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ANNIVERSARI

Cervi e Fernandel, attori ma non solo

Nel 2011 il centenario della nascita di Cervi e il quarantennale della morte di Fernandel, passati alla storia 
come  Peppone e don Camillo.

Cultura 16_05_2011
peppone don camillo
Il 2011 è un anno di ricorrenze per Peppone e Don Camillo, il sindaco e il parroco della Bassa Padana inventati dalla penna del grande Giovannino Guareschi. Gino Cervi e Fernandel, infatti, gli attori che interpretarono i due personaggi in cinque film, vengono ricordati rispettivamente per il centenario della nascita e il quarantennale della morte. 

Nemici-amici irascibili e rissosi, ma in fondo buoni come il pane, Peppone e don Camillo hanno segnato un’epoca grazie ai romanzi dello scrittore parmense, conosciuti in tutto il mondo, e ai film tratti dalla saga letteraria in cui si descrive il “Mondo Piccolo” dell’Italia post-bellica e i caratteri sanguigni e sfrontati di chi, allora, guidava il popolo in un borgo emiliano preso come simbolo della realtà sociale e politica dell’intera nazione: il sindaco comunista e il parroco “democristiano”. Un Paese che fu. Ma che resta nel nostro cuore.

Gino Cervi nacque a Bologna il 3 maggio 1901. Figlio di un critico teatrale, respirò l’aria del palcoscenico (e se ne innamorò) sin da bambino accompagnando il padre ad assistere agli spettacoli. Cominciò a recitare in una filodrammatica. Il suo esordio ufficiale, come attore di prosa, risale al 1924, nella compagnia di Alda Borelli: fu co-protagonista de La vergine folle, di Henri Diamant Berger, trasposizione teatrale di un dramma di Henri Battaille. Quattro anni dopo conobbe durante una tournée la giovane attrice Angela Rosa Gordini, che sposerà. Dal loro matrimonio nacque Antonio (Gino lo volle battezzare col nome di suo padre), che in seguito diventerà regista e produttore cinematografico. Dopo molte esperienze teatrali e cinematografiche (si ricorda, tra le altre, la magistrale interpretazione del cardinale Lambertini nell’omonimo film di Gorgio Pàstina, del 1954), fu chiamato dal regista francese Julién Duvivier per la parte di Peppone nel primo film della serie: dovette in realtà “sostituire” lo stesso Giovannino Guareschi che, scelto per ricoprire questo ruolo, dopo le prime riprese fu ritenuto inadatto a recitare davanti alla cinepresa. Ma Cervi, con il suo Peppone, riuscì a convincere tutti, entrando, con il suo “amico” Fernandel, nella leggenda del cinema italiano (e non solo, visto che i film ebbero un grande successo anche all’estero). 

L’attore bolognese è ricordato dal grande pubblico anche per aver impersonato il commissario Jules Maigret nella serie televisiva della Rai andata in onda negli anni ’60 e ’70. Istrionico ed espressivo in tutti i registri interpretativi, dal comico al drammatico, Cervi era noto per la sua presenza “meditativa” sulla scena e per una certa lentezza nel passare da una battuta all’altra recitando davanti alle telecamere (come si può notare sia negli sceneggiati del Maigret, sia negli spot pubblicitari di un famoso brandy): era la conseguenza di un’abitudine contratta sul palcoscenico, quando doveva seguire il suggeritore; in tv non poteva fare a meno del “gobbo” perché, diceva, gli mancava il tempo di imparare le battute a memoria, per i troppi impegni che aveva con il cinema e con il suo amato teatro. Morì a Punta Ala (Grosseto) il 3 gennaio 1974.  

Ma non si può apprezzare fino in fondo la bravura di Gino Cervi-Peppone se non la si mette di fronte a quella del suo antagonista, un altro “gigante” del cinema e del teatro: Fernandel. L’attore francese, nacque a Marsiglia nel 1903 da una famiglia piemontese (a Meano di Perosa Argentina, sulla strada per il Sestriere, c’è ancora la casa in cui vissero i genitori). Fernand Joseph Désiré Contandin, questo il suo vero nome, salì per la prima volta sul palcoscenico a 5 anni, accanto al padre, un impiegato con la passione per il varietà che si esibiva nei teatri di rivista della Provenza. Fernandel imparò così l’arte della vaudeville. Prima di affidarsi al suo talento per guadagnarsi la pagnotta, però, il giovane Fernand fece il commesso, lo scaricatore di porto e il portinaio. Finché, nel 1921, lasciò un modesto lavoro in banca per dare vita, col fratello Marcel, al duo Sined. Si mise subito in evidenza per la capacità di passare con disinvoltura, e ricchezza di sfumature, dal comico esilarante al patetico, sfruttando anche la sua faccia allungata e un po’ “cavallina”. Si affermò come cantante in commedie musicali e operette. L’esordio nel cinema avvenne nel 1928 con una particina ne Il bianco e nero. Dal 1930 al 1969 interpreterà più di 150 film. Approdò anche a Hollywood, nel 1956, per recitare ne Il giro del mondo in 80 giorni a fianco di David Niven. 

Il nome d’arte Fernandel nacque così: l’attore si fidanzò con Henriette Manse (che diventerà sua moglie) e la futura suocera, vedendolo insieme alla figlia, esclamò: “Voilà, le Fernand’elle” (Ecco il suo Fernand). La coppia ha avuto tre figli: Josette, Janine e Franck, chansonnier di successo. L’attore ha lasciato un ricordo indelebile, non solo negli spettatori che l’hanno ammirato al cinema, ma anche in chi lo incontrò personalmente apprezzandone simpatia e affabilità. Vittorio Granelli, da 57 anni sagrestano della chiesa di Brescello, il paese della Bassa Padana dove furono girati i film su Don Camillo, racconta che un afoso giorno d’estate Fernandel gli chiese se, durante una pausa, potesse riposare sul suo divano al fresco: “Alla fine della pennichella mi ringraziò regalandomi un pacchettino dove c’erano 5 mila lire”. 

Un tumore ai polmoni impedì a Fernandel di terminare le riprese di Don Camillo e i giovani d’oggi, per la regia di Christian Jaque (lo stesso che nel 1958 lo aveva diretto insieme a Totò in La legge è legge). L’attore si spense a Parigi il 26 marzo 1971.