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QUARESIMA / 1

Chi, perché e come ha voluto mettere a morte Gesù

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Con oggi, Mercoledì delle Ceneri, inizia il cammino quaresimale. Quest'anno lo vogliamo seguire attraverso i commenti di padre Cornelio a Lapide (1567-1637) alla Passione secondo il Vangelo di San Matteo. Iniziamo dalla decisione dei sacerdoti di mettere a morte Gesù. 

Ecclesia 22_02_2023 English Español
Gesù davanti a Pilato (Munkacsy)

Pubblichiamo di seguito, per la Quaresima, la prima di una serie di testi sulla Passione di Gesù, tratti dal Commentario ai Vangeli di padre Cornelio a Lapide (1567-1637), gesuita ed esegeta fiammingo. Questo religioso è noto per aver scritto ampi commentari di tutte le Sacre Scritture, ad eccezione dei Salmi e del Libro di Giobbe: il suo progetto fu interrotto solo dalla morte. Con la sua opera Cornelio a Lapide si proponeva di offrire il significato allegorico, anagogico e tropologico della Sacra Bibbia, con l’intento principale di fornire un aiuto ai predicatori. I suoi commentari sono preziosi anche perché contengono numerose citazioni dei Padri della Chiesa e di altri esegeti successivi.*

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Ma quando fu mattina, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per metterlo a morte (Mt 27,1). «Vedi qui», dice S. Girolamo, «l'ansia dei Sacerdoti per il male», i loro piedi erano pronti a spargere sangue (Sal 14,6). Erano spinti dal loro odio amaro di Cristo e dall’istigazione di Satana. Era la mattina di venerdì, solo poche ore prima della Sua crocifissione, quando Caifa, che lo aveva già processato e condannato la sera prima, convocò così presto il grande Consiglio del Sinedrio. Era per ottenere la Sua condanna da parte di tutto il Corpo, che avrebbe assicurato la successiva condanna da parte di Pilato.

S. Leone dice: «Questa mattina, o giudei, hanno distrutto il vostro tempio e altari, vi hanno portato via la Legge e i Profeti, vi hanno privato del vostro regno e sacerdozio, e hanno trasformato tutte le vostre feste in guai senza fine».

Per metterlo a morte. Ovvero, come potevano farlo senza ostacoli o tumulti, e anche con quale tipo di morte, come, ad esempio, quella della Croce, la più ignominiosa di tutte. Alcuni membri del Consiglio erano probabilmente seguaci e amici di Cristo; e questi molto probabilmente si sono assentati, o non sono stati convocati, o mandati via altrove, per paura che lo difendessero. Ma se qualcuno di loro era presente, o pronunciava una sentenza a suo favore, o erano costretti dal clamore degli altri a tacere; come Nicodemo e Giuseppe di Arimatea. Notate che questo malvagio Consiglio ha sbagliato non solo di fatto, ma anche di fede. Perché ha dichiarato che Gesù non era il Cristo né il Figlio di Dio, ma che era colpevole di morte, poiché aveva affermato falsamente di essere entrambi: tutte le affermazioni sono errate ed eretiche.

E quando lo ebbero legato, lo portarono via e lo consegnarono a Ponzio Pilato, il governatore (Mt 27,2). «Perché», come dice S. Girolamo, «era l’usanza ebraica di legare e consegnare al giudice coloro che avevano condannato a morte». Ecco allora Sansone legato da Dalila, Cristo dalla sinagoga. Origene dice in verità: «Legarono Gesù che scioglie i legami, che scioglie le catene, e dicono: “Rompiamo i loro legami a pezzi”. Poiché Gesù era legato affinché potesse liberarci prendendo su di sé i legami e la punizione dei nostri peccati».

Lo portarono via. Ovvero Caifa e tutti gli altri membri del Consiglio, per schiacciare con il peso della loro autorità sia Gesù che Pilato allo stesso modo. Perché se Pilato si fosse rifiutato di ratificare la loro sentenza, avrebbero potuto accusarlo di mirare alla sovranità di Giuda, e di essere quindi un nemico di Cesare, e costringerlo in questo modo, anche contro la sua volontà, a condannarlo a morte.

Consegnato a Ponzio Pilato. Perché? Alcuni pensano, da quanto si dice nel Talmud, che agli ebrei fosse proibito mettere a morte qualcuno. Ma il fatto era che i romani avevano tolto ai giudei il potere della vita e della morte. Anania [Anna] fu deposto dal Sommo Sacerdozio per aver ucciso il Signore e altri, senza il consenso del governatore romano. La lapidazione di S. Stefano fu solo uno scoppio di furore popolare.

C'erano anche altri motivi:

1. Per rimuovere da sé stessi il discredito della Sua morte, come se fosse nata solo dall'invidia;

2. Per disonorarLo il più possibile, facendoLo condannare da Pilato alla morte ignominiosa della crocifissione, la punizione dei ribelli. Loro stessi Lo avevano condannato per blasfemia, che era punita con la lapidazione;

3. Per disonorarLo maggiormente facendoLo morire come profano, anche da uno che profanava egli stesso la santa festa della Pasqua.

Ma ai giudei fu inflitta una punizione di rappresaglia; perché, come hanno consegnato Cristo a Pilato, così sono stati consegnati a loro volta per essere distrutti da Tito e Vespasiano.


* Padre Konrad zu Löwenstein ha curato la presentazione e traduzione del testo.