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LA DECISIONE

Confessioni lecite, la mossa che spiazza i lefevriani

La decisione di rendere perfettamente valida e lecita l'assoluzione sacramentale amministrata dai sacerdoti della Fraternità San Pio X esprime la volontà di arrivare a una soluzione pragmatica con i seguaci di monsignor Lefebvre. Che però sono divisi su un eventuale accordo con papa Francesco.

Ecclesia 22_11_2016
Econe

Confessarsi dai sacerdoti della Fraternità S. Pio X, la comunità sacerdotale fondata nel 1970 da monsignor Marcel Lefebvre, non darà più problemi di validità e liceità dell'assoluzione sacramentale. Così ha stabilito papa Francesco nella sua lettera apostolica Misericordia et miseria, presentata ieri a conclusione dell'anno giubilare. 

Questa è una delle principali novità del documento, un aspetto interessante soprattutto nelle logiche dei rapporti tra la Fraternità e il Vaticano, rapporti ad elastico che vanno avanti da oltre 40 anni. Mons. Lefebvre dopo il Concilio ebbe la volontà di non allinearsi con la Chiesa conciliare, opponendosi soprattutto alla riforma liturgica e, più in generale, a quella che riteneva una diffusa corruzione delle idee, della disciplina e delle istituzioni. La sua posizione lo condusse fino alla scomunica al momento della ordinazione di quattro vescovi nel 1988.

Benedetto XVI, nel  2009, revocò la scomunica in cui i quattro vescovi erano incorsi per il semplice fatto di essere stati ordinati senza l'approvazione del Vaticano, e diede vita ad una serie di dialoghi dottrinali con la Fraternità per tentare una piena riconciliazione in seno alla Chiesa. Quell'accordo non arrivò mai, perché alla fine la Fraternità ritenne di non poter firmare l'accordo dottrinale che gli era stato proposto. 

La Fraternità S. Pio X non ha una posizione canonica nella Chiesa, scriveva Benedetto XVI nella lettera ai vescovi a seguito delle polemiche suscitate dalla rimozione della scomunica, e finché «non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa». 

Ma Francesco sembra procedere in modo diverso rispetto a Ratzinger. Il papa argentino, ritenuto agli antipodi delle posizioni teologiche della Fraternità, ha tentato una via all'accordo decisamente più pragmatica: senza troppe questioni dottrinali e offrendo concretamente la possibilità di una prelatura simile a quella dell'Opus Dei. Ma le resistenze all'interno della Fraternità sono importanti. 

Con questa decisione il Papa sembra andare oltre anche alla questione canonica. La Chiesa, infatti, per la validità della confessione richiede la liceità, ossia i sacerdoti devono avere il mandato. Secondo il canone 969 del codice questo mandato viene normalmente conferito dall'Ordinario del luogo, ma la Fraternità al momento non è un ordinariato, né una prelatura, né hanno una diocesi. Si crea così una situazione anomala, che non può che essere in vista di qualcosa di più, sebbene la motivazione indicata dal Papa appaia squisitamente di carattere pastorale: «Per il bene pastorale di questi fedeli», ha scritto. Che ora si vedono assicurata dalla Chiesa la “validità” delle assoluzioni ricevute nel sacramento amministrato dai sacerdoti della S. Pio X. 

D'altra parte la decisione del Papa sembra indicare ancora una volta la volontà di arrivare ad una soluzione pragmatica della situazione. Difficile però pensare che si possa arrivare a breve alla prelatura; la situazione, dicono, è di stallo; con la Fraternità che teme spaccature interne importanti nel caso si vada all'accordo con Francesco.