Coldiretti contro i "cibi sintetici". E Facebook la censura
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La campagna per la raccolta di firme lanciata da Coldiretti per fermare la carne prodotta in laboratorio, senza garanzie dal punto di vista della sicurezza alimentare e ambientale, è stata oscurata dal social di Zuckerberg, che spalleggia le multinazionali coinvolte nel business. Il che ripropone l'annoso problema del controllo dei contenuti sulle piattaforme.
Il dibattito sulla carne sintetica o coltivata, che divide l’Italia dall’Ue, sta mettendo in agitazione anche i colossi della Rete. Mentre Bruxelles ha stanziato milioni di euro nella ricerca su carne sintetica e proteine alternative per spingere la riduzione del consumo di prodotti di origine animale, l’Italia è la prima nazione al mondo a vietare il cibo sintetico con un disegno di legge presentato il mese scorso in consiglio dei ministri dal Ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida e che prevede, per le aziende che trasgrediscono, sanzioni da 10 a 60.000 euro, oppure fino al 10% del fatturato totale annuo.
Al di là di come la si pensi e al netto degli allarmi lanciati dalla Fao e dall’Organizzazione mondiale della sanità sui rischi del cibo sintetico per la salute delle persone, preoccupa il clima intimidatorio e censorio che si è creato in Rete sull’argomento.
Nei giorni scorsi Coldiretti, il maggiore sindacato agricolo italiano, ha lamentato il blocco su Facebook della sua campagna di firme per fermare la carne prodotta in laboratorio in assenza di adeguate garanzie dal punto di vista della sicurezza alimentare e ambientale.
Il social media di Zuckerberg, col pretesto di una sottigliezza semantica e ritenendo inesatta l’espressione carne sintetica, ha stoppato quella iniziativa con la classica frase sibillina che sempre utilizza quando decide di oscurare un contenuto: “Il post contiene informazioni che fact checker indipendenti hanno dichiarato essere privi di contesto”.
In altri termini, secondo Facebook, il manifesto informativo che Coldiretti aveva pubblicizzato con un post sul proprio profilo per far conoscere le ragioni della raccolta firme era fuorviante, poiché definiva i cibi ottenuti come “sintetici”, mentre secondo il social media sarebbero “coltivati”.
«In realtà - spiega Coldiretti - il rapporto appena pubblicato dalla Fao e dall`Organizzazione mondiale della sanità evidenzia che il termine “cibi sintetici” viene utilizzato in ambito accademico oltre che dai media, anche se la definizione considerata più chiara dalle due autorità mondiali è quella di “cibo a base cellulare”, preferibile rispetto al termine “coltivato”, utilizzato invece dalle industrie produttrici ma ritenuto fuorviante». Peraltro, sempre in quel rapporto, si ritiene discutibile usare per questi prodotti i termini carne, pollo o pesce.
«C’è il rischio oggettivo di ingannare i cittadini - aggiunge Coldiretti - poiché in realtà quella ottenuta in laboratorio non è carne e non è coltivata. Secondo l’enciclopedia Treccani per carne si intende la parte muscolare del corpo dell’animale e di conseguenza senza animale non c’è carne, mentre il significato di coltivare è curare un terreno, una pianta con il lavoro, la concimazione e gli altri mezzi. Niente di tutto questo si realizza in laboratorio o nel bioreattore utilizzato».
E allora perché censurare una raccolta firme che punta a fare chiarezza su un argomento così delicato da cui dipende il futuro alimentare e, di conseguenza, anche la salute di milioni di cittadini italiani? «La presunzione di voler modificare addirittura il vocabolario - sostengono alla Coldiretti - è una misura degli interessi che si nascondono dietro un business di pochi sul quale hanno investito tra gli altri Peter Thiel (co-fondatore di PayPal) e Marc Andreessen (fondatore di Netscape), da Jerry Yang (co-fondatore di Yahoo!) a Vinod Khosla (Sun Microsystems)».
Le firme raccolte dalla Coldiretti per sostenere la conversione in legge del disegno di legge presentato in consiglio dei ministri a fine marzo sono oltre mezzo milione. E a sostenere la battaglia ci sono oltre duemila comuni e tutte le regioni, a prescindere dal colore politico. Esiste dunque un fronte trasversale e molto folto che si batte contro l’uso e la commercializzazione del cibo sintetico in Italia, dalla carne prodotta in laboratorio al latte “senza mucche” fino al pesce senza mari, laghi e fiumi. Prodotti che potrebbero presto inondare il mercato europeo sulla spinta delle multinazionali e dei colossi dell’hi tech.
Dopo l’oscuramento da parte di Facebook, la petizione potrà comunque essere sottoscritta nei mercati contadini di Campagna Amica e in tutti gli eventi promossi a livello nazionale e locale. La sicurezza alimentare prima di tutto.
Certo è che la decisione del social media rimanda all’annosa questione del controllo, da parte delle piattaforme, dei contenuti postati dagli utenti. Esiste o no la libertà di manifestazione del pensiero sui social? Si può anche dissentire dalla narrazione ufficiale oppure la tagliola della censura interviene inesorabilmente tutte le volte in cui un utente osa stimolare un dibattito su temi controversi come questo?
I temi legati alla salute, alla tutela dell’ambiente e ai profili etici non possono essere trattati con interpretazioni unilaterali. Sollevare dubbi e dare voce a chi li manifesta è il sale del confronto democratico, che sui social dovrebbe trovare terreno fertile. Comprimerlo in nome degli interessi delle multinazionali è diabolico e non dovrebbe mai accadere.