Congela l'ovulo e salva la carriera Ti piace questo?
Rinunciare a diventar madri? Perché farlo quando si può benissimo “congelarne” la voglia e consegnarla sotto forma di ovociti ibernati all’apposita banca e poi, come cantava Lucio Dalla, telefonare tra vent’anni per andare a riprendersela? É l’Uovo di Colombo, o meglio, la Mela rosicchiata di Apple. E di Facebook.
Si sapeva che sarebbe finita così, si sapeva che una volta separato il sesso biologico da quello psico-sociale, come impone la mala educazione gender fin dalle scuole elementari, saremmo pure arrivati alla nuova macchina del tempo, ultima meraviglia, insieme all’ iPhone 5, dei nuovi schiavisti hi-tech della Silicon Valley californiana. Quella che divorzia il tempo biologico da quello professionale per soddisfare, nel modo più easy e progressista, tutti i desideri. Compreso quello di essere madri e donne in carriera: basta mettere nel posticipo pappe e bebè.
Rinunciare a diventar madri? Perché farlo quando si può benissimo “congelarne” la voglia e consegnarla sotto forma di ovociti ibernati all’apposita banca e poi, come cantava Lucio Dalla, telefonare tra vent’anni per andare a riprendersela? É l’Uovo di Colombo, o meglio la Mela rosicchiata di Apple, visto da dove arriva l’idea. La maternità ritardata: c’è da scommettere che presto sarà inserita nelle Dichiarazione dei diritti inalienabili di ogni cittadino: la maternità ritardata, crioconservata e a comando scongelata, come i bastoncini Findus.
Già, la natura matrigna se ne frega dei desideri e dei sogni delle donne: non le importa, anzi lo fa apposta, che la stagione del massimo profitto in carriera coincida con quella della massima fertilità. E non tutte possono permettersi una tata a tempo pieno, mentre mamma fa shopping o tiene botta agli azionisti in consiglio di amministrazione. O i figli o la carriera, niente et et, solo aut aut: il resto son balle o fantastorie buone per Vanity Fair. D’accordo, ma se non ora, quando? La risposta viene dal ghiaccio: “Freeze Your Eggs, Free Your Career” è il motto che qualche mese fa stava sulla copertina di Bloomberg Businessweek, rivista di economia e finanza con sede a New York. Detto e fatto: Apple e Facebook, le due aziende super social e super trendy, non hanno perso tempo e hanno annunciato che fra i benefit aziendali per i dipendenti, insieme ai buoni pasto e allo sconto sui Mac, metteranno anche gli ovociti on the rock. Una volta prelevati, congelati e custoditi in appositi contenitori refrigerati, gli ovuli mantengono intatte le rispettive proprietà e restano “giovani”, disponibili per essere scongelati, fecondati, e trasferiti nell’utero come embrioni.
Paga tutto il padrone: la società di Zuckerberg e quella di Cupertino hanno garantito alle signore dipendenti che copriranno le spese mediche per la congelazione degli ovuli e non è certo un costo da poco. Perché la cosa funzioni, infatti, gli esperti consigliano di congelare almeno 18-20 ovuli, per farlo servono due cicli di raccolta che costano dai 7 ai 12 mila dollari l’uno, poi occorrono altri 3-4 mila dollari l’anno per la conservazione in azoto liquido. In questa gara all’ovocita congelato, Facebook è senza dubbio la più generosa: la sua polizza prevede il rimborso fino a 20.000 dollari per le dipendenti che optano per questa soluzione. C’è da immaginare che pure Apple, a questo punto, alzerà la posta, perché, come molti hanno fatto notare, le aziende della Silicon Valley risparmiano su altri costi legati alle gravidanze, come i permessi-maternità, gli orari flessibili e part-time e gli asili nido. Molto più pratico ed economico il bebé postdatato che ha gli stessi vantaggi di un App: lo puoi scaricare quando vuoi. O prima che nasca con l’aborto (a questo hanno già provveduto l’Obamacare e gli illuminati giudici della Corte Suprema) oppure metti in freezer una manciata di embrioni e li torni a prendere quando vai in pensione. Perché questo è il pensiero che sta sotto il core business del “Think different” della Mela californiana o del “I Like” della grande presa per i fondelli di massa inventata da Zuckerberg.
Nessuno, però, ha ancora detto che cosa succederà alle donne in carriera da Apple e Facebook nel caso rifiutassero l’allettante offerta del rinvio della gravidanza: verranno messe alla porta, parcheggiate in un angolo a vantaggio di qualche collega maschio? Beh, non ci sarebbe certo da stupirsi dato che molte aziende della Silicon Valley sono organizzate e gestite, dal punto di vista dei diritti dei lavoratori, peggio di una miniera di diamanti sudafricana. Prendete la Apple, una multinazionale da 60 miliardi di dollari e del suo fondatore Steve Jobs, icona mondiale del pensiero liberal. Alla sua morte, si scatenò un’onda di ipocrisia mondiale un’overdose di stupidaggini spacciate per alternative e libertarie che hanno fatto dell’uomo più ricco e potente del mondo l’assurda icona del genio anti-sistema e a servizio del popolo. Jobs sta alla libertà dei folli come Wall Street alla Comune di Parigi. È stato un genio, sì, ma del marketing. Buddhista, spirituale, un figlio dei fiori che viaggiava col jet privato e veniva considerato dai suoi più stretti collaboratori come “un negriero e maniaco perfezionista”. All’inizio i computer della Apple erano assemblati negli Stati Uniti, mentre oggi sono prodotti nella Cina meridionale in condizioni di lavoro spaventose. Come la stragrande maggioranza delle aziende dell’industria elettronica, la Apple aggira le leggi sul lavoro subappaltando tutta la produzione a imprese come la Foxconn, tristemente nota per i suicidi nei suoi stabilimenti per i numerosi casi di maltrattamenti e per la tendenza a fare qualsiasi cosa pur di soddisfare gli alti standard di produzione fissati dai colossi del settore tecnologico come la Apple.
E adesso, l’ovocita congelato offerto come benefit e iscritto nello Statuto dei lavoratori (Renzi impara, questa è l’America, mica il tuo articolo 18). Se questo è il “pensare differente” degli illuminati profeti del futuro, beh c’è poco da stare allegri. “Siate folli”, diceva ai giovani la buonanima di Jobs prima di andarsene: missione compiuta, caro Steve. Basta alzare lo sguardo dal computer e dare un’occhiata al ”mondo nuovo” che è già qui. Quello delle provette, degli ovociti sotto ghiaccio e del melting pot degli spermatozoi, degli uteri in affitto come le case e dei bambini che per venire al mondo hanno solo da scegliere tra eterologa e omologa. Neppure certi, alla fine, che cresceranno con un padre e una madre perché di famiglia oggi non ce n’è una sola e maschio e femmina si nasce, ma non è detto che lo si resti anche dopo. In pensione a 65 anni e un pupo in arrivo: ecco la “gender generation” che Apple e Facebook stanno preparando, ma è una cosa è certa: non avranno mai la nostra amicizia.