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GOVERNO

Come sono verdi le mie tasse

Nella manovra fiscale del governo prevista la "carbon tax" per finanziare le energie rinnovabili. Ma a spese delle famiglie con figli.

Attualità 27_03_2012
Carbon tax

Un contributo per comprendere il declino dell’Italia potrebbe venire anche dall’iniziare a notare che da anni si discute di come produrre il 20% di energia rinnovabile senza mai porsi pubblicamente il problema del restante 80% e che la produzione di energia, il cui scopo una volta era la necessità di far lavorare le aziende a prezzi competitivi, attualmente sembra che sia fine a se stessa.

Sembra che il paese possa risollevarsi con la “green economy” limitandosi a produrre energia “verde” che non si sa quali aziende dovrebbero alimentare, visto che a queste sempre più conviene delocalizzare (anche per l’alto costo proprio dell’energia, es. il caso ALCOA in Sardegna).

Tale limitata visione, che solo apparentemente privilegia l’aspetto “ecologico” (in realtà le aziende vanno a produrre dove possono farlo senza/con pochi obblighi ambientali e noi siamo felici di comperare i loro prodotti a basso costo), ha portato l’Italia a dover ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica per adempiere a quanto sottoscritto a livello europeo ed inoltre a dover trovare cospicue somme con cui continuare a sovvenzionare la produzione di energia rinnovabile, la famosa green economy, che pur essendo sostenibile da sola non si autosostiene.

Contemporaneamente per far sopravvivere economicamente il paese senza farlo fallire si deve aumentare l’introito delle tasse/imposte senza colpire ulteriormente le aziende e senza scontentare troppo l’opinione pubblica. Come può fare il Governo “per tirare a campare” consumando i risparmi di padri e nonni in attesa che tutti si convincano che il livello di spesa pubblica va rivisto e si passino le elezioni senza troppi danni?

Nei giorni scorsi il Governo ha iniziato a discutere una riforma fiscale: in essa è prevista una “tassa ambientale”, una “carbon tax”, che colpirà probabilmente tutti i giorni al distributore le famiglie, le quali probabilmente saranno felici di contribuire a salvare il pianeta  con il loro versamento; si lascerà comunque loro l’illusione di vedere la propria busta paga “non toccata”.

Infatti a parole tutti sono favorevoli al “quoziente familiare” ed a una revisione del sistema di tassazione che sgravi e sostenga la famiglia, nella realtà invece con la “carbon  tax” si cercherà di colpire proprio le famiglie, cosiddette benestanti. Finora nei documentari degli ambientalisti le responsabili dell’inquinamento erano le ciminiere, in futuro forse lo diverranno le famiglie che portano i bimbi a scuola in auto.

Leggiamo cosa è scritto nella relazione illustrativa della delega fiscale e nello studio guida della Banca d’Italia: “Nostre simulazioni valutano l’impatto sulla spesa delle famiglie di una carbon tax sui carburanti. Un’imposta che implicasse un prezzo per tonnellata di emissioni di gas serra compreso tra 17 (l’ammontare proposto dal governo francese nel 2009) e 100 euro (un valore vicino a quanto reputato necessario per mantenere la crescita della temperatura al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali) si tradurrebbe in un’accisa al litro di carburante compresa tra i 4 e i 24 centesimi. La tassa porterebbe a una riduzione delle emissioni legate al trasporto delle famiglie compresa tra 1,1 e 6,1 milioni di tonnellate. Alla diminuzione delle emissioni si accompagnerebbe un aumento di gettito compreso tra i 2 e i 10 miliardi. La riduzione delle emissioni deriverebbe in gran parte dalla contrazione della domanda di carburante delle famiglie più benestanti. La minore domanda di carburante (tra l’1,6 e l’8,9 per cento) contribuirebbe al raggiungimento dell’obiettivo di contenimento dei consumi energetici riducendo la fattura energetica del Paese tra 0,2 e 1,0 miliardi.

Se i proventi della carbon tax fossero utilizzati per ridurre gli oneri attualmente imposti per incentivare le energie rinnovabili, la maggior parte della riduzione delle emissioni verrebbe finanziata proporzionalmente di più dai responsabili delle emissioni legate al trasporto privato (in particolare le famiglie benestanti) e non in modo uniforme da tutti gli utenti del sistema elettrico (le cui spese incidono maggiormente tra le famiglie meno abbienti). Alternativamente, volendo mantenere costante la pressione fiscale, i ricavi della tassa potrebbero essere utilizzati per ridurre altre imposte con effetti più distorsivi (come ad esempio quelle sul lavoro)”.

Ma chi sarebbero le inquinanti “famiglie benestanti”? Possiamo rileggere uno studio della Banca d’Italia pubblicato ad inizio anno, quello in cui era messo bene in mostra che l’unico patrimonio che conveniva tassare era la casa degli italiani. I circa 24 milioni di nuclei familiari sono divisi in ricchi, mezzi ricchi, straricchi, agiati, benestanti e poveri (qui la sintesi), i ceti medi benestanti sono circa  9 milioni 600 mila famiglie, il 40 per cento del totale, controllano il 45 per cento della ricchezza italiana: 3 miliardi 880 milioni di euro. In media ognuna di queste famiglie ha un patrimonio, fra case e risparmi, pari a 405 mila euro.

Per completare il quadro della famiglia italiana sarebbe stato utile anche ricordare che il reddito familiare attuale è più basso di quasi il 2,5% rispetto a 20 anni fa, il risparmio delle famiglie è sceso dal 17% del 1990 al 6% attuale ed il trend è in diminuzione. Contemporaneamente il prezzo dei carburanti è aumentato solo nell’ultimo anno, senza chiamarla “carbon tax”, ritoccando 4 volte l’importo delle accise durante il Governo Berlusconi, una volta “cospicuamente” durante Governo Monti ed a gennaio anche 5 Consigli regionali hanno deciso un ritocchino. Inoltre l’IVA è aumentata dal 20% al 21% e ad ottobre prossimo potrà divenire del 23%.

Tale cospicuo aumento dei prezzi nell’ultimo anno ha comportato proprio quello di cui il Governo ha necessità per far quadrare tecnicamente i conti: la riduzione dei consumi(a gennaio -11% rispetto 5 anni fa), e quindi dell’emissioni di CO2, mentre l’introito per lo Stato è aumentato nei primi due mesi dell’anno del 19,8%. Se continuerà il trend durante tutto l’anno a dicembre il Tesoro incasserà 6,5 Miliardi di Euro in più rispetto al 2011.

Le aziende che utilizzano carburanti, qualora resistano sul mercato, ribalteranno l’aumento dei costi sui prezzi dei prodotti che saranno sempre acquistati sempre dalle famiglie. Pochi giorni fa la Confindustria ha scritto a Monti: ''Leggiamo con preoccupazione quanto emerge sulla bozza del disegno di legge delega fiscale circa le novita' in tema di tassazione ambientale'', ''l'introduzione in questo momento di una ulteriore tassazione a carico delle imprese e' da evitare''.  Il Ministro Clini ha subito risposto cercando di tranquillizzare: ''Ho suggerito di inserire le misure per la fiscalita' ambientale nell'ambito della strategia europea ''Una tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050'[…] ho suggerito che l'introduzione della carbon tax sia destinata ai settori non regolati dalla direttiva 2003/87/CE, e che il gettito sia finalizzato prioritariamente al sostegno del sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili e della diffusione delle tecnologie a basso contenuto di carbonio''.

Clini afferma: “Ho suggerito che l'introduzione della carbon tax sia destinata ai settori non regolati dalla direttiva 2003/87/CE”, quindi i settori industriali più inquinanti non sono toccati dalla “carbon tax” mentre lo saranno le famiglie? Sembra proprio che il Governo Monti riproponga la stessa fallimentare strategia di Sarkozy a cui, nel 2010, la Corte Costituzionali bocciò la “carbon tax” sui carburanti http://www.ilmediterraneo.it/fr/ambiente/francia-la-corte-costituzionale-boccia-la-carbon-tax-di-sarkozy . Secondo i giudici francesi la norma consentiva "troppe esenzioni" e che nella sua formulazione attuale "non sia in linea con l'obbiettivo della lotta contro i cambiamenti climatici". Essa, inoltre, avrebbe potuto produrre disparità fiscali. La tassa era stata presentata da Sarkozy come "una rivoluzione fiscale" e come una "importante svolta" che avrebbe modificato le abitudini dei francesi. Nella sentenza, la Corte afferma che la nuova norma avrebbe lasciato fuori alcuni dei maggiori inquinatori, come le raffinerie, e che "il 93 per cento delle emissioni di Co2 di origine industriale" sarebbero state in pratica non soggette al prelievo. Il presidente aveva annunciato che la tassa doveva rientrare in una più ampia strategia governativa volta a ridurre a un quarto le attuali emissioni di gas serra entro il 2050.

Si è comunque capito che alla fine chi dovrà pagare le “nuove tasse” sono le famiglie che usano l’auto, alle quali però si lascerà l’illusione di prendere la stessa busta paga e, bene che vada, una “piccola” parte degli introiti andranno a finanziare le energie rinnovabili, per le quali riprendo dallo stesso documento di Banca Italia: “Secondo l’Autorità per l’Energia, i costi per il sostegno delle fonti rinnovabili del settore elettrico ammontavano a 3,4 miliardi nel 2010 e dovrebbero raggiungere i 5,7 miliardi nel 2011. Poiché questi sussidi sono finanziati attraverso il prezzo che gli utenti pagano in bolletta per l’energia elettrica, i cosiddetti oneri di sistema, non rientrano nell’imposizione energetica e sono considerati oneri parafiscali”, “Se si considera che le imposte energetiche del 2009 ammontavano a 32 miliardi si capisce la rilevanza di questi sussidi, che accrescono i costi sostenuti in bolletta da famiglie e imprese che, in media, già pagavano quasi un terzo in più rispetto alle loro controparti europee”.

Ma perché ci dobbiamo tassare ulteriormente per le rinnovabili? Sempre Banca d’Italia: ”L’incentivazione delle fonti rinnovabili è motivata dal fatto che i loro costi di generazione (determinati dai costi di investimento) sono superiori a quelli delle fonti tradizionali. Inoltre, in presenza di incertezza sull’evoluzione dei prezzi energetici e di investitori avversi al rischio, senza incentivi si avrebbe uno sviluppo delle energie rinnovabili inferiore al valore ottimale”.

Ottimale per che cosa? Insomma, le rinnovabili da sole non si mantengono, saranno sostenibili ma non si auto sostengono, hanno bisogno della sporca e deprecata old-economy che le fa vivere e finanzia.

Può essere vincente la strategia di tassare ulteriormente, attraverso l’aumento del costo dell’energia, le famiglie ed aziende (che tutti dicono di voler difendere) allo scopo (e con la scusa) d’investire in energie rinnovabili che per il momento hanno costi più alti delle tradizionali ed hanno necessità d’incentivi per sostenersi? Intanto il sistema Italia perde competitività rispetto alla Cina e alle altre tigri economiche mondiali che presentano altri approcci alle problematiche ambientali, inoltre alle nostre aziende basta dislocare già in Albania per ricevere sgravi fiscali e non doversi più porre il problema emissioni di CO2.

Il tutto in nome di una “ideologia verde” europea, una visione unilaterale, che vede nella tassazione anche un modo di determinare il comportamento delle persone, o meglio educare i cittadini.
Se va avanti così, più che le tasse, verdi saranno le tasche delle famiglie ed il famoso “ceto medio” diverrà un ricordo.