Chi si muove dietro le quinte?
Non esiste una cospirazione globale: ci sono diversi influenti giochi di potere.
- Un mondialista alla guida dell'Italia, di Gianfranco Amato
Le circostanze che hanno portato alla formazione del governo Monti hanno rilanciato il dibattito sulle «teorie del complotto». Si tratta di un tema non nuovo, di cui la storia e la sociologia si sono spesso occupate. Se anche non si vogliono evocare gli studi di un secolo fa dell’illustre sociologo tedesco Georg Simmel (1858-1918), i lavori più recenti – di fama internazionale – dello storico italiano Zeffiro Ciuffoletti e quelli del politologo statunitense Michael Barkun – con cui ho avuto spesso occasione di confrontarmi in occasione di congressi e convegni – hanno aperto più di uno spiraglio su come nascono e si affermano queste teorie.
Il fascino e la drammaticità della storia trovano ampio fondamento nella sua imprevedibilità. Progetti preparati per anni possono fallire per il gioco di circostanze impreviste. Incidenti apparentemente insignificanti possono cambiare il corso delle vicende storiche. Alcuni, sconcertati dalla imprevedibilità della storia, pensano che le cose stiano diversamente e che le carte del gioco storico siano truccate. Vi sarebbero pochi avvenimenti imprevisti, nel senso che molti sembrano imprevisti ai più, ma sono stati attentamente programmati da personaggi che si nascondono dietro le quinte. Proprio perché nascosti, costoro conoscono in anticipo avvenimenti che gli altri non sono in grado di prevedere, quindi riducono al minimo la possibilità di incidenti e imprevisti. In altre parole: organizzano la storia come un complotto. Ogni volta che le vicende storiche si fanno particolarmente complesse e drammatiche – così dopo l’11 settembre 2001, e nelle più modeste vicende di casa nostra che hanno preceduto e seguito la caduta nel 2011 del governo Berlusconi –, cresce la popolarità di teorie ispirate a quella che Ciuffoletti chiama la «retorica del complotto», che riducono la complessità della storia a pochi elementi nascosti e fondamentalmente semplici. Tuttavia, non esiste un unico tipo di teoria del complotto. Occorre almeno distinguere fra microcomplotti, complotti metafisici e macrocomplotti.
Pochi storici e sociologi ormai negherebbero che nella storia vi siano microcomplotti, che – cioè – avvenimenti, i quali fanno irruzione sulla scena della storia con i caratteri del sorprendente o dell’imprevisto, siano in realtà programmati da gruppi i cui progetti restano sconosciuti alla maggioranza dei contemporanei. Pochi, per esempio, potrebbero sostenere seriamente che la Rivoluzione francese sia davvero esplosa all’improvviso per cause imprevedibili e imponderabili. Storici di scuole e simpatie diverse ammettono che la Rivoluzione francese sia stata, in qualche modo e in parte, preparata da «società di pensiero» e altri gruppi di pressione, i cui progetti e le cui attività non erano noti ai contemporanei né prima né durante la Rivoluzione, anche se sono stati parzialmente identificati dopo. Lo stesso si può dire per la Rivoluzione bolscevica, nella cui preparazione è ormai ben nota, per esempio, l’influenza dei servizi segreti tedeschi. I complotti, dunque, esistono, anche se – per ragioni che sarebbe interessante studiare, e che qualcuno potrebbe forse ricollegare a ulteriori piccoli complotti – i libri scolastici di storia di solito li ignorano del tutto.
Se i microcomplotti – diretti a un fine specifico, talora di grandissima rilevanza, ma comunque limitato nello spazio e nel tempo e privo del carattere dell’universalità – rientrano nell’ambito degli studi degli storici di professione, e possono essere dimostrati tramite prove empiriche, i complotti metafisici sfuggono invece al lavoro empirico dello storico. Vi è chi – per esempio la fondatrice della Società Teosofica, Madame Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891) – sostiene che una Grande Loggia Bianca, composta da «maestri ascesi», guidi in modo occulto le vicende dell’umanità; e che, per diametrum, una non meno misteriosa Loggia dei Fratelli Neri coordini le attività di quanti si oppongono al bene degli uomini. È evidente che le loro presunte attività si svolgono su un piano che non è quello dei fatti suscettibili di verifica empirica, e sfuggono quindi totalmente al lavoro degli storici.
Altri – senza troppe elucubrazioni su logge segrete «bianche» o «nere» – richiamano semplicemente l’attenzione sul fatto – del resto ovvio per i cristiani – che Dio guida la storia tramite la Provvidenza – sia pure attraverso percorsi misteriosi, che spesso sfuggono alla comprensione umana – e che anche il Diavolo non agisce nel mondo in modo casuale, ma coordina le molteplici manifestazioni della tentazione attraverso una sorta di antiprovvidenza. E la sua opera non interessa solamente i singoli in quanto singoli, ma anche gruppi umani, e – in questo caso – non obbligatoriamente piccoli. Il cristiano fedele al Magistero evita ogni dualismo, e ricorda che Provvidenza e antiprovvidenza non sono sullo stesso piano: poiché il potere di Dio è illimitato e quello del Diavolo è limitato, l’esito finale dello scontro è già scritto, il che non impedirà a tale lotta di assumere, prima di questo esito, un carattere doloroso e cruento.
È importante distinguere accuratamente le teorie del complotto metafisico di carattere teologico oppure esoterico da quelle del macrocomplotto. Quando si parla del «complottismo», di cui per esempio il romanziere statunitense Dan Brown è un epigono di successo, si fa riferimento quasi esclusivamente a queste ultime teorie. Per le teorie del macrocomplotto, o complottiste, esisterebbe un vero organigramma, sostanzialmente fisso, delle forze del male, che sono all’opera da sempre – o da tempo immemorabile – nella storia e che hanno prodotto, concatenandoli, tutta una serie di avvenimenti: guerre, rivoluzioni, lutti e rovine. Le teorie del macrocomplotto nascono nella letteratura sull’Anticristo e sul suo prossimo avvento che, pur non assente in ambito medioevale, dilaga dopo la Riforma protestante. L’opera del Diavolo nella storia è riferita a uno scopo preciso, l’avvento dell’Anticristo, per cui operano da sempre forze nascoste. E per i polemisti protestanti l’Anticristo è il Papa.
A partire dal Settecento una certa forma di pensiero religioso sarà tentata da teorie complottiste a fronte di eventi apparentemente imprevedibili e difficili da spiegare con cause puramente naturali: l’egemonia culturale dell’Illuminismo, la Rivoluzione francese, e più tardi l’esplosione dello spiritismo, la rapida scristianizzazione di numerosi paesi europei, il socialismo e il comunismo. Sono così costruiti schemi a forma di piramide che vedono fisicamente dietro i dirigenti politici e culturali visibili una classe dirigente invisibile costituita dalle società segrete, fra cui – ma non è la sola – la massoneria. Dietro le società segrete opererebbero società ancora più segrete, apertamente sataniste. Dietro i satanisti opererebbe il Diavolo in persona, la cui azione non si limiterebbe alla modalità della tentazione, ma si manifesterebbe in apparizioni molto esplicite e dirette, in cui il Principe del Male dà istruzioni precise e dettagliate ai propri luogotenenti umani. Solo a un’epoca relativamente tarda, nello schema – da qualche parte fra i massoni e i satanisti – vengono inseriti anche gli ebrei, intendendo questa espressione, almeno fino al secolo XX, in senso non razziale ma religioso, dal momento che i teorici del complotto sono più spesso antigiudaici che antisemiti.
Sulla scia delle analisi complottiste della Rivoluzione francese, grandi teorie del complotto vengono proposte da alcuni demonologi francesi negli anni 1860 e 1870. Il più grande affresco del complotto universale si ritrova però nelle opere di un mistificatore, Léo Taxil (pseudonimo di Gabriel Jogand, 1854-1907), che denuncia una gigantesca cospirazione di massoni manovrati da satanisti e ultimamente dal Diavolo in persona. Taxil confessa la sua frode nel 1897. La vicenda Taxil – che è al centro anche dell’ultimo romanzo di Umberto Eco, Il cimitero di Praga – farà perdere credibilità al complottismo in genere, che tuttavia sarà talora riproposto – spesso utilizzando le opere del mistificatore francese senza citarlo – nel secolo XX.
Benché il luogo comune culturale si presenti sul punto pressoché senza incertezze, il complottismo non è certamente una caratteristica esclusiva di ambienti «di destra». Un complotto universale di forze reazionarie per ostacolare il progresso, e ultimamente il comunismo, ha fatto spesso la sua comparsa nella letteratura sovietica. In Italia echi di questa letteratura si ritrovano in una pubblicistica che ipotizza un grande complotto – di origini antiche – della massoneria, della mafia, dei servizi segreti statunitensi e della Chiesa cattolica per ostacolare la «marcia del progresso» e in particolare l’accesso del Partito Comunista Italiano al potere. Naturalmente, si tratta di un mondo dove tutto può cambiare di segno. La massoneria e molti altri possono essere presentati come «buoni» o «cattivi» – o ancora come buoni che sembrano cattivi, o cattivi che sembrano buoni – in un’infinita gamma di variazioni possibili, e questo spiega le innumerevoli opportunità che si presentano anche a chi voglia ricavarne romanzi o film.
È difficile dimostrare sul piano empirico che le teorie del macrocomplotto non sono vere. Tuttavia, l’onere della prova del macrocomplotto incombe su chi sostiene che esista, e il fatto che sia impossibile provare che non esiste non è un argomento a favore dei complottisti. In ultima analisi la loro tesi di fondo è per definizione inattendibile, e tipicamente ideologica, perché semplifica la complessità della storia. Notiamo però un altro punto, molto importante. Il discredito che facilmente colpisce le tesi del macrocomplotto rischia di travolgere – giacché la distinzione fra diversi tipi di complotto non è facile – anche le teorie del complotto metafisico – che meritano certamente maggiore attenzione – e le puntuali denunce di microcomplotti tutt’altro che immaginari. Parlare troppo di macrocomplotti finisce per distogliere l’attenzione dai microcomplotti, dai veri complotti all’opera quotidianamente dietro la cronaca e la storia, il cui studio rimane invece indispensabile a chi voglia intendere, al di là delle apparenze, l’inesauribile complessità delle vicende umane.
Le tesi sul «complotto massonico» ricordano irresistibilmente Léo Taxil se si intende l’azione della massoneria nella storia come un macrocomplotto che reggerebbe tutte le vicende storiche quasi che queste fossero guidate da un solo «Grande Vecchio» nelle cui mani i grandi della politica e dell’economia sarebbero soltanto burattini. Ma questo non deve farci dimenticare che, nella storia, la massoneria è stata al centro d’innumerevoli microcomplotti, alcuni dei quali riusciti, in collaborazione – e qualche volta in contrasto – con altri «poteri forti», che non sono certo un’invenzione di qualche giornalista. E che le massonerie – certo diverse da Paese a Paese, da obbedienza a obbedienza, da epoca storica a epoca storica –, nella misura in cui sono davvero specie del genere «massoneria», hanno in comune – come insegna anche il Magistero della Chiesa – un’azione ostile all’idea che esistano dogmi, verità e «principi non negoziabili», sulla base di un’ideologia sostanzialmente relativista. Il vero «complotto» massonico – lo si chiami così o no –, o almeno quello più pericoloso dal punto di vista della Chiesa, non consiste tanto nel favorire questo o quel governo – per quanto possa trattarsi di un mezzo rispetto a un fine –, ma nel promuovere sul piano culturale un metodo «antidogmatico» che diffonde una visione della verità come relativa e condizionata da variabili indipendenti che la determinano. Com’è evidente, si tratta di una posizione antitetica a quella della Chiesa, per cui esistono verità che non possono essere messe in discussione e principi che non sono negoziabili e che non dipendono dal consenso.
Per questo – al di là degli atteggiamenti nei confronti della Chiesa di singoli massoni, che non mutano però il quadro generale – la Chiesa, con la Dichiarazione sulla massoneria del 1983 della Congregazione per la Dottrina della Fede, firmata dal suo prefetto di allora cardinale Joseph Ratzinger ma sottoscritta anche dal Papa Beato Giovanni Paolo II (1920-2005) così che dev’essere considerata Magistero vincolante per tutti i fedeli e tuttora vigente, ci ricorda che «rimane [...] immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione».