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EDITORIALE

Concertone, l'atto blasfemo merita la denuncia

Sulla esibizione blasfema del cantante Luca Romagnoli al Concertone del Primo maggio c'è stato l'indecente silenzio di intellettuali, partiti e sindacati. Eppure è stato violato il Codice Penale. E giustamente i Giuristi per la Vita sono pronti a denunciare cantante e organizzatori.

Editoriali 08_05_2013
Esibizione di Luca Romagnoli


C’è modo e modo di affrontare tematiche particolarmente delicate come, ad esempio, quella relativa alla contraccezione. C’è un modo civile, rispettoso delle regole, attento alla sensibilità dei contraddittori, e c’è il modo utilizzato all’ultimo concerto del Primo Maggio da tale Luca Romagnoli, leader della band musicale “Management del Dolore Post Operatorio”, attraverso una performance blasfema ed irriverente, che davvero non ha fatto onore all’intelligenza di chi l’ha messa in scena.

Quello che più stupisce di questa tristissima vicenda – al netto delle solite encomiabili eccezioni – è il silenzio assordante che ne è seguito da parte di politici, intellettuali, opinion maker, artisti, star dello spettacolo, giornali e tv. Un blackout mediatico impressionante. Per comprendere la singolarità di questo silenzio, è sufficiente chiedersi cosa sarebbe successo se, ad esempio, il tema della omosessualità fosse stato affrontato da chi è critico nei confronti di quell’orientamento sessuale, con la stessa volgarità, grossolanità, oscenità, villania e indecenza usata contro i cattolici al cosiddetto “Concertone”.

Facile intuire l’inferno che si sarebbe scatenato tra le urla scandalizzate delle attente Vestali del politically correct e le vesti stracciate dei relativi sacerdoti. Nulla di tutto ciò è accaduto per il semplice fatto che coloro che professano e praticano la fede cattolica non sono ricompresi nelle categorie protette di questa nuova religione laica, che appare sempre più dogmatica ed intollerante. Il solito ingiusto e fazioso sistema dei due pesi e delle due misure, quell’odioso “double standard”, che sembra essere diventato la cifra della nuova e strisciante dittatura imposta dalla politically correctness.

Ora, si dà il caso che quanto accaduto nella kermesse organizzata da CGIL, CISL e UIL oltre a superare i limiti del decoro e della decenza, ha pure invaso la sfera del diritto penale. Non è ancora stato abrogato, ad esempio, nel nostro ordinamento il reato di «offese a una confessione religiosa mediante vilipendio delle persone», previsto e punito dall’art. 403 del codice penale, il reato di «offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose», previsto e punito dall’art 404 del codice penale, o il reato di «atti osceni», previsto e punito dall’art.  527 dello stesso codice penale.

Poiché appare profondamente ingiusto lasciare impuniti gli autori di atti tanto offensivi quanto gratuiti – commessi, peraltro, a pochi passi da un luogo simbolico della cattolicità qual è la Basilica Laterana – l’associazione Giuristi per la Vita ha deciso di presentare formale denuncia presso la Procura della Repubblica di Roma, affinché vengano perseguiti i reati integrati da tali atti.

Non si può derubricare quanto accaduto alla manifestazione del Primo Maggio ad una semplice bravata. Non è giusto nei confronti di tutte le persone che si sono sentite profondamente offese in un ambito intimo a loro particolarmente caro e giuridicamente tutelato dal codice penale. Non si può neppure invocare la libertà di opinione sancita dall’art.21 della Costituzione, perché quello stesso articolo, all’ultimo comma, pone i limiti della decenza e del rispetto della legge penale. E al di là di ogni considerazione giuridica, non si può, comunque, accettare che il confronto anche aspro su tematiche legate alla vita – tra cui la contraccezione – possa scadere ad un livello di tale bassezza, da far prevalere il solo linguaggio triviale del turpiloquio, dell’oscenità, dell’ingiuria e dell’offesa.

Ciò che amareggia di più, oltre all’indifferenza pressoché generale, è il fatto che gli autori degli illeciti commessi non abbiano avuto neppure la decenza di chiedere scusa. E’ un segno dell’imbarbarimento dei tempi.