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LETTERA A MARONI

«Commissione governativa per risolvere il caso Rom»

Per risolvere la loro situazione il modello da seguire è quello del Comitato per l'islam italiano costituito al Ministero dell'Interno.

Attualità 15_02_2011
il beato Malla
All’Angelus di domenica scorsa Benedetto XVI ha parlato anche dei quattro piccoli Rom morti nel rogo in un campo abusivo a Roma. «“Pienezza della Legge è la carità”, scrive san Paolo (Rm 13,10). Davanti a questa esigenza, ad esempio, il pietoso caso dei quattro bambini Rom, morti la scorsa settimana alla periferia di questa città, nella loro baracca bruciata, impone di domandarci se una società più solidale e fraterna, più coerente nell’amore, cioè più cristiana, non avrebbe potuto evitare tale tragico fatto. E questa domanda vale per tanti altri avvenimenti dolorosi, più o meno noti, che avvengono quotidianamente nelle nostre città e nei nostri paesi».

Ho ascoltato con particolare attenzione le parole del Papa, perché il mio incarico di Rappresentante dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta al razzismo, alla xenofobia e all’intolleranza contro i cristiani e i seguaci di altre religioni comprende nel suo mandato le questioni relative ai Rom e ai Sinti. I miei predecessori si sono occupati spesso della situazione dei Rom in Italia, formulando diverse raccomandazioni ed esprimendo per la verità anche apprezzamento per alcuni interventi del governo, nonché per le linee guida emanate il 17 luglio 2008 dal Ministro dell’Interno Roberto Maroni, così che ogni strumentalizzazione politica sarebbe priva di senso.

D’intesa con la presidenza dell’OSCE ho ora inviato una lettera allo stesso Ministro Maroni ricordando alcune delle raccomandazioni che l’OSCE aveva già formulato negli anni passati, e che ora potrebbero essere riprese. La principale raccomandazione chiede all’Italia l’istituzione di una commissione governativa, di cui facciano parte esperti e rappresentanti delle stesse comunità Rom e Sinti, per coordinare una politica di effettiva integrazione e per passare anzitutto dai campi abusivi ai campi regolari, quindi superare il sistema stesso dei campi.

Mi sono permesso di aggiungere nella lettera al ministro Maroni una riflessione personale. Faccio parte dalla sua istituzione del Comitato per l’islam italiano costituito presso il ministero dell’Interno, cui partecipano in funzione consultiva esperti non musulmani ed esponenti islamici - scelti tra coloro che hanno sottoscritto la Carta dei Valori, a suo tempo voluta da Giuliano Amato, Ministro dell’Interno del governo Prodi, e che formula alcuni semplici valori comuni che si chiede a chi voglia integrarsi in Italia di condividere - da cui sono scaturiti eccellenti documenti, da ultimo in tema di moschee. I musulmani rimasti estranei alla Carta dei Valori naturalmente contestano questi documenti, ma così facendo si autoemarginano sempre di più da un dialogo che permette, senza illusioni sulla soluzione miracolosa e istantanea di problemi complessi, di proporre piccoli passi di buon senso verso l’integrazione. Il modello virtuoso del Comitato per l’islam italiano potrebbe essere un punto di riferimento per un futuro Comitato per i Rom in Italia. Ne potrebbero, e forse dovrebbero, fare parte anche i rappresentanti della Chiesa Cattolica e delle comunità protestanti da anni attivi nei campi e vicini alle popolazioni con aiuti concreti.

La mia lettera inoltre sconsiglia l’uso del termine «nomadi», sgradito alle popolazioni così designate e in molti casi tecnicamente inesatto - dal momento che i presunti «nomadi» non si spostano ma risiedono da anni o da decenni nello stesso comune -, nei documenti ufficiali italiani.

Infine, ho chiesto che il governo si attivi per inserire nei programmi scolastici di ogni ordine e grado, e nelle frequenti gite scolastiche che hanno come meta il campo di sterminio di Auschwitz, la memoria del Genocidio dei Rom, che fece almeno 300mila morti durante la Seconda guerra mondiale e che continua a essere ampiamente ignorato. Studiare questo genocidio, fra l’altro, permette di comprendere molte cose sulla natura dei campi nazional-socialisti e sull’ideologia di morte del Terzo Reich, che non nasceva da motivazioni religiose - i Rom uccisi appartenevano a molte religioni, cattolica compresa - ma razziste. I rom cattolici, fra l’altro, furono vittima delle diverse tragedie ideologiche del secolo XX, come ci ricorda la vicenda del beato rom Ceferino Giménez Malla (1861-1936), terziario francescano e infaticabile catechista del suo popolo che morì fucilato dai repubblicani durante la guerra di Spagna, con il Rosario in mano e gridando «Viva Cristo Re!» [nella foto].

Nessuno può pensare di risolvere i complessi problemi relativi ai Rom, che si trascinano da secoli e sono stati aggravati dalla recente crisi economica, con qualche semplice misura di emergenza. I piccoli gesti, da quelli simbolici ai piani più impegnativi, permettono però con realismo di portare sollievo almeno alle situazioni più disperate, tutelando com’è giusto che sia anche le popolazioni non rom che vivono nelle vicinanze dei campi, e rispondono anche all’appello del Papa per una «società più coerente nell’amore». L’impossibilità di risolvere tutti i problemi collegati ai Rom non è una scusa per non cercare di affrontarne subito almeno qualcuno.