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L'ANALISI

Cercasi politica energetica

L'emergenza energetica di questi giorni mette in rilievo l'assoluta improvvisazione in materia di politica energetica, anche delle industrie.

Attualità 10_02_2012
tralicci
La crisi economica che attraversa attualmente l’Europa e, più in generale, il mondo presenta, pur nel contesto di problemi basilari comuni, aspetti peculiari ad ogni paese, cosa che spesso nei giudizi e nelle proposte di soluzioni viene dimenticata sia in linea teorica che - fatto ancora più grave - in linea pratica e decisionale.

L’italia ad esempio ha sicuramente aspetti specifici che la differenziano da altri Paesi come, tanto per esemplificare, la Germania, la Francia o il Regno Unito. Peculiare è sicuramente la situazione e la strategia energetica che vede il nostro Paese completamente distinto dalla Francia, che tuttora basa la sua produzione di energia elettrica sull’energia nucleare da fissione; dalla Germania che si è imposta una riduzione consistente di tale fonte, dopo Fukushima, ma ricorre in ogni caso, e in maniera notevole (circa il 40%) al carbone nonché ad un aumento significativo dell’importazione di energia elettronucleare dalla Francia); e dal Regno Unito che, al contrario della Germania, verificate le condizioni di sicurezza, insiste sul programma nucleare già predisposto senza tentennamenti di sorta.
Ciò implica diverse considerazioni e constatazioni difficilmente eludibili che vengono evidenziate dai problemi metereologici di questi giorni e che, tra l’altro, pongono questioni interessanti dal punto di vista delle discussioni, troppo spesso improvvisate e interessate, sui cosiddetti cambiamenti climatici (basti pensare alla confusione su scala temporale tra eventi metereologici su scala breve ed eventi climatici rilevabili invece su larga scala). Resta il fatto che il nostro Paese, quasi paralizzato dal freddo (“polare”) e dalla neve (“mai vista prima”), si pone il problema dell’approvvigionamento energetico in relazione alle fonti di energia disponibili, che, purtroppo, rimangono per la massima parte d’importazione, tra l’altro non scevra da incertezze data la condizione geopolitica dei Paesi d’origine.

Il caso delle importazioni di gas naturale è paradigmatico. Il fatto che la Russia (nostro principale fornitore di gas,il 30% delle nostre importazioni), così come Ucraina e altri Paesi del Nord, sia stata investita dall’ondata di freddo (come si vede eventi eccezionali hanno effetti eccezionali anche in Paesi abituati ed attrezzati più del nostro) comporta una  significativa riduzione (circa un terzo) delle sue forniture, visto che deve provvedere agli accresciuti bisogni interni. Se poi si aggiungono le carenze perduranti in termini di infrastrutture, il cui potenziamento viene sempre rinviato a causa delle opposizioni ideologiche e politiche preda di un ambientalismo arcaico e insensato, ci si trova di fronte ad interventi obbligati e poco piacevoli quali il ricorso a centrali ad olio combustibile (con buona pace dell’aumento di emissioni) e procedure di emergenza quali le forniture energetiche interrompibili (del resto previste contrattualmente) alle aziende.

E’ pertanto ridicolo, oltre che intempestivo, scandalizzarsi come fa l’attuale Presidente di Confindustria, visto che le strategie energetiche di buona parte dell’industria italiana, molto energivora del resto, hanno difettato e continuano a difettare di coerenza con l’effettivo fabbisogno e una politica di investimenti che privilegia in campo energetico le situazioni contingenti e meno strategie a lungo respiro. Sarebbe opportuno, ad esempio, che si dicesse chiaramente quanto incidano sulle imprese, e non solo sui cittadini consumatori, i costi delle bollette elettriche, le più alte non solo a livello europeo ma anche mondiale, e le incentivazioni a fonti energetiche “alternative” che alternative non sono (neanche in Germania e Danimarca, spesso portate ad esempio), in mancanza di energia elettronucleare da una parte e con infrastrutture di trasporto e di servizio inadeguate.

Se carente è la politica, non mi pare che, sempre con le dovute eccezioni, la strategia  industriale italiana sia molto puntuale ed agguerrita al riguardo. L’accettazione quasi passiva del referendum antinucleare, senza un adeguato confronto con le forze politiche sull’indipendenza energetica e quindi della sicurezza di approvvigionamento, che ne richiami con forza il ruolo di caposaldo economico e fattore indispensabile di benessere, sono motivo non solo di delusione ma soprattutto di preoccupazione per l’uscita del nostro Paese da una crisi che non è solo economica e ambientale.

Fanno eccezione le industrie, del resto rappresentate nell’AIN (Associazione Italiana Nucleare), come Ansaldo e ENEL, ad esempio, che hanno posto in termini chiari tale problema e denunciano oggi il fatto che “la rinuncia al nucleare non compensata da altre misure strategiche di pari intensità ed efficacia, sta lasciando un segno profondo sulla nostra economia e sull’aspettativa del nostro Paese circa la continuità della forniture energetiche”.

E’ in effetti abbastanza curioso che, nel discutere anche a sproposito e sempre in cerca di comodi capri espiatori anche dell’attuale emergenza meteorologica, il problema di una seria politica di copertura energetica non venga affrontato nel contesto strategico di uscita dalla crisi economica.

Per fortuna certe precauzioni prese a suo tempo e relative allo stoccaggio di risorse ,come ad esempio l’immagazzinamento di gas e la politica di acquisti e fornuture perseguita da ENI e ENEL, appaiono impostate correttamente e sono servite in questi giorni. Ma una politica energetica nazionale, in un chiaro contesto europeo che spinga (e sarà sempre tardi) al corretto mix energetico di cui si parla da tempi immemorabili, è ancora di là da venire. Nei paesi europei come la Francia, ad esempio, in cui l’energia nucleare fa parte in maniera consistente del pacchetto elettrico, la continuità delle forniture è assicurata  sia per i bisogni civili che per le attività industriali anche in presenza del perdurare delle pessime condizioni meterorologiche.

In Italia,l’eccesivo uso di gas naturale, quasi tutto d’importazione, l’incentivazione indiscriminata alle fonti eoliche e fotovoltaiche senza una chiara visione strategica consapevole dei limiti fisici e delle reali possibiità di utilizzo, lo scarso uso del carbone anche nelle sue forme più innovative e meno inquinanti, il ricorso anche per produzione elettrica al petrolio, in mancanza di alternativa nucleare, rendono conto di quanto ad ogni occasione emergenziale sia costosa non solo l’impreparazione momentanea ma soprattutto l’improvvida politica di decenni.

* Presidente dell'Associazione scientifica Galileo 2001