Conferenze episcopali europee, 50 anni di sfide
Il Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE) fu creato da Paolo VI per fare fronte alla scristianizzazione dell'Europa. Un libro di Andrea Gagliarducci ne ricostruisce l'attività attraverso le difficili sfide che ha dovuto affrontare.
Il primo settembre 1939 Hitler invade la Polonia. È l’inizio della seconda guerra mondiale.
Per ricordare l’immane sciagura, 50 anni dopo, il 27 agosto 1989, il primo papa slavo della storia, Karol Woytjla, indirizza una lettera apostolica praticamente a tutti: vescovi, religiosi, fedeli, governanti, uomini di buona volontà. Giovanni Paolo II non era un tipo clericale.
Lettera drammatica, bellissima, che mette l’uomo di fronte alle scelte che è chiamato a compiere: con Dio e, quindi, con l’uomo creato a Sua immagine, o con Satana contro l’uomo. Il papa si interroga così: “Abbiamo or ora ricordato una delle guerre più omicide della storia, nata in un continente di tradizione cristiana. Una tale constatazione non può che incitarci ad un esame di coscienza sulla qualità dell'evangelizzazione dell'Europa. La caduta dei valori cristiani, che ha favorito gli errori di ieri, deve renderci vigili circa la modalità con cui oggi il Vangelo è annunciato e vissuto”.
Giovanni Paolo II non poteva essere più chiaro: l’orrore nazista e comunista è scoppiato in un continente cristiano forgiato da secoli di evangelizzazione paziente ed eroica. Evangelizzazione che però, a un certo punto, ha smesso di incidere nel tessuto vivo delle nazioni. Di fronte alla perdita delle radici vitali della fede, papa Woytjla indicava la necessità di tornare alla radicalità ed efficacia del “primissimo modello apostolico”.
Il problema di far fronte alla scristianizzazione dell’Europa era già avvertito da Paolo VI che, per rafforzare le radici cristiane del continente, aveva ideato il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE). Lo aveva fatto nell’intento di “rafforzare i legami tra i diversi Episcopati per confrontare esperienze e analisi, sfide e prospettive pastorali”, così scrive Angelo Bagnasco nella presentazione del libro del vaticanista Andrea Gagliarducci: “Cristo speranza dell’Europa \ 50 anni della Chiesa europea tra passato e futuro” (Città Nuova, 157 pp., 16,90 €).
Gagliarducci firma un libro ben scritto, ricco di citazioni e scrupolosamente documentato, in cui riscostruisce nel dettaglio la trama dei cinquant’anni di vita del Consiglio con tutti i problemi, anche drammatici, che nel corso del tempo i vescovi sono stati chiamati ad affrontare: non solo le sfide derivanti da quelli che Giovanni Paolo chiamava i “due polmoni dell’Europa” (est-ovest), ma anche quelle nord-sud (immigrazione), per non parlare della generale fragilità del tessuto religioso del continente, incisivamente espressa dal cardinale croato Bozanic ́: “Ricordo la messa finale della plenaria del CCEE a Bruxelles, nel 2000, celebrata nella grande cattedrale di S. Michele e Gudula. Una messa bella, concelebrata da tutti i cardinali, arcivescovi e vescovi presidenti, con un coro professionale, eppure avvenuta in una cattedrale semivuota. E ho avuto l’impressione che la Chiesa avesse bisogno di una nuova spinta spirituale, di un rinnovato spirito che potesse riportarci alle radici della nostra storia».