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PARADOSSI

Consulenze gratis, autogol del ministero dell’Economia

Ha fatto discutere l’avviso pubblicato dal ministero dell’Economia e rivolto a personalità altamente qualificate per il conferimento «di incarichi di consulenza a titolo gratuito». Uno scivolone se si pensa che il bando riguarda uno dei dicasteri più importanti. C’è pure la violazione di un principio costituzionale, che prevede la giusta remunerazione del lavoratore.

Politica 18_03_2019

Per un governo che annuncia di aver sconfitto la povertà e che promette di combattere le ingiustizie sociali e, soprattutto, lo sfruttamento dei lavoratori, inteso come inadeguatezza dei salari rispetto alle prestazioni erogate, si tratta davvero di un autogol.

Sul sito del ministero dell’Economia, il 27 febbraio, è comparso un “avviso pubblico di manifestazione di interesse per il conferimento di incarichi di consulenza a titolo gratuito sul diritto - nazionale ed europeo - societario, bancario, dei mercati e intermediari finanziari”. In parole povere, la quarta direzione del Dipartimento del Tesoro cerca consulenti esperti in materia di diritto bancario, societario e dei mercati finanziari disposti a lavorare gratis. Ma quali requisiti dovrebbero avere per poter ambire a questo incarico gratuito? “Consolidata e qualificata esperienza accademica e/o professionale documentabile (almeno 5 anni), anche in ambito europeo o internazionale, negli ambiti tematici del diritto societario, bancario, pubblico dell’economia o dei mercati finanziari o dei principi contabili e bilanci societari; lingua inglese fluente”.

L’avviso è scaduto giovedì 14 ma le polemiche che ha già suscitato potrebbero portare il ministero di Giovanni Tria a cancellare il tutto e a non dare seguito alla selezione di profili coerenti con quella descrizione.

Analoga reazione di sdegno si era registrata un anno fa, quando il Comune di Sant’Antimo, in provincia di Napoli, aveva pubblicato un avviso di selezione per un capo ufficio stampa e quattro addetti stampa, escludendo qualsiasi retribuzione. In quell’occasione si sollevarono i vertici della categoria dei giornalisti, che parlarono apertamente di umiliante e vergognosa svalutazione della professione. Il bando del ministero è ancora più grave proprio perché riguarda uno dei dicasteri più importanti e una delle materie più delicate per le sorti di una nazione.

A nulla è servita la precisazione del Tesoro, secondo cui il bando di consulenza gratuita “è rivolto a personalità affermate”  e non è da considerarsi “un’opportunità di lavoro”. Il vicepremier nonché ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, ha preso la palla al balzo, visto il suo astio verso Tria e ha subito criticato l’iniziativa del bando: “Tutti devono essere pagati. Quindi credo che dovrebbe essere ritirato, lo dico come ministro del Lavoro, al di là del reddito di cittadinanza. Manderò una lettera a quel dirigente e chiederò di ritirarlo”. Ma nel frattempo, come detto, i termini del bando sono scaduti e si vedrà se la selezione avrà luogo e se effettivamente qualcuno accetterà di fare “volontariato” per il governo.

Quello che però appare più rilevante è la violazione di principio, che secondo alcuni presenta anche profili di incostituzionalità. L’articolo 36 della Costituzione è molto chiaro: “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro”. La gratuità, dunque, è contraria al valore della remunerazione di qualunque prestazione professionale, sancito nella nostra Carta fondamentale. Non può rappresentare un’attenuante il fatto che il ministero debba attenersi al decreto legge n.78 del 2010, che impone la valorizzazione delle risorse interne e limita fortemente le spese per consulenze.

In primo piano c’è anche un problema di dignità. Emiliana Alessandrucci, presidente del Colap (Coordinamento libere associazioni professionali), ha infatti definito il bando un attacco alla dignità dei professionisti. “Sono richieste professionalità altamente qualificate per un impegno di durata biennale con l’esclusione di ogni onere a carico dell’amministrazione. La tutela dei compensi è garantita già dall’articolo 36 della Costituzione. Ciò non bastasse, la legge di bilancio del 2018 ha introdotto una specifica norma che impone a clienti cosiddetti forti di corrispondere un compenso equo, commisurato alla quantità e alla qualità della prestazione offerta”.

Peraltro, un ministero così importante come quello dell’Economia non può decidere di selezionare professionisti ed esperti di chiara fama solo sulla base di un criterio economico, trascurando l’elemento della qualità. Il rischio dello scadimento dei servizi pubblici è elevatissimo perché appare assai probabile che ad accettare di lavorare gratis siano solo soggetti senza grande mercato o con secondi fini non dichiarabili. Dopo tutto è pur sempre un biglietto da visita quello di aver superato una selezione pubblica, sia pure per una consulenza non retribuita. Ciò, però, attiverebbe anche dei meccanismi di compensazione della prestazione, come quello di poter vantare, in una successiva selezione, il requisito di aver già lavorato per una pubblica amministrazione. Ma sono tutte congetture. Per ora rimane lo scivolone di un governo incline alla mortificazione delle professioni intellettuali.