Conte e Mentana si affrontano con monologhi. Non era il caso
Giuseppe Conte ed Enrico Mentana si sfidano a distanza, dopo il discorso divisivo del premier. Mentana dichiara che non l'avrebbe mandato in onda, Conte si sente censurato e risponde con un comunicato, Mentana replica: "non siamo in Venezuela". Ed è rissa, nel momento in cui il Paese soffre e dovrebbe essere più unito che mai.
Ognuno si sarà fatto un’opinione sulle ragioni e i torti nello scontro tra il premier Giuseppe Conte e il direttore del Tg di La7, Enrico Mentana, e qualsivoglia punto di vista su quanto accaduto merita rispetto. Tutti però concorderanno su un punto. In una fase così critica come quella che stiamo vivendo, l’ultima cosa di cui ha bisogno l’Italia sono le polemiche sulla libertà d’informazione e sul rapporto tra politica e giornalismo.
Peraltro si è trattato di una polemica a colpi di monologhi, non di un vero e proprio contraddittorio, il che ha finito per suscitare le inevitabili reazioni delle opposte tifoserie, in un momento in cui le uniche due priorità di tutti gli italiani, governanti e giornalisti compresi, dovrebbero essere la tutela della salute e la tenuta del sistema Paese in tutte le sue articolazioni. Si ricorderà che nella conferenza stampa di venerdì 10 aprile il premier aveva attaccato le opposizioni, facendo nomi e cognomi (Giorgia Meloni e Matteo Salvini), accusandole di irresponsabilità nel diffondere fake news sul Mes, il fondo europeo salva-Stati. Le parole di Giuseppe Conte hanno mandato su tutte le furie Enrico Mentana, che ha parlato di un suo comportamento non democratico per il fatto di aver utilizzato un momento di comunicazione istituzionale trasmesso sulla Tv pubblica “a reti unificate” per fare polemica politica.
Il giorno di Pasquetta Palazzo Chigi è uscito con un comunicato per replicare al direttore del Tg di La7 (sia pure senza nominarlo) e per sostenere che non c’era stato alcun utilizzo strumentale della conferenza stampa a reti unificate, semplicemente perché «non c’erano reti unificate» e ciascuna testata aveva deciso liberamente di trasmettere o non trasmettere quell’appuntamento. Nel comunicato la Presidenza del Consiglio è andata giù pesante: alcuni giornalisti «sono anche liberi di sostenere la singolare opinione secondo cui il presidente del Consiglio non dovrebbe smentire fake news e calunnie nel corso di una conferenza stampa rivolta al Paese». Conte in conferenza stampa avrebbe solo «smentito vere e proprie fake news che rischiavano di alimentare divisioni nel Paese e di danneggiarlo». Il riferimento è alle parole pronunciate dai due leader dell’opposizione a proposito di un presunto accordo al ribasso firmato dal Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, con i partner europei, in materia di Mes.
L’altra sera Enrico Mentana non ha lasciato cadere la cosa, anzi ha nuovamente reagito con un monologo di alcuni minuti, pronunciato nel corso dell’edizione serale del suo telegiornale. «Dirigo telegiornali da 28 anni –ha esordito - non ho mai censurato nessuno. Il presidente del Consiglio ha tutto il diritto di rivolgersi al Paese, ha gli strumenti per farlo. Ma se in questi giorni ha usato la risorsa della diretta così spesso è perché siamo alle prese con un'emergenza grave. Credo che sia giusto ascoltare tutte le volte che ci sono notizie di provvedimenti da parte di chi sta guidando il nostro Paese, ed è il premier Conte. Ma non, per favore, le polemiche politiche. Con un evidente rapporto di forza e mediatico nei confronti delle opposizioni. E in generale: perché polemiche politiche in questa fase? …non può essere data, se non per Chavez, in Venezuela, dove è successo, la possibilità a un capo del governo di intervenire su quel che vuole, quando vuole. Questa evidentemente non è democrazia. E la democrazia è diversa da tutti gli altri sistemi. Perché ha l’opposizione, e chiunque governi se la deve coltivare gelosamente. Perché serve da elemento di equilibrio, e di pungolo, e quando sbaglia rafforza chi governa».
L’attacco al fulmicotone di Mentana ha scatenato le proteste vibranti di molti sostenitori grillini, che hanno minacciato di non seguire più il suo telegiornale, e ha risvegliato le polemiche tra partiti, a seguito del riequilibrio degli spazi televisivi deciso dai vertici Rai, i quali hanno poi fatto aprire le edizioni dei telegiornali del giorno dopo a Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Alcune considerazioni di buon senso. Conte ha sicuramente sbagliato ad attaccare frontalmente le opposizioni con nome e cognome, sia pure in risposta a una domanda rivoltagli da un giornalista. Avrebbe dovuto volare alto e richiamare al dialogo tutte le forze politiche, sulla falsariga di quanto continua a ripetere da settimane il Capo dello Stato. In questa fase emergenziale, il premier gode già di una sovraesposizione mediatica innegabile e quindi deve stare attento a non strafare e a non calpestare i diritti delle opposizioni. Queste ultime, dal canto loro, non sono neppure unite. Si percepisce sempre più nitidamente il distinguo tra le tre forze politiche di centro-destra: Meloni esclude ogni governo di solidarietà nazionale, Salvini invoca Mario Draghi pur di sbarazzarsi di Conte, mentre Silvio Berlusconi continua a dichiarare che bisogna sostenere chi governa ora, lasciando intendere che, in caso di necessità, non farebbe mancare i suoi voti in Senato all’attuale esecutivo. Peraltro in molti hanno fatto sommessamente notare che, se al posto di Conte a Palazzo Chigi ci fosse stato il Cavaliere, ben altra sarebbe stata la reazione dei “giornaloni” e delle principali testate radiotelevisive di fronte a un utilizzo sfrontato di uno spazio di comunicazione istituzionale per finalità di lotta politica. Invece, Mentana a parte, pochi altri giornalisti hanno sottolineato la forzatura compiuta dal premier.
Mentana, però, ha troppo personalizzato la sua sfida a Conte, visto che lo aveva già attaccato per i troppi monologhi e per alcuni errori commessi durante l’emergenza. La neutralità resta la cifra distintiva del buon giornalista che rispetta la sua deontologia professionale e non si lascia trascinare sul terreno della polemica politica. L’equilibrio è indubbiamente andato perduto. Ci vorrebbe più sobrietà, sia nella politica che nel giornalismo. Il Paese è davvero a un bivio e la solidarietà nazionale non dovrebbe essere soltanto una formula di governo ma un valore comune di tutti i cittadini.