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L'UDIENZA

Chiamati a farci prossimo degli altri

«Nei gesti e nelle azioni del buon samaritano riconosciamo l’agire misericordioso di Dio in tutta la storia della salvezza». Lo ha detto papa Francesco il 27 aprile durante l’udienza generale, in cui ha commentato la parabola del buon Samaritano. 

Ecclesia 27_04_2016
Papa Francesco

«Nei gesti e nelle azioni del buon samaritano riconosciamo l’agire misericordioso di Dio in tutta la storia della salvezza». Lo ha detto papa Francesco il 27 aprile durante l’udienza generale, in cui ha commentato la parabola del buon Samaritano. 

Il Papa si è soffermato soprattutto sulla domanda posta da un dottore della Legge a proposito di chi sia «il mio prossimo», domanda da cui Gesù prende spunto per raccontare la parabola «che mette in scena un sacerdote, un levita e un samaritano. I primi due sono figure legate al culto del tempio; il terzo è un ebreo scismatico, considerato come uno straniero, pagano e impuro, e cioè il samaritano».

Il primo insegnamento della parabola, dice papa Francesco, è che «non è automatico che chi frequenta la casa di Dio e conosce la sua misericordia sappia amare il prossimo». Infatti il sacerdote e il levita vedono e passano oltre. Non così, invece, il samaritano che, quando vide l’uomo ferito, «ne ebbe compassione», lo cura, lo trasporta in albergo, paga per lui. «Il cuore del samaritano era sintonizzato con il cuore stesso di Dio. Infatti, la “compassione” è una caratteristica essenziale della misericordia di Dio», dice il Papa.

«Avere compassione» è un’espressione che »indica che le viscere si muovono e fremono alla vista del male dell’uomo. E nei gesti e nelle azioni del buon samaritano riconosciamo l’agire misericordioso di Dio in tutta la storia della salvezza. È la stessa compassione con cui il Signore viene incontro a ciascuno di noi: Lui non ci ignora, conosce i nostri dolori, sa quanto abbiamo bisogno di aiuto e di consolazione. Ci viene vicino e non ci abbandona mai».

Un altro aspetto che emerge dall’azione del samaritano è che «tutto questo ci insegna che la compassione, l’amore, non è un sentimento vago, ma significa prendersi cura dell’altro fino a pagare di persona. Significa compromettersi compiendo tutti i passi necessari per “avvicinarsi” all’altro fino a immedesimarsi con lui: «amerai il tuo prossimo come te stesso». Ecco il comandamento del Signore!»

Nel dialogo tra Gesù e il dottore della Legge, che segue la parabola, Gesù rovescia la prospettiva della domanda che gli era stata posta: «Non stare a classificare gli altri per vedere chi è prossimo e chi no. Tu puoi diventare prossimo di chiunque incontri nel bisogno, e lo sarai se nel tuo cuore hai compassione», afferma papa Francesco che quindi ricorda come «Siamo tutti chiamati a percorrere lo stesso cammino del buon samaritano, che è figura di Cristo: Gesù si è chinato su di noi, si è fatto nostro servo, e così ci ha salvati, perché anche noi possiamo amarci come Lui ci ha amato».

- IL TESTO INTEGRALE DELL'UDIENZA