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Charlie Hebdo accusa Dio. E' la vittoria dei terroristi

"Il colpevole è ancora in fuga" titola Charlie Hebdo a un anno dal massacro subito dalla sua redazione a Parigi. E il "colpevole" ritratto è il Dio dei cristiani. Perché, dopo l'auto-censura sull'islam, ritorna più forte che mai l'odio anti-cristiano. Fra le reazioni indignate dei fedeli, ci si interroga ancora sulla satira.

Libertà religiosa 06_01_2016
"Io sono Charlie"

Il 7 gennaio di un anno fa, i fratelli Sherif e Said Kouachi, integralisti auto-affiliati allo Stato Islamico, facevano irruzione nella redazione del giornale satirico parigino Charlie Hebdo e assassinavano a colpi di kalashnikov 12 persone.

Le vittime, ricordate da una lapide scoperta ieri dalle autorità francesi, sono due poliziotti (Franck Brinsolaro e Ahmed Mehrabet), i disegnatori Cabu, Honoré, Tignous e Wolinski, i giornalisti Elsa Cayat, Bernard Maris, Mustapha Ourrad, il direttore del giornale Stéphane Charbonnier (Charb) e due persone che non c’entravano nulla col giornale, Frédéric Boisseau (operaio) e Michel Renaud (che era passato a visitare Cabu). Fra i feriti c’era anche il vignettista Laurent Sourisseau, in arte “Riss”, attuale direttore. Un anno dopo, nel pieno delle celebrazioni in memoria delle vittime, Riss fa uscire la testata francese con una tiratura speciale di 1 milione di copie. La copertina, in bianco e nero, recita: “Un anno dopo, l’assassino è ancora in fuga”. L’assassino è raffigurato come un uomo con la barba bianca, la tunica insanguinata (il rosso è l'unico coloro che appare) e i sandali, un kalashnikov a tracolla. Sulla sua testa lievita il triangolo con l’occhio. E’ una inequivocabile rappresentazione di Dio. Non del Dio adorato fino all’ossessione omicida-suicida dai fratelli terroristi Kouachi, ma il Dio dei cristiani.

Dal 2006, il Charlie Hebdo era nel mirino degli integralisti islamici. Prima avevano tentato di ridurlo al silenzio con metodi legali: organizzazioni musulmane francesi avevano denunciato il periodico satirico per aver ripubblicato le vignette danesi su Maometto. Nel 2011, era arrivato il primo avvertimento violento: dopo un numero speciale sull’islam (ribattezzato Sharia Hebdo) la sede della redazione era stata distrutta da integralisti francesi con bombe incendiarie. Nel 2013, la minaccia più grave: Al Qaeda aveva inserito i vignettisti e il direttore del Charlie Hebdo nella sua kill list. Infine, il 7 gennaio 2015, è avvenuta la strage annunciata. Come gesto di sfida e resilienza, il direttore provvisorio Rénald Luzier (“Luz”) aveva pubblicato un numero speciale con Maometto in copertina. “Tutto è perdonato” era il titolo. Dopo la mattanza, però, niente è tornato più come prima. Luz, che si era salvato solo per essere arrivato in ritardo in redazione (era il giorno del suo compleanno), ha confidato più volte di non essere più riuscito a liberarsi dai fantasmi dei suoi colleghi defunti. E di non riuscire più a disegnare vignette satiriche, tantomeno su Maometto. Dopo pochi mesi di direzione, ha abbandonato il giornale.

Dopo la corale manifestazione di solidarietà, all’insegna del motto “Je suis Charlie” e di tanti discorsi sulla libertà di espressione, l’eredità del giornale iniziava a risultare scomoda a molti. La stampa americana, anche nel riportare le notizie, censurava le vignette sull’islam: negli Usa sarebbero state passibili di denuncia. L’opinione pubblica araba e quella musulmana francese solidarizzavano in modo sempre più palese con gli stragisti: “Je suis Kouachi” era il graffito che appariva sempre più frequentemente sui muri delle banlieue parigine. Da parte delle autorità francesi, dopo tutta la solidarietà espressa anche con un finanziamento milionario al giornale, sono arrivate solo parole sull’importanza della “laicità”. E quando il Pen Club americano si è ripromesso di premiare le vittime, una cordata di autori (quasi tutti non musulmani) firmatari di un manifesto di dissenso, ha espresso la sua contrarietà nel conferire un riconoscimento a una testata “islamofoba”. A un anno di distanza, la copertina dello speciale: il vero assassino è ancora in fuga. Ed è il Dio dei cristiani, quello trinitario. Nell’editoriale, Riss, che a luglio si era ripromesso pubblicamente di non ritrarre mai più Maometto, attacca “i fanatici abbrutiti del Corano” e “i baciapile di altre religioni”.

Ma perché colpire Dio Uno e Trino a un anno dalla strage? Se lo chiede anche la Conferenza Episcopale francese, che affida la sua risposta a un piccolo tweet: “Non commentiamo chi cerca solo di provocare. E’ il genere di polemica di cui la Francia ha bisogno?”. Se lo chiede il giornale cattolico francese La Croix, con un delicato editoriale a botta calda: “Un Dio assassino?” “L’abate Pierre Hervé Grosjean l’ha ben detto ieri su Twitter: ‘Dalla mangiatoia alla croce, il nostro Dio si mostra disarmato. E si lascia fare le caricature, senza smettere di amarci’. Non è Dio ad essere assassino, ma gli uomini. E non hanno affatto bisogno di Dio per assassinare su larga scala: le ideologie più mortali del Novecento, quali nazismo e stalinismo, non avevano nulla di religioso, anzi erano anti-religiose”. Più duro, invece, l’Osservatore Romano: “La fede manipolata: il settimanale non rispetta la fede in Dio di ogni credente, qualunque credo professi (…) L’episodio non è una novità perché, dietro la bandiera ingannatrice di una ‘laicità senza compromessi’, Charlie Hebdo ancora una volta dimentica quanto leader religiosi di ogni appartenenza stanno ripetendo da tempo per rifiutare la violenza in nome della religione: usare Dio per giustificare l’odio è un’autentica ‘bestemmia’, come ha più volte ribadito Papa Francesco”.

Il perché di questa copertina è chiaro e lampante. Nella cultura laicista tutte le religioni sono uguali nel loro oscurantismo. Ma fra queste, una è più oscurantista delle altre: il cristianesimo. Se si fa il conto delle vignette anti-cristiane, nella storia del Charlie Hebdo, si vede che superano in modo esponenziale quelle sull’islam. Non è solo una questione di mancanza di coraggio (i cristiani, notoriamente, non fanno stragi di blasfemi), ma è un programma ideologico: è sulle spalle del cristianesimo europeo che vengono caricate le colpe del secolo. E’ sul cristianesimo che è stata attribuita la colpa della censura e della repressione sulla libertà di espressione. E’ sempre al cristianesimo che vengono attribuiti colonialismo e razzismo, considerati dalla sinistra come l’origine della violenza islamica. La strage del 7 gennaio è stata una brutale irruzione della realtà in questo reame di fantasie di sinistra: due fratelli musulmani integralisti, due “oppressi”, due membri di una minoranza “vittima del razzismo” hanno massacrato, non dei cristiani o degli estremisti di destra, ma vignettisti laici, progressisti, anarchici, anti-razzisti, accusandoli di essere troppo laici e troppo liberi. E questo evento ha spiazzato un po’ tutti. Poi, si sa, fra realtà e ideologia spesso prevale l'ideologia, anche quando la realtà più brutale viene subita sulla propria pelle. E quindi il colpevole accusato di tutto torna ad essere sempre Dio, il Dio dei cristiani.

Alla fine, l’unico vincitore di tutta questa triste vicenda, è proprio solo il terrorismo islamico. Dopo aver ucciso 12 persone e aver perso solo due terroristi, è riuscito, non solo a tappare la bocca a un giornale di satira, ma a trasformare il suo lutto in un rinnovato odio contro i cristiani.