Chiese refettorio, una malsana ideologia
Un sacerdote ci scrive sull'uso di utilizzare le chiese come sala mensa ed esprime tutto il suo dolore: «Caro direttore, lei non può immaginare quanto soffro per questa deriva della Chiesa dove sembra che la sana “teologia” si stia trasformando in una malsana “ideologia”».
Caro Direttore,
Sono un sacerdote “in cura d’anime” (come si diceva una volta, quando la Chiesa si preccupava soprattutto della salvezza eterna degli uomini, mentre oggi pare che la preoccupazione principale sia quella di curare i corpi) che svolge il suo servizio al Signore in una diocesi del Centro Italia e le posso assicurare che nella mia attività spirituale non manca anche la preoccupazione per i bisogni materiali della gente, senza escludere nessuno.
Essendo un lettore assiduo de La Nuova Bussola Quotidiana, sto seguendo con molto interesse la vostra campagna #salviamolechiese. Mi ha colpito in modo particolare il grave comportamento dell’Arcivescovo di Napoli, S.E. Card. Sepe, nella famosa “pizzata” all’interno della sua Cattedrale (che ho avuto occasione di visitare molti anni fa) e ne sono rimasto assai sconcertato, per non dire sdegnato. Il vostro articolo sull’argomento è stato talmente eloquente da suscitare l’indignazione anche dei molti cattolici a cui l’ho fatto leggere, ecclesiastici compresi.
Non possiamo però non ricordare, a proposito di questi “pranzi” in chiesa che stanno quasi diventando di moda, che questa nuova “pastorale” è stata inaugurata il 1° ottobre 2017 a Bologna nel luogo più caro e significativo per la storia di questa città: la venerata basilica di San Petronio. Non c’è bisogno di dire chi ha inaugurato e benedetto tale iniziativa, anche perché la stessa Bussola commentò con molta chiarezza e disappunto il fatto.
Quello che in tale occasione ha però provocato in me un doloroso turbamento è stata, al di là del fatto in sé, la singolare giustificazione “teologica” del gesto da parte di chi dovrebbe “confermare" e non confondere i propri fatelli nella fede. Il testo integrale dell’intervento del S. Padre lo possiamo leggere sul sito del Vaticano.
In quel discorso, oltre a uno strano concetto di Chiesa, si trova pure una interpretazione parziale, a senza unico e piuttosto lontana dalla tradizione patristica, della frase “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. A mio parere, infatti, la prima parte della preghiera del Signore - specialmente quel “sia santificato il tuo Nome” che viene subito dopo quel “Padre nostro” tanto conclamato - è il fondamento e la chiave di lettura di tutta la preghiera. Mi pare evidente - a tale proposito - che i luoghi in cui i cristiani “ santificano” in modo eminente il Nome di Dio, siano proprio le chiese, luoghi consacrati, cioè dedicati esclusivamente a Dio, dove risuonano in ogni Messa quel “Santo, Santo, Santo” che esprime tutta la trascendenza di Colui che, subito dopo “annienta se stesso” offrendosi in sacrificio, per noi e per la nostra salvezza, nel Corpo e nel Sangue di Cristo.
Questo mirabile “mistero della fede” racchiude tutta l’opera di Dio, dall’inizio della creazione fino alla consumazione dei secoli, meravigliosa opera realizzata con l’incarnazione del Figlio. Questa realtà - mi scusi l’espressione - non ha niente a che fare con un banale “pranzo sociale” pur offerto con tutte le migliori intenzioni.
Perché allora sdegnarsi per l’episodio di Napoli se l’esempio viene dalla più alta autorità della Chiesa? Se poi in una mostra in Terra Santa viene anche esposta un’opera che mostra il crocifisso vestito con la divisa di Mac Donald’s, provocando il giusto sdegno delle autorità cattoliche del luogo, di che cosa meravigliarsi?
Caro Direttore, lei non può immaginare quanto soffro per questa deriva della Chiesa dove sembra che la sana “teologia” si stia trasformando in una malsana “ideologia”, tutta mondana e lontana dalla Verità che il Figlio di Dio ci ha consegnato incarnandosi e morendo in croce per noi!
Grazie di tutto quello che la Bussola fa, anche per aiutare non sacerdoti, a difesa della perenne dottrina della Santa Chiesa, unica arca di salvezza che - nonostante tutto - continuiamo e continueremo sempre ad amare.
Padre Paolo
Sacerdote