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DISASTRO IN IRAQ

Ci vorrebbe una Yalta del Medio Oriente

I raid americani sul Nord Iraq possono al massimo fermare l'avanzata dell'Isis, non certo risolvere il disastro della regione causato dalla scellerata condotta statunitense e dalla lotta per la supremazia tra Arabia Saudita e Iran. Se vogliono rimettere a posto i cocci Usa ed Europa devono imporre il negoziato tra le potenze della regione.

Esteri 10_08_2014
Partiti i raid Usa sul nord Iraq

Bombardano i loro Hummer, rendendo alla perfezione l'idea del cerchio che si chiude. Dall'altra sera i caccia dell'aviazione americana sono tornati a colpire in Iraq, per fermare l'avanzata dello Stato islamico, l'autoproclamatosi califfato che i curdi da soli non sono più in grado di fronteggiare. È la risposta alle drammatiche notizie di questi giorni da parte degli Stati Uniti, che ora - parola di Barack Obama - non possono rimanere insensibili al genocidio in atto contro i cristiani e le altre minoranze nel nord dell'Iraq.

Lo stesso Obama che si affretta però a garantire che nessun soldato americano tornerà a mettere piede da quelle parti. E si dimentica di dire che se i miliziani di al Baghdadi oggi fanno così paura in tutto il Medio Oriente è per il fornitissimo arsenale made in Usa gentilmente lasciatogli in eredità a Mosul dall'esercito iracheno. Quello che si è autodissolto grazie alla scellerata gestione dell'uscita dalla guerra da parte dell'amministrazione americana, in un Paese “pacificato” a suon di divisioni settarie, che adesso presentano il conto.

Bombardano per metterci una pezza, i caccia americani. E meno male che almeno questo adesso lo fanno. Anche perché - molto più prosaicamente rispetto alla sopravvivenza dei cristiani e degli yazidi - in gioco c'è il controllo dei pozzi petroliferi di Erbil e di Kirkuk, oggi nelle mani dei curdi ma apertamente messi nel mirino dai jihadisti. Che sono tutt'altro che un'orda barbarica priva di una propria strategia.

Dunque gli americani hanno mosso i caccia. E i francesi - unici in un'Europa come al solito latitante - si dicono pronti a fare altrettanto per difendere i cristiani iracheni (per inciso: la Francia del laicissimo Hollande, a dimostrazione che in Medio Oriente i legami storici contano molto più delle ideologie del momento). Gli stessi aerei sganciano inoltre aiuti sui profughi in fuga se non altro per cercare di farne sopravvivere qualcuno in più.

Basterà tutto questo per fermare la tragedia che si sta consumando da settimane nel nord dell'Iraq? Evidentemente no. Con i bombardamenti aerei il massimo che si può fare è fermare l'espansione dello Stato islamico, non certo smantellarlo. L'Isis, infatti, non nasce dal nulla, ma da un preciso contesto creato da tre anni di guerra in Siria e dai risentimenti sunniti nei confronti della gestione settaria del potere da parte degli sciiti di al Maliki in Iraq.

Detto in altri termini: l'intera area che va da Aleppo a Baghdad, è stata negli ultimi anni un campo di battaglia unico nella grande guerra che - sotto le etichette contrapposte della “rivoluzione siriana” e della “lotta al terrorismo” - altro non è che uno scontro a distanza tra l'Arabia Saudita, i Paesi del Golfo e l'Iran per la leadership sulla regione. In questo contesto l'Isis ha giocato in maniera scaltra: ha preso le armi saudite usandole contro le altre fazioni anti-Assad e per regolare i conti in Iraq; nello stesso tempo l'esercito siriano non gli ha dato fastidio più di tanto, puntando sul vecchio gioco del “divide et impera”. Il risultato oggi è un forte Stato fanatico sunnita, che seguendo una propria agenda, è diventato una minaccia per tutti.

C'è un solo modo per uscirne: far rimettere nel cassetto agli apprendisti stregoni i loro sogni di egemonia su tutto il Medio Oriente. Portandoli a un tavolo negoziale che ridisegni le rispettive sfere di influenza nella regione. È quello che in teoria si sarebbe dovuto fare a gennaio a Ginevra 2, la Conferenza sulla Siria, fallita perché Riyad rifiutò sdegnosamente la presenza di Teheran a quel tavolo (e Obama ubbidì).

Se vogliono davvero rimettere a posto i cocci gli Stati Uniti, la Francia e tutti coloro che nel conflitto iracheno contro Saddam Hussein hanno dato il loro contributo a mandare all'aria questa regione dovrebbero puntare a una sorta di Yalta del Medio Oriente che preveda precise garanzie per le minoranze. Un accordo del genere toglierebbe l'acqua sotto i piedi (e soprattutto parecchie armi) a realtà come l'Isis. Certo, molti diranno che la Yalta del Medio Oriente legittimerebbe dittatori e regimi oscurantisti, macchiatisi di crimini atroci. Anche Stalin lo era; ma non è stato con migliaia di altri morti che si sono poste le premesse per riuscire un giorno a sconfiggere i suoi eredi.