Communauté Saint-Martin, troppe vocazioni infastidiscono Roma
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"Accompagnamento" coatto per la comunità francese, con un boom di seminaristi in controtendenza rispetto al deserto generale. Numeri preoccupanti per la Santa Sede: troppi preti e troppo conservatori che rischierebbero di contagiare mezza Francia.
Sarà un caso, ma ancora una volta a finire sotto la lente di ingrandimento di Roma è una comunità d'orientamento conservatore. Lo scorso 4 luglio, il Dicastero per il Clero ha nominato due assistenti apostolici, il vescovo di Laval monsignor Matthieu Dupont e padre François-Marie Humann, incaricati di "accompagnare" la Comunità di San Martino (Communauté Saint-Martin) nei prossimi tre anni.
Una realtà francese nata nel 1976 e che trovò ospitalità nell'arcidiocesi di Genova sotto la protezione del cardinale Giuseppe Siri, stabilendosi nel convento cappuccino di Voltri. L'eminente porporato genovese spiegò che la Comunità di San Martino nacque «per la formazione di seminaristi francesi che vogliono il sacerdozio ma non accettano la confusione di certi seminari moderni». Dopo 17 anni, l'istituto tornò nella diocesi di Blois nel 1993. Se 31 anni fa i seminaristi erano 30, oggi sono più di 100, segnando un'eccezione importante nel deserto vocazionale che coinvolge l'ormai ex "cattolicissima" Francia.
La Comunità di San Martino è diventata nel corso negli anni una fonte a cui attingere per le diocesi alle prese con le crisi vocazionali, potendo contare su 175 tra preti e diaconi. Eppure, nonostante ciò, la Santa Sede ha ritenuto necessario mettere sotto "indagine" questa realtà. Anzi, sembra proprio che sia stata la fecondità vocazionale a far scattare il campanello d'allarme in Vaticano.
La nomina di due assistenti apostolici segue la visita pastorale decisa dal Dicastero per il Clero e svoltasi tra il luglio 2022 e il gennaio 2023 sotto la responsabilità di monsignor Benoît Bertrand, vescovo di Pontoise. Le conclusioni della visita hanno fatto emergere ombre sulla figura di padre Jean-François Guérin, il fondatore morto nel 2005 e contro il quale sarebbero state mosse accuse di «clima abusivo nell’esercizio dell’autorità e nell’accompagnamento spirituale» ed anche di «baci forzati» da parte di alcuni intervistati maggiorenni all'epoca dei fatti. Per questo, in una lettera, monsignor Matthieu Dupont e padre François-Marie Humann hanno spiegato che «si tratterà di portare verità e chiarezza sul periodo fondativo della Comunità di Saint-Martin, sulla personalità del fondatore morto nel 2005 e sui fatti di cui è accusato da diversi ex membri della comunità».
Purtroppo è un copione già visto in situazioni analoghe. Questa specie di "commissariamento" triennale, però, punta anche ad altri obiettivi. I due assistenti apostolici, infatti, hanno chiarito che «bisognerà lavorare anche sul tema della pastorale vocazionale e della loro accoglienza, soprattutto dei più giovani, per garantire un miglior discernimento e una certa prudenza nell'ingresso nella formazione. Si tratterà anche di sostenere il processo di rinnovamento della formazione iniziale e continua alla luce delle norme romane e nazionali». Parole che lasciano trapelare l'insofferenza romana per le troppe vocazioni in questa Comunità di tendenza conservatrice e che rifornendo di sacerdoti trenta diocesi rischia di "contagiare" mezza Francia.
I preti della San Martino, che accettano pienamente gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, sono molto attenti alla solennità della liturgia, celebrano anche in latino ma secondo il Messale Romano del 1969, amano il canto gregoriano e preferiscono indossare sempre la talare. In questo caso, quindi, non c'è di mezzo l'usus antiquior, ma sembra pesare, in ogni caso, una sensibilità ecclesiale troppo tradizionale. Difficile non pensarlo di fronte alla menzione dell'«opera di riforma che il Dicastero ha ritenuto necessaria dopo aver letto le conclusioni dei Visitatori» fatta nella lettera dei due neonominati assistenti apostolici.
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