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DISASTRO ECONOMICO

Conte accontenta i sindacati. E le aziende falliranno in massa

Le proteste si moltiplicano. Le aziende sono colpite dalla seconda ondata di misure restrittive che ne impediscono la ripartenza. Unica misura del governo Conte: prolungare a marzo il divieto di licenziare, per accontentare i sindacati. E poi?

Politica 01_11_2020
Conte in videoconferenza con i sindacati

Mentre la psicosi dilaga e molti non escono più di casa per paura del contagio, anche le attività economiche rimaste aperte rischiano di chiudere spontaneamente per mancanza di clienti. E’ il caso di molti ristoranti che, aprendo solo a pranzo, rimangono di fatto vuoti. E’ il caso di tanti centri commerciali, che facevano il pieno soprattutto durante il week-end e ora devono rimanere chiusi di sabato e di domenica.

La situazione è esplosiva e le proteste pacifiche si moltiplicano in tutte le città. Il decreto ristori evidentemente non è riuscito in alcun modo a placarle e solo il lockdown potrà temporaneamente congelarle. Nel frattempo il governo, anziché coinvolgere gli imprenditori e le forze produttive nella definizione di strategie incisive per evitare la paralisi economica, preferisce tenersi buoni i sindacati e prorogare fino a marzo compreso il divieto di licenziamenti, dimenticando peraltro che decine di migliaia di lavoratori devono ancora percepire da maggio la cassa integrazione.

Cgil, Cisl e Uil esultano ma da fine marzo che succederà? Semplice. Finalmente le imprese che saranno sopravvissute alla pandemia dovranno ristrutturare le proprie attività e licenziare centinaia di migliaia di lavoratori (le stime parlano di oltre un milione). E a quel punto come reagiranno le piazze? Per ora il premier non pensa a questo. Preferisce sperare negli aiuti europei e si augura che quei 209 miliardi promessi da Bruxelles sotto forma di Recovery Plan possano come per incanto rilanciare ogni settore produttivo del Paese e far sparire tutti i disoccupati.

Le cifre, però, dicono tutt’altro e lasciano presagire un crollo rovinoso dell’economia italiana, ancor più se dovesse esserci un nuovo devastante lockdown generalizzato. Anche soltanto un fermo prolungato delle aree metropolitane più importanti, si pensi a Milano, produrrebbe a cascata un rallentamento ulteriore della produzione di beni e servizi, visto che la Lombardia è la locomotiva del Paese.

La Fondazione studi Consulenti del lavoro ha elaborato una ricerca che documenta la perdita di 841mila posti di lavoro nel solo secondo trimestre dell’anno in corso. Di questi, 470mila (pari al 55,9%) erano occupati da donne, e moltissimi da giovani under 35, che ora si trovano a spasso e vedono compromesso il loro futuro.

Tra i settori più colpiti quello della ristorazione (158mila lavoratori in meno, pari a un calo del 13%), quello delle attività creative, artistiche e di intrattenimento (-6,6%) e quello dello sport (-7,4%). Riguardo a quest’ultimo, andrebbe smontato il luogo comune che lo ritiene il mondo degli atleti (in particolare calciatori) e degli allenatori superpagati, dimenticando che nello sport lavorano tante persone semplici e con stipendi normali, uguali a quelli di tanti altri settori produttivi.

La verità è che presto ci sarà bisogno di una nuova iniezione di liquidità per aiutare i lavoratori autonomi, che tra aprile e giugno hanno ricevuto il famoso bonus da 600 euro (alcuni l’hanno ricevuto doppio, e hanno anche ricevuto un ulteriore bonus da 1000 euro), ma che presto torneranno a battere cassa, in mancanza di fatture emesse e di incarichi ricevuti da potenziali clienti.

Perfino Elsa Fornero, ex ministro del governo Monti, chiamata a fine 2011 a scrivere una riforma delle pensioni per salvare l’Italia dal default, ora critica il governo Conte accusandolo di non avere una visione, un progetto per il Paese e soprattutto per le nuove generazioni. Ieri, in un’intervista al Quotidiano Nazionale, ha rimproverato all’esecutivo di accumulare debito che sarà comunque caricato sulle spalle delle giovani generazioni.

I giovani, già penalizzati dal punto di vista didattico a causa della chiusura delle scuole e delle università e dell’utilizzo massiccio della didattica a distanza, faranno molta fatica nei prossimi anni a prepararsi una strada e, non appena inizieranno a guadagnare, dovranno sopportare un carico fiscale ben superiore a quello degli ultimi anni, perché il debito pubblico esorbitante imporrà sacrifici e tagli continui alla spesa pubblica e ai servizi, con conseguente incremento delle tasse.

E speriamo non sia vera l’indiscrezione di una introduzione a breve di una patrimoniale, ipotesi ventilata da taluni, visto che gli italiani, a causa del lockdown e delle restrizioni patite durante il 2020, hanno speso meno e hanno accumulato molti risparmi. Sarebbe davvero la beffa per una popolazione stremata dai sacrifici e giustamente preoccupata per il futuro dell’Italia.