Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Bruno a cura di Ermes Dovico
TASSE

Colpire le famiglie con una patrimoniale? Pessima idea

L'ultima tassa patrimoniale diretta (di quelle indirette ne abbiamo tante) la impose il governo Amato nel 1992. Ora le voci di una nuova stangata sui patrimoni si rincorrono, soprattutto fra tecnici e organismi internazionali. Ma quanto sono ricche le famiglie italiane? Possono essere veramente spennate per salvare i conti pubblici? Non proprio.

Economia 31_10_2018
Quali e quanti risparmi hanno le famiglie italiane?

Quella della patrimoniale è un'idea che, da sempre, ha al contempo fatto gola e spaventato i politici italiani. Non è un caso che l'unico che l'abbia davvero realizzata sia stato, nel 1992, Giuliano Amato, presidente del Consiglio che – in quanto tecnico – non doveva spaventarsi troppo dei consensi elettorali: fu così che, fra la notte del 9-10 luglio, prelevò il 6 per mille su tutti i depositi degli italiani, per un totale di 11.500 miliardi di lire. Da quel momento in poi, di patrimoniali dirette (perché di indirette ne abbiamo eccome, dall'Imu sugli immobili al bollo auto), non se ne sono più viste.

Eppure proprio di recente la parola sembra tornata alla ribalta. Non ne parlano più solo tecnici come Romano Prodi (con la sua fondazione Nomisma) e Carlo Cottarelli, ma anche - almeno come extrema ratio - organismi internazionali come Ocse, Fmi e Unione Europea. Tutti fanno riferimento a un risparmio privato delle famiglie italiane che non avrebbe rivali. Lo stesso ministro dell'Interno Matteo Salvini, qualche giorno fa, a margine del G6 di Lione, ha dichiarato: “La forza dell’Italia, che nessun altro degli amici seduti al tavolo oggi ha, né i francesi, né gli spagnoli, è un risparmio privato che non ha eguali al mondo. Per il momento è silenzioso e viene investito in titoli stranieri. Io sono convinto che gli italiani siano pronti a darci una mano”.

Ma davvero le famiglie italiane sono così patrimonializzate? A vedere i dati in maniera superficiale si potrebbe pensare di sì. Come riporta il Sole 24 Ore in un articolo dall'eloquente titolo “Rischio Paese e ricchezza privata, se fossero i cittadini a salvare lo Stato?” secondo Moody's il patrimonio delle famiglie rappresenterebbe “un’importante valvola di sicurezza per lo Stato” e, potenzialmente, “una fonte di finanziamento per il governo”. Sì perché secondo i dati di Bankitalia e Unimpresa, a settembre del 2017, la ricchezza privata delle famiglie italiane ammontava a 4.290 miliardi di euro, pari a 5,56 volte il reddito medio disponibile. Il dato ci porrebbe al quarto posto al mondo, dietro solo a Stati Uniti, Giappone, Belgio e Olanda. Peccato che, nel caso della ricchezza, abbia più senso consultare i dati in termini assoluti che percentuali: se il reddito medio disponibile è più basso, infatti, si innalza per converso la percentuale relativa al patrimonio. Con i dati assoluti si scopre che, sempre fra i paesi Ocse, con un patrimonio di 64.019 dollari (circa 55mila euro al cambio attuale) le famiglie italiane sono solo dodicesime su trentasei nazioni. Di fatto abbiamo più risparmi (in percentuale) perché guadagniamo meno. E non è tutto: se si scompone il dato si scopre che, a quella cifra, contribuisce in maniera determinante un 10% di famiglie italiane che possiede il 50% del patrimonio. Se togliamo dal conteggio questi “paperoni” (per modo di dire), scopriamo che la maggior parte delle famiglie se la passa decisamente peggio.

E non è tutto perché la ricchezza degli italiani è stabile, ma non in crescita. A rivelarlo il “Report 2018 sulle scelte d'investimento delle famiglie italiane”, pubblicato pochi giorni fa dalla Consob. Nel rapporto, stilato su un campione di 1.601 individui rappresentativo dei decisori finanziari italiani, si evidenzia come “le famiglie intervistate risparmiano in modo regolare (soprattutto per motivi precauzionali) nel 40% dei casi circa e in modo occasionale nel 36% dei casi; il 25% non accantona nulla, soprattutto per vincoli di bilancio”. Non solo: se si guardano i dati si scopre che le famiglie italiane riescono a risparmiare meno della media europea. Da un picco del 15% del reddito annuale lordo nel 2004, la percentuale destinata al risparmio è scesa in modo costante, fino scendere sotto il 10% nel 2017. Un calo che non si registra nel resto dell'area euro dove l'andamento del risparmio, storicamente, è sempre rimasto compreso fra il 12 e il 14%. Fra affitto, finanziamento per l'automobile, tasse e spese obbligate alle famiglie italiane restano pochi soldi da accantonare. Denaro che, nella gran parte dei casi, viene investito male. Sempre secondo la Consob, infatti, “la cultura finanziaria delle famiglie italiane rimane contenuta” e “l’attitudine a gestire le risorse familiari nell’ambito di un processo strutturato di pianificazione e controllo (cosiddetto financial control) è ancora poco diffusa”. Bassa anche la propensione al rischio. Ne consegue che i pochi soldi vengono depositati per le emergenze più che investiti, così come le polizze di previdenza sociale e assicurativa sono di gran lunga inferiori rispetto alla media dell'area euro.

In questo contesto una patrimoniale avrebbe un impatto sociale devastante sulle famiglie già fiaccate dalla crisi economica. Non solo: l'idea che i risparmi privati possano servire a coprire il debito dello Stato, oltre che poco etica (si andrebbe a tassare nuovamente denaro già tassato), sarebbe anche fiscalmente irresponsabile perché i governi futuri presterebbero poca attenzione agli equilibri di bilancio, ben sapendo di avere a disposizione il nostro portafogli. Se proprio non desidera abbassare spesa e imposte, il governo farebbe bene a prestare attenzione almeno ai criteri basilari di responsabilità fiscale che imporrebbero a un paese con un debito pubblica che sfiora il 132% del Pil di non aumentare ancora le proprie spese.