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POLEMICHE

Chi ha paura dei cristiani uccisi

Il mensile missionario gesuita Popoli obietta sulla cristianofobia. Ma 105 mila morti all’anno non sono vittime per caso. Qualcuno li ha uccisi.

Editoriali 13_03_2012
Popoli
Sul sito del mensile missionario gesuita Popoli, che peraltro pubblica spesso notizie e testi di grande interesse, è apparso un articolo a firma di Michele Ambrosini dal titolo «Quando la cristianofobia fa comodo» che, se da una parte riconosce la persecuzione e discriminazione dei cristiani come «problema noto e gravissimo», dall’altra denuncia le «vere e proprie truffe» da parte di chi manipolerebbe le cifre per raccogliere offerte o per ragioni politiche.

L’autore ha certamente la sua parte di ragione. Molti lettori avranno ricevuto la nuova versione delle famose «mail nigeriane» che un tempo promettevano guadagni mirabolanti a chi aiutasse funzionari della Nigeria a esportare capitali all’estero e oggi chiedono aiuto per famiglie più o meno immaginarie di cristiani perseguitati. Inutile dire che chi risponde alle mail finisce solo per trasferire fondi alla criminalità organizzata nigeriana. E non si tratta delle uniche truffe.

Tuttavia, l’autore esagera quando sembra mettere sullo stesso piano la truffa – che c’è – e quelle che in modo più nebuloso denuncia come speculazioni politiche. Alquanto ingeneroso appare l’attacco all’organizzazione protestante Open Doors, la cui azione a favore dei cristiani perseguitati ha ricevuto importanti riconoscimenti internazionali, da ultimo dal Consiglio d’Europa. Ambrosini scrive che Open Doors pubblica liste annuali dei Paesi dove le «persecuzioni dei cristiani sono più dure; scorrendo la lista però ci si rende conto che in diversi casi si tratta di Paesi con governi comunisti come la Corea del Nord, il Laos o Cuba, che non hanno come bersaglio il cristianesimo, ma la religione in generale». Ora, o le cifre di Open Doors sono vere – e non mi risulta che alcuno le abbia seriamente contestate – o sono false. Se sono vere, non so quanto aiuti i cristiani mandati a morire nei campi di concentramento della Corea del Nord sapere che il loro governo non ce l’ha tanto con il cristianesimo quanto con «la religione in generale».

Che Ambrosini abbia scritto il suo articolo un po’ frettolosamente risulta poi da questo passaggio, che mi riguarda direttamente: «Inoltre sono diversi i siti che riportano una stima, attribuita al fondatore del Cesnur Massimo Introvigne, secondo cui nel mondo lo scorso anno sarebbe stato ucciso a causa della fede un cristiano ogni 5 minuti, per un totale di più di 105mila morti l’anno. Tuttavia risulta difficile trovare sulla rete una spiegazione del metodo con cui è stata calcolata tale cifra, cifra che appare obiettivamente inverosimile».

Con tutto il rispetto dovuto alla rivista che lo ospita, non posso non rilevare che quello che appare «obiettivamente inverosimile» è che qualcuno si permetta tanto alla leggera frasi di questo genere. Ambrosini mi cita come «fondatore del Cesnur», che è il Centro Studi sulle Nuove Religioni. Avrebbe potuto citarmi anche come sociologo, redattore de La Bussola Quotidiana o padre di famiglia. Una brevissima ricerca via Google lo avrebbe indotto a precisare che ho citato quella statistica in una sede istituzionale, in un intervento del 3 giugno 2011 alla «Conference on the Christian-Jewish-Muslim Interfaith Dialogue» organizzata al Castello Reale di Gödöllo, presso Budapest, dalla Presidenza ungherese dell’Unione Europea cui partecipavo nella mia veste di Rappresentante dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta al razzismo, alla xenofobia e all’intolleranza e discriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni, mandato che ho svolto dal 5 gennaio al 31 dicembre 2011.

Non risulta affatto «difficile trovare sulla rete» le fonti dei miei dati. Se Ambrosini fosse un lettore de La Bussola Quotidiana avrebbe potuto facilmente trovare un mio articolo in proposito dello scorso 8 giugno 2011. Naturalmente, nessuno è obbligato a leggere La Bussola Quotidiana. Poiché però Ambrosini afferma di conoscermi per la mia attività nel CESNUR, aprendo il relativo sito avrebbe trovato nella pagina di benvenuto il richiamo a un testo, pubblicato sia in italiano sia in inglese, «Cristiani uccisi nel mondo: uno ogni cinque minuti», che fornisce gli stessi dati e fonti. Se, usando Google, Ambrosini avesse poi incrociato le parole «Introvigne» e «cinque minuti» avrebbe trovato, come primo riferimento, lo stesso articolo. «Difficile trovare sulla rete»? Solo per chi non cerca.

Da tutte queste fonti Ambrosini avrebbe facilmente ricavato: (1) che la fonte delle mie statistiche è David B. Barrett (1927-2011), pacificamente riconosciuto come il maggiore esperto di statistica religiosa del secolo XX; (2) che nel monumentale volume scritto con il collaboratore Todd Johnson, «World Christian Trends AD 30 – AD 2200» (William Carey Library, Pasadena 2001), Barrett spiega con dovizia di particolari i criteri con cui calcola annualmente il numero dei martiri; (3) che Barrett nella sua rivista «International Bulletin of Missionary Research» ha continuato a pubblicare stime e proiezioni dei martiri cristiani, anno per anno; (4) che da una media di circa 160.000 martiri all’anno del primo decennio del XXI secolo la proiezione di Barrett indicava un dato migliore per il 2011, circa 100.000 cristiani uccisi per la loro fede; (5) che nel corso del 2011 altri autorevoli studiosi avevano indicato il dato come almeno lievemente sottostimato per difetto; (6) che, lievemente riapprezzando la proiezione di Barrett – dico lievemente, perché altri studiosi parlano di una cifra fra i 130.000 e i 170.000 – e immaginando 105.000 martiri all’anno, si arriva con una semplice divisione a un morto ogni cinque minuti.

Tutte cose molto semplici, e molto facili da capire. Senza volere assolutamente arrischiare un giudizio su Ambrosini, che non conosco, osservo che queste cifre danno talora fastidio non quanto alle vittime – le vittime sono sempre simpatiche – ma quando dalle vittime si passa a nominare i persecutori, i cui nomi magari fanno scattare antiche simpatie ideologiche (i regimi comunisti) o timori che qualcuno possa risentirsi e tagliarci il petrolio (il mondo islamico) o l’acquisto di buoni del tesoro di cui abbiamo tanto bisogno (la Cina). Tuttavia, questi 105.000 morti all’anno non sono vittime d’incidenti automobilistici né di terremoti. Qualcuno li ha uccisi. Dove c’è una vittima c’è un assassino. Chi non vuole nominare gli assassini non è veramente solidale con le vittime. E nel frattempo – se avete dedicato dieci minuti a leggere questo articolo – altri due cristiani sono stati uccisi da qualche parte del mondo. Perché la strage continua. Un morto ogni cinque minuti.