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ELEZIONI MILANO

Con l’asse Parisi-Passera a rischiare ora è Renzi

All’ombra della Madonnina, nel week-end si è registrata la clamorosa rinuncia di Corrado Passera nella corsa a sindaco. L’ex banchiere, che, prima di tutti gli altri, mesi fa, aveva presentato la sua candidatura, ha deciso di portare in dote i suoi voti (tra il 6 e l’8%, secondo i sondaggi) a Stefano Parisi, del centrodestra.

Politica 11_04_2016
Stefano Parisi, candidato sindaco del centrodestra a Milano

Se già a Roma e Napoli la partita delle amministrative per il centrosinistra appariva difficilissima, ora anche a Milano tira aria di sconfitta per il premier. Con tutte le conseguenze che potranno prodursi sul suo governo. All’ombra della Madonnina, nel week-end si è registrata la clamorosa rinuncia di Corrado Passera nella corsa a sindaco. L’ex banchiere, che, prima di tutti gli altri, mesi fa, aveva presentato la sua candidatura, ha deciso di portare in dote i suoi voti (tra il 6 e l’8%, secondo i sondaggi più accreditati) a Stefano Parisi, del centrodestra. Quest’ultimo era già in rimonta su Giuseppe Sala, ex amministratore delegato di Expo 2015 s.p.a. e ora intravvede il sorpasso.

Dietro l’operazione ci sarebbe Silvio Berlusconi, che avrebbe convinto Passera a fare un passo indietro in cambio di un ruolo nazionale. L’ex ministro del governo Monti, d’altronde, si stava condannando all’irrilevanza politica. Il suo tentativo di dar vita a una lista alternativa era apparso fin dall’inizio velleitario, considerato che la sua candidatura aveva un’impronta civica ed era priva dell’appoggio dei partiti. Se avesse perseverato nella sua corsa, avrebbe comunque dovuto scegliere al ballottaggio tra Parisi e Sala. Anticipare la scelta con largo anticipo gli consente di maturare un “credito politico” che potrà riscuotere a Milano (con un ruolo nell’eventuale giunta di centrodestra) o a Roma. Addirittura c’è chi profetizza che possa essere lui a sfidare Matteo Renzi alle elezioni politiche del 2018 o 2017, Salvini permettendo.

L’incognita, infatti, è proprio il Carroccio, che aveva sempre criticato l’ex banchiere, «ministro del peggior governo della storia repubblicana», e che ora si trova con lui dalla stessa parte della barricata nella battaglia per Palazzo Marino. L’operazione Parisi-Sala sposta verso il centro l’asse della coalizione di centrodestra e tende a marginalizzare l’ala “lepenista” di Salvini, che per ora fa buon viso a cattivo gioco, ma che, in caso di sconfitta di Parisi, rilancerebbe l’opa sulla leadership dello schieramento. Renzi ora è preoccupato. La vittoria di Sala a Milano era per lui una delle poche certezze in un mare in tempesta, fatto di tensioni internazionali (Regeni e Marò), economiche (stime di crescita del Pil al ribasso) e nazionali (braccio di ferro con i magistrati, inchieste su membri del suo governo, crescenti tensioni nel Pd, rischio di sconfitta sia al referendum anti-trivelle di domenica prossima sia alle amministrative del 5 giugno).

Ora, l’ex manager Expo dovrà rincorrere perché, anche se in politica raramente due più due fa quattro, l’asse Parisi-Passera è destinato al primo turno a raccogliere più voti di Sala. Al ballottaggio saranno decisivi i voti dei grillini, accreditati di un 12-15%, che potrebbero prendere la palla al balzo e far perdere Sala per indebolire il governo Renzi. Non è un mistero, infatti, che l’obiettivo pentastellato, più che vincere le amministrative, sia quello di conquistare Palazzo Chigi quando si andrà a votare per le politiche.

Sul versante del centrodestra, l’operazione Parisi-Passera premia il punto di vista di chi, come i governatori Maroni e Toti, ha sempre cercato di allargare i confini della coalizione, sia a Ncd sia a componenti centriste costituite da tecnici come Passera. Ora analogo tentativo verrà fatto a Roma, dove per il Campidoglio corrono ben 4 candidati di centrodestra: Bertolaso, Marchini, Meloni, Storace. I primi due si contendono i voti cosiddetti “civici”, gli altri due i consensi identitari, soprattutto della destra. Pare che Gianni Letta si stia molto adoperando dietro le quinte per arrivare a una candidatura unitaria. Che Bertolaso e Marchini possano fare quanto hanno fatto a Milano Passera e Parisi non va escluso. Bisognerà però capire chi dei due rinuncerà a correre per la poltrona di primo cittadino e si metterà al servizio dell’altro. 

A Milano era chiaro che a ritirarsi dovesse essere Passera, considerato che su Parisi convergono tutti, anche il Nuovo centrodestra di Alfano. Nella capitale, invece, Bertolaso e Marchini vengono accreditati più o meno dello stesso consenso, con un leggero vantaggio per il primo, lanciato nella mischia proprio da Berlusconi. Le ambizioni di un candidato considerato forte come la Meloni non agevolano il raggiungimento di un’intesa, senza la quale, però, a cantare vittoria sarebbero la grillina Raggi e il renziano Giachetti, sicuri di giocarsi la vera partita al secondo turno.