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POLITICA

Centrodestra in cerca di un suo "Renzi"

I centrosinistra ha un chiaro leader di riferimento: Matteo Renzi. Il centrodestra non ha ancora trovato un suo equivalente, anche se, per il bene della democrazia dell'alternanza, è meglio che lo trovi in fretta. L'età di Berlusconi e la limitatezza di Salvini e della Meloni non bastano a colmare il vuoto.

Editoriali 02_05_2017
Berlusconi

Confermando la leadership di Matteo Renzi - e quindi il definitivo predominio della cultura neo-radicale in quello che già fu il Partito comunista italiano - le primarie del Pd della scorsa domenica hanno dato all’area sin qui chiamata di centrosinistra un candidato inequivocabile. Se nell’area di centrodestra, che preferiremmo definire neo-liberale, non si arriva in fretta a un candidato altrettanto evidente e condiviso, c’è il serio rischio che alle prossime elezioni politiche, imminenti o meno che siano, quella che è una maggioranza nel Paese continui a restare una minoranza nel Parlamento.  

Non soltanto per il bene della democrazia ma anche per quello di ciascuno di loro sarebbe perciò buona cosa se Berlusconi, Salvini e Meloni questa volta puntassero a scegliere in modo concordato un loro comune candidato premier “esterno”: una personalità autorevole e indipendente in grado di raccogliere consensi in tutta l’area. Può sembrare un’utopia, ma la miglior carta che potrebbero giocare sarebbe questa. Nessuno dei tre è adesso in grado di imporsi realmente sugli altri due: Berlusconi a causa dell’età, della salute e delle vicende personali; e gli altri due, Salvini e Meloni, perché per vari motivi non sono all’altezza dell’impresa (magari lo saranno domani, ma oggi non lo sono). 

Ormai del tutto tramontate  le ideologie politiche dei secoli XIX  e XX, oggi il confronto non è più tra destra e  sinistra bensì tra un’area “neo-liberale” e un’area “neo-radicale”. L’area liberale, quella erede del centrodestra, essendo specificamente legata alla cultura dell’impresa e del lavoro produttivo, quindi dell’impegno collettivo di lungo periodo, è la più orientata alla scoperta o riscoperta di stabili fondamenti e di valori comuni. L’area radicale invece, avendo quale suo fondamentale principio l’assoluta auto-realizzazione del singolo individuo, finisce di fatto per non  guardare oltre. Tutto comincia e finisce lì. Bene lo dimostra la pretesa che l’aborto sia un diritto: di fronte a qualcosa che io percepisco come urgente per la mia libertà l’altro non conta, anzi non c’è. Si potrebbero fare tanti esempi pure in altri campi, ma partiamo da questo che è evidentemente il più tragico. 

Nel nostro Paese e in questo momento storico tale nuova riorganizzazione della scena politica avviene poi nel quadro di un’eclisse quasi totale della presenza cristiana, in pieno contrasto con la persistente presenza dei cattolici nella società civile. Chi si muove nell’ambito di una visione del mondo cristiana non è in casa sua in nessuna delle due aree, entrambe fondamentalmente segnate dal secolarismo. Tuttavia quella neo-liberale resta per natura sua meno impenetrabile alle evidenze fondamentali, quindi al diritto naturale e alla libertà responsabile della persona con tutto ciò che ne consegue sul piano individuale, sociale, culturale, economico e infine politico. Perciò a nostro avviso è un riferimento preferibile.

D’altro canto se dal quadro della società civile, quindi delle domande politiche che ne derivano, passiamo a delineare il quadro  delle risposte che a tali domande provengono dal mondo delle forze politiche organizzate ( e dai grandi media che ne sono parte integrante) ci troviamo di fronte a una ben strana situazione. In quanto ai consensi che si dice potrebbe raccogliere, al primo posto  troviamo una forza neo-autoritaria come il Movimento Cinque Stelle, M5S, la cui organizzazione interna e il cui progetto politico – diciamolo ancora una volta – hanno delle prossimità inquietanti con il primo fascismo, quello della cosiddetta fase “sansepolcrista” (1919-1924). Il suo è un programma eterogeneo, in qualche punto anche prossimo alla domanda neo-liberale. Nella sostanza però è appunto un progetto di ammodernamento neo-autoritario senza ulteriori specificazioni.

In quanto al Pd di Matteo Renzi parlano per lui quei punti del programma del suo primo (e speriamo ultimo) governo che hanno assorbito la maggior parte delle energie sue e dei suoi ministri: la riforma costituzionale sbagliata, che poi il popolo ha respinto, e la legge sulle unioni civili, che sono in realtà un matrimonio omosessuale mascherato. Parla anche per lui l’incrollabile fiducia in una cultura dirigista e astratta che è la ragione di fondo per la quale il suo governo non è riuscito ad agganciare il nostro Paese al processo ormai avviatosi di uscita dalla crisi economica internazionale. Berlusconi, Salvini e Meloni avranno il coraggio di fare la scelta di cui si diceva? Dobbiamo augurarcelo di gran cuore.