Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico
A 50 ANNI DALLA LEGGE SUL DIVORZIO

Contratti di co-genitorialità: i figli diventano una proprietà

Sono delle formule di multiproprietà in aumento il cui bene al centro è un figlio, avuto, grazie ad un sito, con persone disposte a crescerlo separatamente al 50 e 50 per cento. Ci sono studiosi che vedono questa follia come una forma stabile di accordo che garantisce rispetto senza troppi sentimenti pericolosi. Ma la realtà è tutta un'altra cosa.

Famiglia 04_12_2020

"Genitorialità platonica", è così che il The Guardian ha definito quella che è una nuova forma del “figlio a tutti costi” ma in maniera naturale. In questo caso si tratta di ottenere un bambino anche se non si ha un partner ma pretendendo nello stesso tempo che ci sia una persona con cui condividere le responsabilità della sua crescita. Così, per esempio, se sei una donna single e vorresti avere un bambino con un uomo con cui non vuoi avere una relazione sentimentale puoi decidere di stipulare un contratto con chi ritieni quantomeno affine per farci un figlio. In sintesi, non si mette al mondo un bambino in seguito ad una scappatella, ma si architetta legalmente l'errore.

Ovviamente il giornale inglese non giudica discutibile una scelta simile, considerata normale dopo anni dalla legge sul divorzio, in cui spesso i figli vengono divisi a metà, e nell’era del narcisismo adulto messo a norma, per cui si possono fabbricare esseri umani con gameti di sconosciuti o con madri surrogate a cui poi strappare i pargoli pur di averli. Dimenticando che al centro della vita di una famiglia non vanno messi i bisogni degli adulti ma quelli dei piccoli.

Il The Guardian invece spiega che Jenica Anderson, 38 anni, e Stephan DuVal, 37, volevano solo avere un figlio che si sentisse amato da una mamma e un papà, non importa se mamma e papà non si fossero amati affatto. Dello stesso parere sono un numero crescente di persone, come spiega la professoressa Susan Golombok, direttrice del centro di ricerche sulla famiglia dell’università di Cambridge, che segue con il suo team ben 50 persone che crescono i figli in questo modo:“È stata una graduale presa di coscienza che si trattava di un nuovo fenomeno che stava prendendo piede. La domanda principale per noi è come si sviluppa questo tipo di relazione tra genitori...e con il bambino? Il tasso di interruzione della relazione è più alto o più basso? I primi risultati suggeriscono che il modo in cui i genitori comunicano tra loro e collaborano alla cura dei bambini sembra fare una grande differenza".

Insomma, i dati dimostrano l’ovvio, per cui Golombok ammette che il modo con cui i genitori si relazionano fra loro ha un impatto sui figli, ma poi si affretta a non escludere che l’assenza “di una relazione romantica potrebbe rendere l’ambiente (del bambini, ndr) più stabile”, nonostante l’affermazione sia tutta da dimostrare. In ogni caso i ricercatori non menzionano nemmeno l’ideale, ossia che il meglio per un bambino è crescere imparando ad amare attraverso l’amore reciproco di mamma e papà, attraverso la capacità di accogliersi nella diversità e per sempre nonostante i limiti e i dissapori. 

Ma cosa accade davvero quando anziché nascere da un atto d’amore fra due persone i figli crescono con due persone che vanno abbastanza d’accordo e che pretendono che il piccolo viva a metà con la madre e metà con il padre? I ricercatori non lo dicono, anche se è chiaro che in questi casi tutto l’investimento affettivo anziché sul partner si sposta sui figli.

DuVal spiega, ad esempio, che “volevo che un bambino desse alla vita più significato”. Oliver, 40 anni, si è invece iscritto a The Stork, un sito con sede a Londra che è stato responsabile della nascita di 15 bambini in cinque anni: “Tanti dei miei amici hanno avuto figli e sono finiti con divorzi disastrosi...Ho pensato che sarebbe stato meglio andare d'accordo con qualcuno...e avere un bambino senza perdere tempo". Non credendo alla possibilità del "per sempre" l’uomo ha quindi scelto di dar vita ad un figlio che non conoscesse la gratuità, ma solo una sorta di rispetto (molto strumentale “ti uso al fine di...”) fra mamma e papà. Kate, 29 anni, ha partorito il suo bambino e spiega che “nostro figlio non vede mamma e papà baciarsi e coccolarsi nella stessa casa ma vede che lui è voluto e amato, molto da entrambi”. Ammettendo così di investire il figlio della responsabilità di soddisfare il bisogno di amore dei genitori e delle loro famiglie. A provarlo è anche il team di Golombok che ha sottolineato che la motivazione principale nel cercare un co-genitore non è solo quella che il piccolo conosca i genitori ma anche la preoccupazione di condividere il costo finanziario della genitorialità.

Ergo, al centro c'è sempre l'adulto con l’idea che pur di avere un figlio è meglio stipulare un contratto di comprorpietà, come si fa con gli oggetti o le società che si ritengono impossibili da gestire da soli. In molti casi le parti pensano anche che il contratto possa risolvere a priori il rischio di una frattura che porterebbe ad una battaglia legale. Peccato che siccome di relazioni umane si tratta non è detto che vada così.

Amy, 37 anni, ha partorito sei anni fa la figlia Emma, tramite un contratto di co-genitorialità: “Avrei potuto pagare 500 dollari alla banca dello sperma ma ero sicura che avrei potuto averlo (un figlio, ndr) anche gratis...certo ho dovuto ubriacarmi un po’ per farlo...ero come una donna in missione...ma non lo rifarei. In realtà non volevo davvero fare sesso con lui, nemmeno per un figlio”, ammette Amy che ha stipulato il contratto al 50 e 50 per cento di multiproprietà del prodotto. E anche se all’inizio “avevamo i nostri appuntamenti sociali e professionali e lei (la bambina, ndr) aveva due famiglie che la amavano...fare sesso per concepire ci ha confusi”. L’uomo infatti si innamorò di lei che lo rifiutò, di qui l’inizio della battaglia legale per una piena custodia della piccola. 

Certo oggi Amy si pente per aver messo al mondo una figlia che ora assiste alla guerra fra due genitori che non si sono mai amati e che doveva fare contenti, ma certamente non si colpevolizza di averla voluta nonostante le circostanze lo impedissero. Tanto che oggi rimpiange di non aver scelto l'inseminazione: “Mi chiedo se davvero sentivo che mia figlia aveva bisogno di un padre o se fosse una pressione sociale”. E "se qualcuno chiedesse ora: 'Dovrei essere co-genitore?', Io direi 'Assolutamente no...Ho una figlia meravigliosa, intelligente ed empatica, ma è molto simile a un divorzio'".

È impossibile calcolare quanti bambini siano nati in questo modo; i maggiori siti web parlano di circa 1.000 nascite ciascuno. Modamily, uno di questi, fa pagare agli iscritti 29,99 dollari al mese per una lista di caratteristiche del co-genitore che vorrebbero. Ci sono poi servizi su misura in cui si valuta le potenziali corrispondenze in modo più accurato che va dai 2.000-10.000 dollari. Perché dove c'è un prodotto c'è sempre un costo.