Cina, due "figli unici" saranno consentiti
Il Partito Comunista Cinese si è reso conto che, con la politica del figlio unico e con i 400 milioni di aborti finora effettuati, la Cina stava morendo. Allora consente un secondo figlio, ma il sistema resta invariato: le persone esistono solo in funzione dello Stato, il quale decide periodicamente le quote del diritto alla vita.
La notizia è di quelle importanti. Il Partito-Governo-Stato Comunista Cinese abolirà la famosa e famigerata legge sul figlio unico che, introdotta il 25 settembre 1980, ha fino a oggi imposto alle coppie di procreare una solta volta e dunque costretto le madri all’aborto di Stato nonché intere famiglie a pene severissime, pecuniarie e fisiche. Si calcola che in 35 anni di applicazione severa e feroce questa legge, cattiva e crudele, abbia causato la cifra astronomica di 400 milioni di aborti. Chi l’ha introdotta è stato Deng Xiaoping (1904-1997), il despota che senza rinunciare al maoismo (suo è il massacro di Tienanmen) ha lanciato il “nuovo corso” con lo slogan: «Arricchirsi è glorioso». Ispirandosi alla Nuova politica economica lanciata da Lenin (1870-1924) negli anni 1920 per cercare di arginare il disastro (già allora) dell’economia collettivista, Deng ha infatti sostituito la vecchia lotta di classe con un pan-economicismo il cui il denaro unico dominatore è matrice di ogni giudizio, valore e principio.
Ancora più importante è però la notizia che sta dentro la notizia. Il nuovo provvedimento legislativo consentirà alle coppie di avere due figli: la politica del figlio unico sostituita dalla politica dei due figli unici. Probabilmente la percentuale degli aborti si dimezzerà, e questo implica un calo drastico, benedetto, del numero assoluto delle vittime innocenti. Ma la nuova legge comporta ancora l’uccisione calcolata di milioni di vite umane non ancora nate. Meno di prima, cioè, ma ancora; se infatti anche un solo aborto è sempre troppo, immaginiamoci cosa continuano a significare milioni di aborti che sono la metà dei milioni di prima ma che restano sempre milioni. Se possibile, poi, il dato ancora peggiore è la logica soggiacente.
Perché la logica che soggiace a queste politiche è che i cinesi possono avere solamente tanti figli quanti piace in un determinato momento al Partito-Governo-Stato Comunista, chiedendone sempre il permesso. Oggi il fabbisogno nazionale decreta che sono due i figli per coppia necessari a far fronte all’insostenibile peso del welfare cinese, ieri decretava che era solo un figlio, ma nella sostanza cosa cambia? Nulla, si tratta della medesima logica neo-malthusiana che, armeggiando con il pallottoliere, addebita come sempre al popolo il costo della pallottola con cui gli si spara.
Scrive acutamente AsiaNews che tutto dipende infatti da un cinico calcolo d’interesse. Una macchina statale mastodontica come quella cinese può spostare periodicamente un po’ più in là la data del proprio collasso finale soltanto se riesce a far girare con un certo ritmo la ruota del ricambio generazionale nel mondo del lavoro, evitando che la popolazione invecchi troppo o che sia troppo giovane per essere produttivamente utile, a ogni buon conto evitando che i cittadini siano troppi o troppo pochi, non solo per mantenere il sistema, ma per farlo proseguire (a differenza di altri mondi comunisti, drammaticamente già implosi su se stessi, poiché incapaci di controllare adeguatamente queste macchine, di per sé inclini al deragliamento). Assomiglia alla logica del falansterio, e infatti è proprio così. Quando i cinesi erano troppi, se ne è calmierato il numero con l’aborto statale; quando ci si è resi conto che ne servivano di più si è proceduto, tra il 2013 e il 2014, ad “alleggerire” la famigerata legge del figlio unico consentendone un secondo solo a quelle coppie in cui almeno uno dei genitori è unico per legge.
Ma l’apertura non ha sortito gli effetti sperati, un po’ perché anche i cinesi sono figli del nostro tempo e imparano presto le “meraviglie” dell’“emancipazione” che regala “sogni” a occhi aperti come il “controllo delle nascite”, un po’ perché lex creat mores e se è vero che non basta seguire le leggi buone per andare in Paradiso, ancor più vero è che senza leggi buone il rischio dell’Inferno può essere maggiore. Sia come sia, degli 11 milioni di coppie cinesi che per legge avevano diritto a un secondo figlio solo 1,45 milioni hanno chiesto di godere del privilegio facendo sì che dei 20 milioni di nascite in più che il Partito-Governo-Stato si attendeva per il 2014 se ne siano in realtà verificate solamente 16,9 milioni. Con queste cifre, le pensioni i cinesi non le vedranno mai; per questo la ragioneria ha consigliato di ricalibrare il tiro.
Della vita umana e dell’unicità delle persone al Partito-Governo-Stato non interessa insomma alcunché. Le persone esistono in Cina semplicemente in funzione dello Stato, il quale a proprio piacimento decide periodicamente le quote del diritto alla vita. La Cina di oggi non è più quella atroce del maoismo di un tempo; oggi vige la libertà. I cinesi sono liberi di chiedere al Partito-Governo-Stato tutto: anche quanti figli mettere al mondo, uno, nessuno o centomila, obbedendo con ossequio e salamelecco alla pianificazione pluriennale stabilita dopo statistico calcolo di variabili e costanti da un comitato di esperti e burocrati che oracola graziosamente chi vivrà e chi no. Come faceva Maximilien Robespierre nel cuore più torbido del Terrore, ma stavolta con un bel sorriso quotato in Borsa.