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GOLFO

Attacco israeliano al programma nucleare iraniano

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Attacco israeliano al programma nucleare iraniano, colpiti un centinaio di obiettivi e uccisi diversi esponenti del regime islamico, fra cui il generale della Guardia Rivoluzionaria. Un raid che era atteso da tanto tempo.

Esteri 13_06_2025
Bombardamento israeliano di Teheran (La Presse)

Alle due di notte, ora italiana, gli israeliani si sono risvegliati al suono delle sirene dell’anti-aerea e gli iraniani di quello delle bombe che piovevano su un centinaio di obiettivi. A sorpresa, ma nemmeno troppo, l’aviazione di Israele ha lanciato un attacco contro obiettivi legati al programma nucleare iraniano.

«In un'operazione mirata, durante la notte, sono stati attaccati più di 100 obiettivi in tutto l'Iran. I leader del programma nucleare sono stati colpiti e alti dirigenti e comandanti sono stati eliminati. Monitoriamo gli sviluppi in Iran da anni». Lo ha dichiarato il portavoce dell'Idf. L’aviazione israeliana ha attaccato almeno sei basi militari a Teheran e dintorni, incluso il sito di Parchin, un complesso legato alla produzione missilistica sospettato in passato di essere coinvolto in test nucleari.

Sono stati condotti raid mirati anche contro alti esponenti del regime islamico iraniano e scienziati nucleari. Ucciso il generale Hossein Salami, il comandante delle Guardie Rivoluzionarie, uccisi anche il comandante della base di Khatamolanbia Gholamali Rashid, lo scienziato nucleare Mohammad-Mehdi Tehranchi e l'ex capo dell'Organizzazione per l'energia atomica dell'Iran Fereidoun Abbasi.

L’Iran, alle 7 del mattino (ora italiana) ha lanciato la sua prima rappresaglia: almeno cento droni contro Israele. Se verrà seguito il copione degli altri attacchi, è solo il preludio di un lancio di missili balistici e da crociera. In Israele è stato dichiarato lo stato d’emergenza nazionale e lo spazio aereo è chiuso.

L’attacco ha colto di sorpresa le difese iraniane, a quanto risulta nessun velivolo israeliano è stato abbattuto. Ma si trattava di un’operazione a lungo annunciata e ieri, giovedì 12 giugno, era stato tutto un crescendo di tensione nel Golfo: l’Aiea, l’agenzia internazionale per l’energia atomica, per la prima volta in vent’anni, nel suo rapporto, aveva dichiarato formalmente che l’Iran stesse violando i suoi obblighi di non proliferazione. Teheran, invece di giustificarsi, fieramente rivendicava e rilanciava il programma.

La mozione dell’Aiea, proposta da Usa, Regno Unito, Francia e Germania e votata dalla maggioranza dei suoi membri, afferma che le “numerose inadempienze” dell’Iran nel fornire all’Aiea risposte complete sulle sue attività e sul materiale nucleare non dichiarato costituiscono una violazione degli obblighi. Esprime inoltre preoccupazione per le scorte di uranio arricchito dell'Iran, che può essere utilizzato per produrre combustibile per reattori ma anche armi nucleari.

Per rilanciare ulteriormente la sfida, il capo dell’Agenzia atomica iraniana, Mohammad Eslami, aveva dichiarato il giorno stesso che Teheran intendesse accelerare la produzione di uranio al 60% (quasi come quello utilizzabile per la costruzione di testate nucleari). E che avrebbe aperto un sito di arricchimento finora segreto in un luogo sicuro. Eslami affermava che l’Iran avesse avviato il processo di preparazione e installazione delle centrifughe. Quindi vuol dire che la Repubblica Islamica stava lavorando in segreto al sito da anni.

L’Iran ha rapidamente aumentato la produzione di materiale fissile negli ultimi sei mesi e sta producendo circa l’equivalente di una testata nucleare al mese, soprattutto nel sito fortificato di Fordow, nascosto nelle montagne. L’aggiunta di un terzo sito di arricchimento darebbe all’Iran una spinta in più nel suo programma atomico. Secondo i dati dell’Aiea, l’Iran dispone già di uranio altamente arricchito sufficiente per fabbricare una decina di testate nucleari.

Il regime di Teheran sta facendo esattamente il contrario rispetto alle richieste statunitensi per il raggiungimento di un nuovo accordo. La proposta, resa nota dal segretario di Stato Marco Rubio, era: l’Iran è libero di dotarsi di centrali nucleari ad uso civile, purché acquisisca il combustibile dall’estero (possibilmente dalla Russia, già fornitrice di tecnologia e materie prime). In questo modo si sarebbe disinnescata la minaccia dell’uranio arricchito in siti segreti iraniani, dove potrebbe essere utilizzato a scopi anche militari. Ma è proprio sul punto della fornitura del carburante nucleare che l’Iran ha fatto saltare l’accordo a fine aprile. Nel 2015 aveva accettato la proposta di Obama, perché l’allora presidente democratico aveva concesso agli iraniani di proseguire con la raffinazione dell’uranio in patria, dietro la promessa di non arricchirlo oltre la soglia del 3,7% (per uso esclusivamente civile). Trump era uscito da quell’accordo nel 2018, proprio perché non c’erano sufficienti garanzie: nel segreto di Fordow le centrifughe iraniane potevano arricchire l’uranio al 3,7%, ma anche al 60% o al 90% e produrre materiale sufficiente per le testate nucleari.

Adesso che l’attacco è stato lanciato contro il programma nucleare ed è partita la rappresaglia iraniana, resta un’incognita l’atteggiamento di Donald Trump, impegnato nel negoziato. Fino a ieri era pronto a incontrare ancora una volta gli iraniani (tramite il suo inviato Steve Witkoff) in un nuovo round negoziale in Oman. Nella giornata di ieri il presidente americano lanciava segnali misti. Da un lato avvertiva: Israele potrebbe lanciare un attacco preventivo. «Non voglio dire imminente, ma sembra che sia qualcosa che potrebbe benissimo accadere». Dall’altro non lo auspicava: «Siamo abbastanza vicini a un accordo piuttosto buono». Per questo, riguardo agli israeliani: «Non voglio che intervengano, perché penso che (un attacco, ndr) rovinerebbe tutto».

Trump era consapevole del raid imminente? A giudicare dall’evacuazione parziale del personale americano “non essenziale” da Iraq, Kuwait e Bahrein, lo era. E la conferma è giunta dallo stesso presidente, nella sua intervista di questa mattina a Fox News: era al corrente del piano, ma gli Usa non hanno partecipato alla sua esecuzione. Secondo le ricostruzioni degli osservatori più attenti, Netanyahu avrebbe informato il presidente americano dell’attacco imminente nella sua lunga telefonata di lunedì 9 giugno. Ad attacco avvenuto, il messaggio di Trump è inoltre molto chiaro ed è un’approvazione esplicita del raid israeliano: «L'Iran non può avere una bomba nucleare, e speriamo di tornare al tavolo dei negoziati. Vedremo. Ci sono alcune persone nella leadership (iraniana) che non torneranno».