Chi ha davvero ucciso "Il Vittorioso"
Il Vittorioso, periodico per ragazzi, fondato nel 1937, fu un'importante voce cattolica e palestra per le migliori firme del mondo dei fumetti. Lanciato per volontà di Azione Cattolica, ebbe il suo apogeo negli anni Cinquanta, ma già nel 1966 iniziava la sua parabola discendente. Perché? La risposta si trova nella sua stessa redazione.
Manca poco alla ricorrenza degli 85 anni dalla fondazione de Il Vittorioso, storico periodico per ragazzi rimasto a lungo tra i più diffusi a livello nazionale. È stato ed è ancora apprezzato da chi, per anagrafe, fu tra i lettori affezionati dell’epoca e da chi, per passione, ancora oggi trova nelle sue pagine le migliori firme della scuola fumettistica italiana, non a caso tra le più affermate al mondo.
Il Vittorioso venne fondato il 9 gennaio 1937 e pubblicato dalla casa editrice AVE ovvero Anonima Veritas Editrice, braccio editoriale dell’Azione Cattolica Italiana, voluta da un pezzo da novanta dell’attivismo ecclesiale, Luigi Gedda, peraltro anche direttore della testata dal 1939 al 1947. Il giornale – all’inizio, otto pagine in tutto, costo 30 centesimi - fu distribuito in modo capillare nelle edicole, nelle parrocchie, negli oratori, nelle scuole cattoliche e per abbonamento. È possibile collocare il suo periodo d’oro attorno agli Anni Cinquanta, cui seguì però una crisi rivelatasi poi irreversibile. Nel 1966 venne posta la parola fine. Nel gennaio 1967 si è tentato di rianimare la testata mutandole nome – divenne Vitt - Il rotocalco dei ragazzi -: ma l’esperimento fallì e poco dopo, nel 1970, le pubblicazioni cessarono definitivamente. Sopravvisse solo una delle “creature” più prestigiose de Il Vittorioso, il Diario Vitt, uscito con alterne vicende fino alla fine degli anni Novanta.
Eppure l’intento, che spinse ad intraprendere quest’autentica avventura editoriale, fu estremamente nobile: il mondo cattolico, dai vertici agli oratori, guardava con estrema, giustificata preoccupazione ad alcune testate laiche per ragazzi, uscite nei primi decenni del Novecento, ritenute diseducative. Lo stesso dicasi soprattutto per i fumetti americani. A poco servì sconsigliarne la lettura dai pulpiti, si comprese come non fosse questo il modo migliore per arginare il fenomeno. La soluzione, previa un’attenta analisi del “mercato”, soprattutto di quello “interno” - quello dell’Azione Cattolica, all’epoca potentissima, e delle parrocchie -, fu individuata nel varare in proprio una nuova testata dai contenuti sicuri, moralmente solidi ed, al contempo, con una grafica accattivante ed illustrazioni di alta qualità. Il successo arrise al coraggio ed all’intraprendenza, con cui venne lanciata l’interessante operazione editoriale.
Poi però cosa avvenne? Cosa provocò quella crisi inarrestabile, che portò alla chiusura ed alla fine di questa esperienza? Indubbiamente, come diversi fanno notare, vi fu una sorta di fuga delle migliori penne, attratte dalle sirene ovvero dalle allettanti proposte, con cui altri editori cercarono – in parte riuscendovi - di strappare i migliori disegnatori al Vittorioso. Vi furono poi la rivoluzione ideologica del Sessantotto e l’impazzare del secolarismo, che nel tempo sfigurarono l’Italia cattolica, sconvolgendone i cuori e le anime. Certo, tutto vero. Ma poco convincente. Non può essere stato soltanto questo…
C’è un aspetto che vale la pena approfondire e che può essere stato determinante. Infatti chi faceva parte della squadra ha condiviso sempre col dovuto zelo i medesimi ideali, così da mantenere l’iniziativa solida e salda nei principi? Oppure concezioni diverse han prodotto, alla fine, le prime crepe nelle fondamenta?
Gli inizi furono senz’altro incoraggianti sotto la forte guida del primo direttore, don Francesco Regretti, e del suo successore, Luigi Gedda, capaci di coinvolgere, di motivare, di spronare. La comunione d’intenti e l’entusiasmo animarono chi fu pioniere di un’avventura dall’esito tutt’altro che scontato, intrapresa però consapevolmente ed animata da nobili ideali in termini di apostolato e di educazione. Ciò permise di offrire ai giovani un prodotto organico, avvincente ed affidabile nei contenuti. Il consenso di pubblico permise nel tempo di diversificare le proposte editoriali con la creazione di album, almanacchi e del celebre Diario Vitt. Tuttavia fecero la propria comparsa, ad un certo punto, anche nomi, spesso pur illustri, di personalità dimostratesi non totalmente in sintonia con la morale cattolica, come le loro scelte di vita hanno confermato.
Partiamo da Carlo Carretto, divenuto direttore de Il Vittorioso nel 1947. I crescenti contrasti con ampi settori del mondo cattolico e con la gerarchia lo spinsero nel 1952 a lasciare la presidenza nazionale della Giac, la Gioventù Italiana di Azione Cattolica. Altre critiche suscitò un suo libro, Famiglia piccola chiesa, accusato d’esser lontano dalla morale cattolica. All’autore rispose su Mondo Candido, col suo solito stile graffiante, Giovannino Guareschi: «Noi non siamo i bigotti contro i quali Lei crede di combattere col Suo libro – scrive - Però il Suo libro non lo metteremo tra le mani dei nostri figli».
Ma lo sconcerto maggiore lo provocò l’appoggio dato da Carretto nel 1974 ai cosiddetti «cattolici del no» ovvero a coloro che non vollero l’abrogazione della legge sul divorzio, come Scoppola, Carniti, le Acli e le comunità di base. Secondo Carretto non si sarebbe potuta, né dovuta imporre allo Stato laico la visione cristiana del matrimonio. Scrisse in merito Padre Gabriele Amorth nel libro Ho incontrato Satana: «In Italia Carlo Carretto era un personaggio notissimo, una delle colonne dell’Azione Cattolica; è diventato monaco, seguace di De Foucauld. E sentire uno come lui che dice: “Io voto a favore del divorzio e consiglio di fare come me” è stato davvero terribile. È una tragedia, che fu seguita, purtroppo, da tanti altri drammi». Stesso copione per l’aborto. È evidente come questo abbia provocato profonde spaccature non solo nell’Azione Cattolica, ma più in generale nella Chiesa, nell’unità dei cattolici in politica e nella Democrazia Cristiana, addirittura con intellettuali e personaggi illustri finiti, transfughi in massa, nelle fila del Pci.
Un altro direttore de Il Vittorioso, Mario Vittorio Rossi, ebbe a sua volta problemi molto simili con la gerarchia. Succeduto a Carretto nel 1952 alla presidenza della Giac col sostegno di mons. Montini, futuro Paolo VI, Rossi si dimise soltanto un paio d’anni dopo, perché in contrasto con la presidenza nazionale di Azione Cattolica, guidata all’epoca da Luigi Gedda. .
Non solo. Poco tempo prima, nel 1948, fu chiamato a collaborare con la casa editrice Ave e con Il Vittorioso, un nome noto al grande pubblico, quello di Alberto Manzi, che molti ricordano ancora come il conduttore della trasmissione Non è mai troppo tardi, proposta dalla Rai negli Anni Sessanta. Di lui il periodico del Grand’Oriente d’Italia Erasmo nel marzo 2019 ha riportato un brano tratto dall’opera in due volumi Maestri per la Città, dedicata ai sindaci massoni dell’Ottocento e Novecento. L’autore, Giovanni Greco, Gran Rappresentante del Grande Oriente, ha qui definito Manzi «un grande maestro, un grande sindaco, un grande massone» ed ancora: «Il suo messaggio era quello di essere sempre curiosi dato che bisogna cercare di capire, “di sapere e ancora e ancora e ancora”. Anche questo atteggiamento era frutto, oltre che della sua indole, anche della cultura massonica, dato che alcuni massoni di Pitigliano lo attestano, un fratello di Viterbo lo ricorda de oculi, e che la loggia Giordano Bruno di Ferrara gli ha dedicato anche on line una bella tavola: “Alberto Manzi maestro nella vita e nella loggia”. Si è detto: Sindaco. In effetti, negli ultimi anni di vita, Manzi fu eletto Sindaco di Pitigliano nelle fila dei Democratici di Sinistra.
Problemi con la dottrina cattolica ce l’avevano anche altri disegnatori de Il Vittorioso. A partire dal più noto, Benito Jacovitti, autore del popolarissimo Diario Vitt, pubblicato a partire dal 1949 con grande successo (si parla di due milioni di copie vendute negli Anni Settanta) e sopravvissuto anche alla chiusura della rivista per ragazzi fino al 1980.
Quell’anno il celebre fumettista firmò però per altri un’opera a sfondo erotico, un “kamasutra” alla sua maniera, che non piacque alle Edizioni AVE e la collaborazione si interruppe. Col nome di Diario Jacovitti le pubblicazioni ripresero però nel 1983 fino al 1992, quando tornò a chiamarsi Diario Vitt per i tipi delle Cartiere Pigna, le quali poco dopo, a fronte del crollo ormai registrato nelle vendite, decretarono la fine definitiva di quell’esperienza editoriale. Il lupo però perse il pelo, ma non il vizio: ed ecco altri disegni esplicitamente erotici firmati da Jacovitti nel 1977 con Kamasutra, apparso sulla rivista per soli adulti Playmen, e poi nel 1981 sulla rivista Linus con le vicende dell’investigatore Joe Balordo. Da notarsi come peraltro Linus sia stato definito da un esperto, il prof. Fausto Colombo, come «il grande giornale degli intellettuali di sinistra». Stesso discorso per altri collaboratori de Il Vittorioso: tra questi, Stelio Fenzo, che nel 1968 ideò, assieme allo sceneggiatore Paolo Trivellato, una serie erotica ed un’altra creò nel 1976 per la editrice Geis. E poi anche Nevio Zeccara, che negli Anni Sessanta firmò una serie a fumetti erotica dal titolo Hessa.
Evidentemente aver persone dall’orientamento così eterogeneo può effettivamente costituire un problema all’interno della redazione di un giornale cattolico per ragazzi: se costoro riuscirono a scuotere i Palazzi ed a far tremare mondo cattolico, gerarchie, Democrazia Cristiana e gotha politico, figuriamoci gli scossoni provocati da questo terremoto all’Azione Cattolica, pur potente all’epoca, ed alle sue opere, comprese quelle editoriali, come Il Vittorioso, causando quelle crepe, che poi consentirono a Sessantotto e laicismo, con annessi e connessi, di dare il colpo di grazia. Scrisse Omero: «Lieve è l’oprar se in molti è condiviso», ma, senza condivisione, il rischio concreto è quello di correre verso lo sfacelo. Come infatti è avvenuto.