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IL LIBRO

Chesterton, che sapeva ridere

Leopardi e Dante per spiegare
una biografia di G.K. Chesteron semplice e giornalistica
(ed è un gran complimento).

Tra le righe 10_12_2011
Edoardo Rialti, "L'uomo che ride"

 

Un frammento di Giacomo Leopardi (1798-1837) recita: «Grande tra gli uomini e di gran terrore è la potenza del riso: contro il quale nessuno nella sua coscienza trova se munito da ogni parte. Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo, poco altrimenti di chi è preparato a morire» (nello Zibaldone il poeta recanatese esprime nuovamente il concetto, ma con minor felicità). Un po’ telefonato sarebbe richiamarsi adesso, per spiegarsi, alla prova per confutazione rappresentata dal bibliotecario cieco - triste e menagramo, spaventoso e spaventato - Jorge da Burgos che Umberto Eco tratteggia (con sin troppa malizia, si sa) ne Il nome della rosa. Molto meglio è invece rifarsi al canto XXVII del Paradiso là dove Dante contempla la scena che corona la professione di fede nelle tre virtù teologali da parte dei beati i quali intonano il «dolce canto» del Gloria alla Trinità: appunto «un riso/ de l’universo».

Non c’è altra spiegazione - e se c’è viene dopo per forza ontologica… - dell’azzeccatissimo titolo sotto il quale Edoardo Rialti - docente di Letteratura nella Facoltà Teologica dell’Italia Centrale e nell’Istituto Teologico di Assisi - raccoglie le dotte e divertite “fogliate” comparse a ritmi cadenzati su Il Foglio di Giuliano Ferrara per presentare al mondo una perla misconosciuta del già vasto ma mai saturo tesoro della cultura cattolica: L’uomo che ride. L’avventura umana e letteraria di G.K. Chesterton.

Il grande in tutti i sensi Chesterton rideva del riso dantesco non per l’arrogante pretesa di possedere l’esclusiva storica della verità - come molti pensano, accusandone i cristiani - ma poiché intimamente, profondamente posseduto da quella verità che lo ha fatto libero. Uguale a Dante. Cioè uguale ai beati cantori della Trinità della Commedia. Così Chesterton trova il coraggio d’insegnarci a ridere pur in questa valle di lacrime.

Da qualche tempo Chesterton è tornato in auge anche in Italia. Le edizioni delle sue opere si moltiplicano. E questo è un gran bene, poiché l’avere rinunciato alla sua saggezza e al confronto persino con i suoi svarioni (che non mancano: nemmeno i santi sono esenti dal peccato) hanno scavato nella cultura contemporanea - cattolica, certo, ma anche “laica” - un buco che grida vendetta. Ottima, allora, la prova di Rialti, che, senz’alcuna pretese di voler scriverne la biografia più bella del mondo, sa di Chesterton cogliere l’essenziale, proponendolo con semplicità e verità al lettore persino occasionale.

L’uomo che ride conserva benemeritamente il passo giornalistico con cui i suoi capitoli sono nati per essere consumati anzitutto sulla stampa quotidiana, ma anche riletto d’un fiato fa un figurone. Il suo pregio migliore è infatti quello della semplicità, ormai merce rara ovunque. Il primo ad averne gioito sarebbe stato Chesterton in persona. Anzi, ad averne sorriso.

 


Edoardo Rialti
L’uomo che ride. L’avventura umana e letteraria di G.K. Chesterton
Il Foglio-Cantagalli, Roma-Siena 2011, pagine. 172, euro 15,00