Contate fino a dieci prima di dar la colpa ai greci
Se i greci hanno votato "no" non significa che abbiano ragione. Significa che una eccellente propaganda, facendo leva sui loro sentimenti e difficoltà intrinseche, li ha convinti della opportunità di votare “no”. Una propaganda, probabilmente non europea, che punta ad alimentare la sfiducia nell'euro
Una serie di fatti logici lasciava immaginare che il referendum di domenica scorsa, adeguatamente orientato, sarebbe servito a sfiduciare un governo difficilmente integrabile in una Europa a guida franco-tedesca. La vittoria del “no”, auspicata dal governo in carica, lascia però anche il sospetto che questo “no” fosse il risultato auspicato anche da qualche altra parte del mondo.
Si deve anche essere prudenti nell’affermare che la Grecia si meriti la situazione in cui si trova, colpevolizzandola per le sue inadempienze. Se qualche esperto sapesse e volesse andare a ri-analizzare le conseguenze dello scoppio della crisi nel 2008 negli USA, scoprirebbe che il debito delle famiglie, che era aumentato negli ultimi dieci anni del 50% sul Pil (di fatto sostenendo per quasi un 80% la crescita dello stesso Pil nello stesso periodo) non sarebbe stato pagato e le banche sarebbero fallite. Scoprirebbe poi che per salvare le banche questo eccesso di debito venne nazionalizzato quasi raddoppiando il debito pubblico sul Pil. E poi questo eccesso di debito, per la parte non assorbita dalla Fed, venne collocato presso i paesi (Cina e altri) sottoscrittori di debito sovrano (quali Grecia, Italia, ecc..), disintermediandoli e facendo crescere il loro spread, grazie alle agenzie di rating . Alla scadenza dei prestiti obbligazionari di titoli di stato, ricollocarli costò ovviamente sempre di più. Ma questa ormai è storia che tutti vorrebbero dimenticare.
Ora il fatto che i greci nel referendum abbiano votato “no”, non significa che abbiano ragione. Significa che una eccellente propaganda, facendo leva sui loro sentimenti e difficoltà intrinseche, li ha convinti della opportunità di votare “no”. Le opportunità cui hanno creduto sono andate dalla sfiducia nell’euro, alla sfiducia nell’Europa, alla sfiducia nei vantaggi di trattativa prima del “no”, ecc. Se si facesse un vero sondaggio per conoscere la consapevolezza dei greci sui vantaggi o svantaggi di stare nell’euro, di stare in Europa e magari annettersi alla Turchia o alla Russia, rimarremmo probabilmente sorpresi.
Il “no” perciò, a queste condizioni, può insospettire. L’instabilità dell’attuale nuovo ordine mondiale economico e politico lascia immaginare scenari funesti e ipotetici, di destrutturazione dell’Europa, da scoraggiare con tutte le nostre forze.
Piuttosto al nuovo ministro dell’economia Tsakalotos sarebbe da consigliare, prima di iniziare una trattativa con Merkel e Hollande, di capire bene prima cosa pensano Obama e Putin.