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VERSO IL REFERENDUM/11

Con la riforma sarà più facile cancellare i diritti naturali

In che misura la riforma costituzionale può avere ricadute sui temi eticamente sensibili? Finora il bicameralismo legislativo ha consentito una più ampia e approfondita ponderazione delle leggi che riguardano i temi etici. Se vincesse il Sì, una sola Camera potrebbe far passare tutti i desideri della maggioranza su famiglia e vita.

Politica 01_11_2016
Alle urne

Con l’intervento dell’avv. Enza Maio prosegue la collaborazione del Centro studi Livatino (www.centrostudilivatino.it) tesa a illustrare i passaggi più significativi della riforma costituzionale e a sottolinearne i profili problematici, allo scopo di avvicinarsi alla scadenza del voto referendario avendo consapevolezza dei contenuti delle modifiche, e lasciando da parte gli slogan. Quello che compare oggi tocca il tema delicato delle ricadute della riforma sui temi eticamente sensibili. 

In che misura la riforma costituzionale può avere ricadute sui temi eticamente sensibili? Nella propaganda martellante in corso da oltre sei mesi si ripete che essa darà all’Italia quella stabilità che, grazie anche al superamento del bicameralismo paritario, eliminerà - parola di premier - le due “assemblee di condominio” (Camera e Senato), che smetteranno di “giocare a ping-pong”. Che l’auspicato monocameralismo (imperfetto) sia un beneficio per la legiferazione sui temi eticamente sensibili è bene dubitare: il sistema normativo opera secondo un codice binario, lecito/illecito, che non va molto d’accordo con la complessità delle valutazioni etiche. Nell’etica il codice binario della norma è rifiutato: anche a volerlo ridurre all’antinomia bene/male, questa bipolarità non opera come codice binario perché il male è oggettivabile, il bene no. La difficoltà a legiferare in ambito bioetico è il riflesso della presenza di una molteplicità di considerazioni etiche e di interessi concreti in disaccordo tra loro: nel dibattito bicamerale ciò può trovare un luogo di discussione più articolato.

L’attuale sistema costituzionale prevede che “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere” (art. 70), sicché i disegni di legge vengono discussi, emendati ed approvati da uno dei due rami del Parlamento, quindi passano all'altro che può approvarli in via definitiva solo senza modificarli. In caso contrario il testo torna al ramo del Parlamento che lo ha esaminato per la prima volta. Dicono che questo sistema rallenti l’approvazione delle leggi poiché ciascuno dei due rami del Parlamento può continuare ad apportare modifiche al testo votato dall'altro, allungando i tempi. E’ bene ricordare che quando il confronto politico è su temi etici, la presunta lentezza decisionale non è obbligatoriamente negativa se è il fisiologico riscontro di una più attenta ponderazione degli interessi in gioco.

La legge fa costume e spesso impone condizionamenti in senso lato culturali pesanti (aborto, divorzio, droga più accessibile, unioni civili), difficili da rimuovere. La possibilità che, a eseguito della modifica costituzionale, se ne aggiungano altri in tempi brevissimi e senza confronto politico non è remota. Il “diritto” di morire, l’educazione gender, l’adozione di bambini per coppie omosessuali, l’affitto d’utero, l’omofobia etc. potrebbero essere i prossimi obiettivi essenziali del Governo. Secondo la riforma, infatti, il nuovo potere del Governo sta nel far approvare dalla Camera, entro 70 giorni dalla deliberazione d'urgenza, i disegni di legge ritenuti essenziali per l'attuazione del proprio programma (nuovo art. 72 co. 7): tale innovazione rende concreto il timore che il Governo - grazie a capziose interpretazioni estensive dei concetti di “programma di governo” e di “attuazione del programma” - restringa ulteriormente lo spazio dell’iniziativa parlamentare, già decisamente limitata. Prendendo ad esempio il tema dell’eutanasia, sarebbe sufficiente considerarla espressione essenziale del programma di governo per farla approvare senza alcuna sostanziale discussione. La Camera eserciterebbe la funzione legislativa insieme al Senato solo in un numero limitato di materie (nuovo art. 70 co. 1), mentre nelle restanti (tra cui le materie etiche) la eserciterebbe in esclusiva, con l'intervento solo eventuale e limitato del Senato. 

E’ facile prevedere l’asservimento del potere legislativo al compiacimento del Governo di turno. Sul punto si sono levate perplessità perfino dal PD, con l’ex ministro Chiti che ha avvertito: “rispetto a certe tematiche bisogna avere l`umiltà e la pazienza di sciogliere i nodi con l`ascolto e non con i colpi di spada (…) aggiungere sul treno rapido della governabilità anche un vagone con questi temi delicati sarebbe un grave errore”; e per questo ha proposto che sui temi etici restasse il bicameralismo paritario. Nella stessa direzione si è collocato l’altro ex ministro Fioroni, con la proposta - pur essa respinta - di inserire nella riforma il referendum di indirizzo sui temi etici, allo scopo di arricchire gli strumenti di democrazia diretta e mitigare il rigore del monocameralismo. Entrambi sono rimasti inascoltati.

Lo spettro di un Parlamento quasi monocolore che faccia tutto ciò che vuole, in assenza dei giusti contrappesi costituzionali, non è fantasia: mancherebbero, oltre al bicameralismo e alla sovranità popolare, un Presidente della Repubblica eletto col concorso di forze politiche diverse, i referendum propositivi utilizzabili anche per leggi su temi eticamente sensibili, l’istituto della impugnazione costituzionale diretta delle leggi da parte di un numero preciso di cittadini (senza il filtro della magistratura). E’ il caso di fermare questa deriva.