di emiri o imam aderenti alla setta, oppure di aver vissuto nei nascondigli dei terroristi. Sono state costrette a convertirsi con una pistola puntata alla tempia o con la lama di un coltello premuta sulla gola. In molte hanno subito violenze sessuali e hanno dovuto sposare gli estremisti che le tenevano prigioniere. Hajja, 19 anni dello stato di Borno, è riuscita a fuggire prima d’essere obbligata a unirsi in matrimonio con uno dei suoi carcerieri. Per sfuggire alla morte si è convertita all’islam, ha indossato il velo, ha letto il corano e per tre mesi è stata trattata come una schiava, assistendo alle barbarie commesse dai fondamentalisti. Molte delle ragazze sono state usate come esca per attirare i soldati nigeriani, poi barbaramente uccisi davanti ai loro occhi. Traumatizzate, alcune delle vittime hanno preferito togliersi la vita.

Stessa sorte è toccata a molte ragazze cristiane in Egitto. Qui, in seguito alla rivoluzione del 2011, è triplicato il numero di donne copte rapite e costrette a contrarre matrimonio islamico. È impossibile ottenere stime esatte - spesso le vittime e le loro famiglie preferiscono non denunciare l’accaduto – ma per alcune associazioni sarebbero circa 550 i casi di sequestro verificatisi tra il 2011 ed il 2013. Secondo l’AVAED (Association of Victims of Abduction and Enforced Marriage) alcune ragazze non sono state rapite con la forza, bensì ingannate da coetanei musulmani che hanno ottenuto la loro fiducia fingendo di essersi innamorati o di volersi perfino convertire al cristianesimo. Quando le giovani hanno capito di essere state raggirate era ormai troppo tardi. Il ripetersi del medesimo schema lascia pensare che dietro ai singoli sequestri vi sia un’organizzazione capillare.

Stupri di massa, torture fisiche e psicologiche. È questo il calvario di tante ragazze perlopiù giovanissime. Come Amira, 15 anni, rapita appena un mese fa davanti alla Chiesa di San Giorgio a Luxor. La sua famiglia – ha dichiarato lo zio all’International Christian Concern – conosce perfettamente il nome del suo sequestratore. Non è raro che i familiari sappiano chi ha rapito le loro figlie, ma quando si rivolgono alla polizia il più delle volte non ottengono l’aiuto sperato. Sebbene in Egitto le unioni e la conversione di minori effettuati senza il consenso dei genitori siano illegali, di fronte ad un certificato di matrimonio islamico diversi giudici e poliziotti preferiscono non contraddire l’autorità religiosa.

Alcuni leader islamici ritengono lecito il matrimonio di una minorenne e per dimostrarne la legittimità si rifanno alle nozze tra il profeta Maometto e Aisha, avvenute quando la “madre dei credenti” aveva appena sei anni e consumate soltanto tre anni più tardi. Si tratta ovviamente di fanatici, ma la loro indulgenza ha pesanti conseguenze sul numero dei rapimenti e delle unioni forzate, nonché sulla possibilità delle vittime di riacquistare la loro libertà e ottenere giustizia.

In Pakistan il Consiglio dell’Ideologia islamica, organismo incaricato di consigliare il governo in merito alle questioni religiose, ha recentemente definito “non-islamiche” le leggi che vietano il matrimonio prima di una certa età. Qui il fenomeno dei rapimenti e le conversioni forzate di giovani non musulmane è largamente diffuso e non accenna a diminuire. Se fino al 2011 si parlava di circa 700 cristiane sequestrate ogni anno, secondo le associazioni locali che sostengono le vittime, da allora il numero di casi sarebbe quantomeno raddoppiato. E con la morte di Shahbaz Bhatti, il ministro per le minoranze ucciso il 2 marzo 2011, la lotta contro questa terribile piaga ha perso uno dei suoi paladini. Il futuro che attende queste adolescenti, in molti casi perfino bambine, è una vita di schiavitù: una non musulmana convertita non può che essere la terza o la quarta moglie. Un episodio recente è quello di Nadeem, appena 16 anni, rapita e obbligata a sposare un ricco proprietario terriero. Non appena i genitori ne hanno chiesto la liberazione, un locale leader islamico ha prontamente difeso il rapitore: «sequestrare e convertire forzatamente i non musulmani non è reato».