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Ci salverà (forse) l'agricoltura

Secondo un report della Rete Rurale Nazionale il modello familiare dell'impresa agricola comporta vantaggi nella divisione dei compiti a cui è correlata l'importanza della famiglia numerosa e di più nuclei familiari che collaborano.

Cultura 29_01_2014
Il trattore

Se c'è un settore economico in cui il ruolo della famiglia è fondamentale questo è senza dubbio quello agricolo. Lo dice l'immaginario comune, ma lo dicono anche i numeri. Secondo la FAO sono circa 800 milioni i produttori agricoli che seguono il modello dell'azienda familiare, questi provvedono al 70% della produzione mondiale di cibo e rappresentano 1,3 miliardi di lavoratori in tutto il mondo. In Europa le fattorie familiari coprono circa il 69% dei terreni agricoli. Se questa realtà alza la testa, e fa pesare il suo ruolo economico-culturale, la questione si fa interessante.

Lo scorso dicembre le Nazioni Unite hanno inaugurato l'Anno Internazionale della famiglia rurale, evento che è stato sottolineato anche da Papa Francesco. “Auspico – ha detto all'udienza del 20 novembre 2013 - che contribuisca a valorizzare gli innumerevoli benefici che la famiglia apporta alla crescita economica, sociale, culturale e morale dell’intera comunità umana.” E il mondo rurale questo lo fa vedere molto bene.

Si fa presto a dire contadini, ma dalla campagna emergono quelle caratteristiche che possono contribuire a risolvere la crisi che  sta segnando il post-moderno. Paradossalmente, mentre la modernità ha preso l'abbrivio dall'abbandono progressivo delle campagne, chissà che la post-modernità non possa essere superata proprio da un certo ritorno al mondo rurale. Non si tratta soltanto di un ritorno della forza lavoro (che in certa misura si sta anche realizzando), ma soprattutto di un ritorno culturale. 

Che l'agricoltura svolga un ruolo che va oltre la mera produzione di prodotti agricoli se ne sono già accorti da tempo anche gli estensori delle politiche agricole. I programmi di sviluppo rurale che finanziano il settore tengono in grande conto i benefici sull'ambiente e sulla crescita socio-economica delle comunità rurali. Già oggi l'imprenditore agricolo “produce” beni e servizi di carattere ambientale (biodiversità, assetto del territorio), culturale (didattica, paesaggio, tradizioni), turistico (agriturismo), di salute umana (salubrità alimentare), sociale (inserimento soggetti svantaggiati), energetico (impianti da fonti alternative). Ma il perno di tutta questa realtà è indubbiamente un certo modello familiare.

Secondo un report della Rete Rurale Nazionale emerge che il modello familiare dell'impresa agricola comporta vantaggi nella divisione dei compiti a cui è correlata l'importanza della famiglia numerosa e di più nuclei familiari che collaborano. L'ambiente rurale – secondo questo rapporto – permette lo sviluppo di famiglie con più figli rispetto a quanto accade nelle aree urbane. 

Il fatto di avere un'azienda familiare con diverse persone in grado di svolgere attività diversa, grazie ai rapporti di reciprocità e fiducia, costituisce fattore positivo di affidabilità e convenienza. A tutto ciò si aggiungono innegabili vantaggi sociali legati agli aspetti di educazione e formazione dei figli, e la cura degli anziani. 

La gran parte dei figli dei conduttori agricoli di età compresa tra i 18 ed i 39 anni è contento di vivere in un’area rurale: gli piace perché vivono a contatto con la natura e perché la vita in campagna non li fa annoiare ed hanno sempre qualcosa da fare. Anche il ruolo della donna è valorizzato, sempre più spesso le donne sono coinvolte in attività che caratterizzano le nuove funzioni dell'impresa: dall'agriturismo, alla valorizzazione dell'ambiente, dalla didattica, alle nuove funzioni sociali.

Tutto ciò sembra contrastare decisamente con tanti elementi di crisi del nostro tempo: calo demografico, problemi legati al lavoro, difficoltà di socializzazione e disagio giovanile, crisi della famiglia. 

Tutto oro quello che luccica? Probabilmente no, ma in campagna resiste ancora la famiglia allargata, quella che abbraccia più generazioni e che, come tale, conosce bene il senso del limite. Inoltre il tipo di lavoro legato al ritmo della natura impone a sua volta questo senso del limite che deve riconoscere un ordine che precede qualsivoglia ideologia. Quando si semina, per quanto ci si impegni, si deve sempre aver fiducia in qualcos'altro che alla fine determina il raccolto. L'agricoltore è naturaliter realista, metafisicamente parte avvantaggiato, e non è poco.