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DI FRONTE AGLI SCANDALI

Chiesa, il grande paradosso del peccato e dell'annuncio

Tra i cattolici sta girando un “sentimento” abbastanza strano, reso ancora più forte a seguito della scoperta dei tanti peccati (anche orribili) commessi da fedeli ed ecclesiastici appartenenti alla Chiesa. Il grande paradosso cristiano è che Dio ha scelto la debolezza umana per perpetuare nella storia e fino alla fine dei tempi la presenza di Cristo. E’ un paradosso drammatico e affascinante, di cui non dobbiamo vergognarci. 

Editoriali 25_09_2018

Caro direttore,
Ho l’impressione che tra i cattolici stia girando un “sentimento” abbastanza strano, reso ancora più forte a seguito della scoperta dei tanti peccati (anche orribili) commessi da fedeli ed ecclesiastici appartenenti alla Chiesa. Mi sembra che tale “sentimento” esprima una posizione alquanto preoccupante, secondo la quale la Chiesa, a causa di tali peccati, non sarebbe più credibile nell’annunciare la verità ed il fascino di Cristo al mondo e soprattutto ai giovani.

La Chiesa, allora, composta da peccatori (siamo tutti peccatori e non ci sono, in questo senso, “mele marce”), dovrebbe solo stare zitta per la vergogna? A parte il fatto che tutti gli uomini, proprio tutti, portano dentro di sé quella bestia che si chiama peccato originale (persino i giudici ed i giornalisti ne sono muniti) anche se tutti continuano a parlare, mi pare che i cattolici, compresi molti vescovi, stiano dimenticando che l’aspetto umano, con tutti i suoi limiti e peccati, fa “parte imprescindibile della definizione di Chiesa.

E’ quasi ovvio che ciò sembri assurdo, dato il limite umano, ma se si riconosce che la Chiesa si definisce così, nessuna obiezione al cristianesimo potrà in linea logica prendere a spunto o a pretesto la sproporzione, l’inadeguatezza, l’errore della realtà umana che forma la Chiesa…nessuna miseria potrà annullare la paradossalità dello strumento scelto da Dio”. (Luigi Giussani, Perché la Chiesa, Rizzoli, pag. 167-168).

A fronte dei nostri peccati, dobbiamo chiedere perdono anche pubblicamente (come cominciò a fare San Giovanni Paolo II), dobbiamo fare penitenza, dobbiamo flagellarci, dobbiamo (soprattutto) confessarci in privato e, quando occorre, anche in pubblico: l’unica cosa che non dobbiamo fare è quella di rinunciare a riaffermare la verità di Cristo e di tutto ciò che da Lui deriva, perché questo è il compito che Lui stesso ci ha assegnato.

San Pietro ha gravemente peccato quando ha avuto vergogna di Cristo e lo ha rinnegato: ha pianto amaramente per questo, ma non è venuto meno alla responsabilità di dire la verità di Cristo (non la sua), fino a dare la propria vita per questo. La Samaritana non si è fatta bloccare dai propri peccati messi in luce da Cristo stesso, ma è corsa al villaggio per dire a tutti quel che le era successo.

Zaccheo, mafioso diremmo oggi, è tornato dalle sue vittime per testimoniare ciò che aveva capito durante un solo pranzo con Gesù. I due Apostoli avevano discusso con Gesù per sapere chi avrebbe fatto il “capo” (e non c’era ancora il Vaticano), ma poi hanno dedicato tutta la vita ad annunciare che Cristo era risorto.

Insomma, il grande paradosso cristiano è che Dio ha scelto la debolezza umana per perpetuare nella storia e fino alla fine dei tempi la presenza di Cristo. E’ un paradosso drammatico e affascinante, di cui non dobbiamo vergognarci.

Caro direttore, mi chiedo come possa accadere che i nostri limiti arrivino ad arrestare il nostro impeto missionario (perché di questo si tratta). Forse, tutto ciò sta accadendo perché molti cattolici hanno ridotto il richiamo cristiano agli aspetti etici (o, peggio, moralistici). A questo livello vincerà sicuramente il “mondo”, composto da “scribi e farisei”.

Noi cristiani dobbiamo riportare il livello dell’annuncio a quello “ontologico”. Dobbiamo, cioè, annunciare Cristo, innanzi tutto come liberatore del “nostro” peccato. A questo livello, non avremo né vergogna né paura, perché annunciamo che Cristo è venuto proprio a liberarci dai nostri peccati e dalle nostre sozzure. Se siamo sinceri in questo, saremo sempre “credibili”. Personalmente, io che ero lontano dal cristianesimo anche a causa dei limiti di tanti cristiani, mi sono convertito  alla Chiesa cattolica perché ho incontrato qualcuno che credeva fermamente in quello che diceva.