Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
PROPOSTA DI LEGGE

Che cosa c’è dietro i patti prematrimoniali

Alessia Morani (Pd) e Luca D'Alessandro (Fi) sono stati i primi firmatari della legge sul divorzio breve. Visto il successo ottenuto nelle aule parlamentari, sono ritornati sul tema e hanno redatto un altro disegno di legge altrettanto velenoso per il matrimonio: una proposta che mira a legittimare i patti prematrimoniali. 

Editoriali 30_03_2016
In arrivo la legge sui patti prematriimoniali

Alessia Morani (Pd) e Luca D'Alessandro (Fi) sono stati i primi firmatari della legge sul divorzio breve. Visto il successo ottenuto nelle aule parlamentari, sono ritornati sul tema e hanno redatto un altro disegno di legge altrettanto velenoso per il matrimonio: una proposta che mira a legittimare i patti prematrimoniali. Pare che la proposta sarà esaminata dalla Commissione Giustizia della Camera una volta conclusi i lavori sul ddl Cirinnà.

Cosa prevede questo nuovo disegno di legge? Si tratta di inserire nel Codice Civile un nuovo articolo, l'art. 162 bis che così sarà formulato: «I futuri coniugi, prima di contrarre matrimonio, possono stipulare un patto prematrimoniale in forma scritta diretto a disciplinare i rapporti patrimoniali in caso di separazione personale, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio». L’accordo previo dunque potrà riguardare solo i diritti patrimoniali: alimenti da dare all’ex coniuge, passaggi di proprietà immobiliari, la linea di successione testamentaria, etc. 

Fino a poco tempo fa gli accordi prematrimoniali erano considerati illegittimi anche dai giudici. I motivi erano molteplici. Alcuni di carattere pratico. Ad esempio, i patti prematrimoniali possono coartare la libertà del coniuge stornandolo da propositi divorzisti laddove il patto preveda un risarcimento esorbitante a carico del coniuge colpevole del fallimento matrimoniale. Oppure possono andare a detrimento della parte economicamente più debole: un coniuge abbiente nei primi anni di matrimonio si ritrova a fine matrimonio in bolletta e deve pagare all’altro coniuge, così come da accordi previ, una rilevante somma di denaro. Altre motivazioni, ben più salde, invece riguardano alcuni principi giuridici. 

I patti prematrimoniali sono in contrasto con il principio di ordine pubblico che mira a salvaguardare la stabilità del vincolo coniugale così come esplicitata dall’art. 108 del Codice Civile: «La dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito e in moglie non può essere sottoposta né a termine né a condizione». Se stringo accordi previ nel caso in cui il mio matrimonio finirà vuol dire che non escludo la possibilità di divorziare e quindi di porre un termine – seppur imprecisato al livello temporale – al mio matrimonio, in contrasto appunto con l’art. 108. Questo articolo ci dice che l’ideale matrimoniale voluto dal legislatore è quello rappresentato da un vincolo indissolubile, altrimenti sarebbe stata data la possibilità di fissare un termine al patto e condizioni legittimanti per interrompere la vita a due. 

Prima che il duo Morani e D’Alessandro proponesse questo ddl ci aveva già pensato la giurisprudenza della Corte di Cassazione ad aprire qualche pertugio, in realtà abbastanza ampio, ai patti prematrimoniali. Innanzitutto legittimando gli accordi patrimoniali in caso di separazione, stipulati però in costanza di matrimonio. E successivamente, in modo più significativo, con le sentenze della Cassazione civile n. 23713/2012, n. 19304/2013 e n. 4210/2014. Il pertugio che la proposta legislativa vorrebbe elevare a status di legge si è aperto per le seguenti ragioni. Il matrimonio civile tende all’indissolubilità (v. art. 143 c.c. che disciplina l’obbligo della fedeltà – e la fedeltà o per sempre o non è tale – e l’art. art. 160 c.c. laddove prevede che i coniugi non possono derogare ai diritti e doveri della vita matrimoniale e quindi nemmeno al dovere di fedeltà), ma non è davvero indissolubile in senso assoluto altrimenti non avremmo la legge sul divorzio (e quindi i doveri di cui sopra non sono davvero tali). 

Ed è questo il tallone di Achille di chi vuole opporsi al disegno di legge Morani-D’Alessandro. Se è legittimo che i singoli decidano di rompere il vincolo coniugale, perché vietare loro la possibilità di accordi tesi a disciplinare alcune questioni di carattere economico e personale nel caso in cui arriveranno a divorzio? In breve, se si ammette il divorzio, non si possono che considerare legittimi anche i patti prematrimoniali che acquisteranno efficacia in caso di divorzio. Gli accordi prematrimoniali alla fine non sono che i figli legittimi della legge sul divorzio.

Questa riflessione ci traghetta a un’altra considerazione che funge da premessa alla prima e che è ben evidente nelle pronunce della Cassazione prima indicate. Oggi siamo passati da un orientamento giurisprudenziale di carattere pubblicistico che considerava la famiglia come bene collettivo da tutelare il più possibile anche contro la volontà dei coniugi che volevano separarsi, a un orientamento privatistico dove la famiglia è una Spa in cui se le quote di benessere e felicità dei coniugi non danno le utilità sperate allora è bene sciogliere la società e che lo Stato non ci metta becco. Il matrimonio è diventato patrimonio e quindi l’etica contrattualistica e mercantile rappresenta ormai il criterio soggiacente e prevalente a questo patto tra uomo e donna. Ecco quindi la spendibilità dell’ipotesi di accordi prematrimoniali così come avviene nel commercio in ossequio all’autonomia negoziale dei singoli.

Più in particolare, le sentenze della Cassazione sganciano l’autonomia contrattuale dei singoli dal ruolo di coniugi. In buona sostanza si argomenta che Tizio e Caia sono sì marito e moglie e che dovrebbero rimanere assieme finché morte non li separi, ma sono altresì privati cittadini che possono legittimamente gestire i loro affari come vogliono, anche attraverso contratti sottoposti a condizioni sospensive o risolutive. I due piani – così si argomenta - si sovrappongono senza interferire l’uno con l’altro.  La proposta che a breve inizierà il suo iter in Parlamento apre poi ad alcune riflessioni non solo giuridiche. In primis, è bene ricordare che chi stringerà simili patti andrà a contrarre un matrimonio nullo dal punto di vista canonico (cioè agli occhi di Dio), perché avrà escluso la proprietà dell’indissolubilità matrimoniale. 

In secondo luogo, il fatto che la legge sui patti matrimoniali confermi sul piano del diritto positivo la precarietà del vincolo coniugale, avvalla la tesi che convivenze e matrimoni si stanno sempre più assomigliando sul piano sociologico. Infatti, per sua natura la convivenza è legame precario e il matrimonio, che invece per sua natura è legame vitalizio, sempre più spesso alla prova dei fatti rimane in vita per poco tempo. La durata di un legame tra conviventi e coniugi dunque si assomiglia sempre più. Questo a dire che le convivenze si stanno matrimonializzando (durano di più e si fanno sempre più figli come nei matrimoni): veri e propri matrimoni di fatto. E i matrimoni si stanno convivando (durano di meno e contano meno figli): convivenze legalizzate in buona sostanza. Questo processo di mimesi incrociata porta all’annullamento della natura del matrimonio così come percepita nella società. 

Se il matrimonio perde le sue caratteristiche specifiche (indissolubilità e unità), matrimonio diventa niente e quindi tutto può essere matrimonio. Come un colore neutro – il bianco – che va su tutto. Il caso delle Unioni civili è paradigmatico a questo proposito. Su questa linea si è mossa Monica Cirinnà, proponente del disegno di legge sulle Unioni civili, la quale, come è stato ricordato di recente da queste stesse colonne, in una conferenza ha affermato che è ormai venuto il tempo di eliminare l’obbligo di fedeltà anche nei matrimoni eterosessuali. Togliere il vincolo di indissolubilità al matrimonio significa cancellare lo stesso istituto, perché è come togliere a un quadrato un lato e voler chiamarlo ancora “quadrato”. In definitiva l’intento di tutte queste proposte di legge – patti prematrimoniali, divorzio breve, unioni civili, soppressione dovere di fedeltà – è buttare nella fossa l’istituto del matrimonio. Il passo successivo sarà il matrimonio a tempo determinato: se è lecito decidere di divorziare, perché vietare di stabilire una data previa all’esercizio di questo diritto?